LO SCHIANTO AVVENUTO MENO DI 5.000 ANNI FA

Scoperto cratere da impatto in Egitto

Generato da un piccolo meteorite. Ha un diametro di 45 metri, è profondo 15 e perfettamente conservato. È un esempio unico. Ad avvistare la voragine tramite Google Earth è stato un geologo italiano. Mario Di Martino, dell'INAF-OA di Torino, ha organizzato la spedizione scientifica italo-egiziana. L'annuncio della scoperta su Science.

     22/07/2010

Un giorno negli ultimi 5.000 anni, forse addirittura qualche secolo fa, un corpo cosmico è arrivato come una vera e propria bomba dal cielo e si è schiantato in una zona disabitata dell’Egitto meridionale, nel deserto roccioso a pochi chilometri dal Sudan e a circa 50 km dal confine libico. Nell’impatto ha scagliato via materiali su un raggio di oltre 300 metri, vetrificato le rocce per fusione e creato una voragine larga 45 metri, profonda 15, grande abbastanza per ospitare le fondamenta di un palazzo. Si tratta di un cratere meteoritico unico nel suo genere sulla Terra. Così perfettamente conservato da assomigliare a un cratere lunare o di un corpo planetario senza atmosfera. Ad annunciare la scoperta su Science sono Luigi Folco, geologo del Museo Nazionale dell’Antartide dell’Università di Siena, e Mario Di Martino, dell’INAF-Osservatorio Astronomico di Torino, in collaborazione con Massimo D’Orazio dell’Università di Pisa, che ha svolto le analisi delle meteoriti, di ricercatori dell’Università di Bologna, dell’Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia (INGV), e colleghi egiziani. (Qui la galleria immagini del cratere)

Sul cratere si è imbattuto la prima volta Vincenzo De Michele, curatore del Museo Civico di Storia Naturale di Milano, nel 2008, quasi per caso. “Stava analizzando in maniera dettagliata la zona su Google Earth, alla ricerca di villaggi neolitici, quando ha notato questa formazione del tutto simile al cratere prodotto da una bomba di grande potenza. Poteva trattarsi di un bombardamento o dell’esplosione di un missile, visto che è una zona calda dal punto di vista politico”, racconta Di Martino. “Abbiamo deciso di andare a guardare con i nostri occhi. Una volta sul posto è stato subito evidente che si trattava un cratere da impatto. La bomba era arrivata dallo spazio”.

Al primo sopralluogo è seguita la spedizione scientifica congiunta italo-egiziana. “Abbiamo raccolto circa 850 kg di meteoriti metalliche, su un totale di oltre 1.700 kg, composte prevalentemente di ferro e nichel. Il frammento più grande è un masso di 83 kg, staccatosi in atmosfera prima dell’impatto a terra del corpo principale che ha prodotto il cratere, e rinvenuto a circa 200 metri da questo”, prosegue l’astronomo. “Dalle prime analisi risulta che il meteorite doveva avere una massa compresa tra 5 e 10 tonnellate ed era circa quattro volte superiore all’ingresso in atmosfera rispetto al momento dell’urto al suolo. È piombato alla velocità che abbiamo stimato fra 3 e 4 km/s. La sua composizione metallica indica che originariamente era il nucleo di un asteroide frantumatosi dopo una collisione catastrofica con un altro oggetto nella fascia principale, tra le orbite di Marte e Giove”.

La scoperta è estremamente interessante perché crateri da impatto causati da meteoriti di piccola scala sono estremamente rari sul nostro pianeta e la sua “freschezza” permetterà di mettere a punto modelli molto più precisi di quelli finora esistenti. “Strutture così piccole vengono erose  rapidamente dagli agenti atmosferici. Degli oltre 170 crateri da impatto finora scoperti, questo è l’unico che presenta le strutture primarie perfettamente conservate. Tutto fa pensare che lo schianto sia avvenuto di recente”. Ci sono anche altri indizi: il cratere è stato riempito da pochi metri di sabbia e non ne è stato sommerso. Soprattutto, sono stati rinvenuti pezzi di meteorite e rocce espulse dall’impatto sui sentieri di antichi insediamenti neolitici, popolati fino a 5.000 anni fa, prima che la zona si inaridisse. “Se l’oggetto fosse precipitato prima, i nostri antenati avrebbero spostato le rocce dai sentieri ed utilizzato il ferro per farne degli strumenti”, spiega Di Martino.

“Sarà la datazione con termoluminescenza a svelare la data precisa dell’impatto”. Il team italiano ha riportato a casa circa 50 kg di meteoriti, rocce e vetri per ulteriori studi, mentre 850 kg di meteoriti, sono stati trasferiti al Museo Geologico del Cairo. Il 12 luglio le meteoriti sono state “battezzate” ufficialmente con il nome Gebel Kamil e la classificazione è stata pubblicata su Meteoritical Bulletin della International Society for Meteoritics and Planetary Science.

Recentemente, con grande disappunto dei ricercatori che hanno condotto la spedizione, una certa quantità di meteoriti, probabilmente quelle lasciate in loco, sono state immesse nel mercato internazionale, nonostante il divieto di accesso nell’area del ritrovamento.

La spedizione congiunta italo-egiziana è stata possibile grazie al generoso contributo dato dalla Fondazione Cassa di Risparmio di Torino, dal Monte dei Paschi di Siena e dalla Telespazio nell’ambito del contratto ESAEnabling Tecnologies for Space Situational Awareness – NEO Segment.  Un particolare ringraziamento va al Prof. Franco Porcelli, addetto scientifico presso l’Ambasciata d’Italia al Cairo per il suo determinante contributo nell’organizzazione della spedizione.

Leggi il comunicato stampa congiunto INGV-INAF: Un-cratere-da-meteorite-perfettamente-conservato-finale[1]