PRONTO UN TEST PER L’ANTIGRAVITÀ

E se l’antimateria cadesse all’insù?

Pubblicate su Nature Communications le prime misure sperimentali della massa gravitazionale di atomi di anti-idrogeno. Eseguite da scienziati dell’LBNL e del CERN, segnano un passo fondamentale per la comprensione del comportamento dell’antimateria.

     30/04/2013
Gli atomi di anti-idrogeno hanno lo stesso peso degli atomi di idrogeno ordinario? Non potrebbero avere invece un peso “negativo”, tale da allontanarli dalla massa ordinaria? Gli scienziati di Berkeley hanno utilizzato i dati dell’esperimento ALPHA del CERN per effettuare una misura diretta della gravità dell’antimateria. Crediti per l’illustrazione: Chukman So

Gli atomi di anti-idrogeno hanno lo stesso peso degli atomi di idrogeno ordinario? Potrebbero avere un peso “negativo”, tale da allontanarli dalla massa ordinaria? Gli scienziati di Berkeley hanno utilizzato i dati dell’esperimento ALPHA del CERN per effettuare una misura diretta della gravità dell’antimateria. Crediti per l’illustrazione: Chukman So

Esiste l’antigravità, protagonista di innumerevoli racconti e film di fantascienza? Per una risposta certa, diciamolo subito, i tempi sono ancora prematuri. Ma è appena stato collaudato un test sperimentale che potrebbe svelare l’arcano. Un test tanto semplice da descrivere quanto complesso da realizzare: misurare la caduta libera di 434 anti-atomi di anti-idrogeno. E osservare se si comportano come la materia ordinaria, cadendo dunque verso il basso, o se invece tendono a cadere verso l’alto.

Per mettere a punto un esperimento del genere, hanno unito le forze due fra i migliori laboratori di fisica al mondo: il CERN, in particolare il team l’esperimento ALPHA, e dall’altra parte del globo il Lawrence National Laboratory di Berkeley. ALPHA è una vera e propria trappola per l’antimateria, ed è ai suoi strumenti che è toccato il compito di creare ad hoc il materiale – o meglio, l’anti-materiale – per questo test rivoluzionario.

Anzitutto, i ricercatori hanno unito singoli antiprotoni e singoli positroni (antielettroni) per formare i 434 anti-atomi di anti-idrogeno. L’antimateria così creata è stata inizialmente preservata dal contatto fatale con la materia normale – si annichilirebbero all’istante, convertendo l’intera loro massa in energia – grazie a una potente trappola magnetica. A questo punto, con tutti gli occhi dei rivelatori puntati sulla trappola, hanno spento i magneti, dando così il via libera alle danze della gravità.

Lo spettacolo che ne è seguito ha destato alcune sorprese. Dall’istante in cui viene premuto il tasto off, lo spegnimento della trappola non è immediato: occorrono circa 30 millisecondi prima che il campo magnetico si azzeri del tutto. In quel breve lasso di tempo, mano a mano che gli anti-atomi abbandonano la loro posizione iniziale per entrare in contatto con le pareti della trappola, gli strumenti di ALPHA registrano tempo e posizione dei flash energetici generati dal susseguirsi delle annichilazioni. Più passa il tempo, spiega lo studio, più le anti-particelle ancora nella trappola dovrebbero diventare sensibili agli effetti della gravità. Ma le cose sono andate diversamente: «Gli anti-atomi “ritardatari” (late-escaping) sono stati pochissimi: 20 millisecondi dopo lo spegnimento dei magneti ne erano rimasti appena 23 su 434», dice Jonathan Wurtele, dei laboratori di Berkeley. Inoltre, l’analisi dei dati prodotti dalle simulazioni del test, si legge nell’articolo, «mostra come, anche quando prevale la tendenza degli anti-atomi a cadere verso il basso, alcuni vadano comunque ad annichilirsi vicino alla sommità della trappola».

Benché assai lontani dal poter fornire una risposta definitiva – l’incertezza è pari a circa 100 volte la misura attesa, sottolineano i ricercatori – l’esperimento indica chiaramente la strada da seguire per capire se l’antimateria cade verso l’alto o verso il basso. «Questa è solo la prima parola, non l’ultima. Abbiamo compiuto i primi passi verso una prova sperimentale diretta di fenomeni sui quali fisici e non fisici s’interrogano da oltre mezzo secolo», conclude Joel Fajans, dell’Università di Berkeley. «Quello che ci attendiamo è che l’antimateria cada verso il basso, ma potremmo anche rimanere sorpresi».

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