Il 17 luglio del 709 a.C., le cronache ufficiali del ducato di Lu, nell’attuale provincia cinese dello Shandong, registrarono un evento: “Il Sole fu totalmente eclissato”. La nota compare negli Annali delle Primavere e degli Autunni, una delle più antiche raccolte storiche cinesi, e rappresenta la più remota testimonianza di un’eclissi solare totale giunta fino a noi. A questa si aggiunge un’altra fonte, riportata circa sette secoli dopo nel Hanshu (Libro degli Han), secondo cui l’eclissi apparve “completamente gialla sopra e sotto”. Una descrizione che per anni molti studiosi hanno associato all’aspetto della corona solare, rendendola una delle prime e rarissime osservazioni di questo fenomeno nella storia dell’umanità.
Oggi quell’antico resoconto torna sotto la lente degli scienziati. Un team internazionale di ricerca ha infatti utilizzato tecniche di geografia storica per riesaminare l’evento, ricalcolando con precisione come sarebbe apparso il Sole da Qufu, antica capitale del ducato di Lu, nel momento dell’eclissi. Questo lavoro ha permesso di ottenere misurazioni accurate della variazione nella velocità di rotazione della Terra risalenti al 709 a.C., un dato preziosissimo per la geofisica moderna.

Antico testo cinese tratto dagli Annali delle Primavere e degli Autunni, che contiene la prima testimonianza scritta databile di un’eclissi solare totale del 709 a.C. Il testo afferma: “In autunno, nel settimo mese, nel giorno di renchen, il primo giorno del mese, il Sole fu totalmente eclissato”. Il termine “renchen” si riferisce a un giorno specifico nel tradizionale ciclo del calendario cinese di 60 giorni. Fonte: Archivi Nazionali del Giappone
I risultati del team di ricerca guidato da Hisashi Hayakawa dell’Università di Nagoya, in Giappone, pubblicati questa settimana su The Astrophysical Journal Letters, offrono un raro sguardo quantitativo sulla meccanica della Terra nel passato e rafforzano l’idea che, dopo un lungo periodo di quiete, il Sole stesse all’epoca entrando nuovamente in una fase di intensa attività magnetica.
La Cina è nota per aver sviluppato una tradizione senza pari nella registrazione degli eventi astronomici. Le antiche dinastie assumevano esperti per osservare il cielo, non solo per curiosità scientifica, ma per ragioni omenologiche, ossia per interpretare i fenomeni celesti come presagi o segnali. Ogni eclissi, ogni aurora, ogni fenomeno insolito poteva essere visto come un illecito politico da parte degli imperatori, motivando un attento monitoraggio di tutto ciò che accadeva nel cielo. Grazie a questa cura meticolosa, tramandata attraverso secoli e dinastie, la Cina ha lasciato al mondo alcuni dei registri di antiche eclissi tra i più dettagliati e affidabili mai conservati.
È qui che la storia prende una piega quasi romanzesca. Gli astronomi moderni, verificando l’evento con modelli fisici e calcoli di meccanica celeste, si accorgono che qualcosa non torna: da Qufu l’eclissi non sarebbe stata totale. Gli antichi avevano esagerato? O era la scienza moderna a guardare nel punto sbagliato?
La risposta arriva dalla geografia storica. Una ricostruzione accurata dell’antica topografia, basata su scavi archeologici, rivela che la Qufu del 709 a.C. non si trovava esattamente dove indicato dalle coordinate moderne: le coordinate erano sbagliate di otto chilometri, sufficienti per separare una mezz’ombra da una totalità perfetta. «Questa correzione ci ha permesso di misurare con precisione la rotazione della Terra durante l’eclissi totale, di calcolare l’orientamento dell’asse di rotazione del Sole e di simulare l’aspetto della corona», spiega Hayakawa, primo autore dello studio ed esperto sia di fisica solare che di storia orientale.

Testo storico cinese tratto dall'”Hanshu” (Libro degli Han), una storia dinastica ufficiale, che fornisce ulteriori dettagli sull’eclissi del 709 a.C. Questa fonte include la descrizione secondo cui il Sole eclissato appariva “completamente giallo sopra e sotto”, che gli scienziati ritengono essere una descrizione della corona solare. Fonte: Archivi Nazionali del Giappone
Un piccolo errore, quasi impercettibile, ma in grado di cambiare un’intera ricostruzione astronomica e misurare la variabilità della rotazione terrestre di quasi 28 secoli fa. Gli autori hanno calcolato il valore di ΔT – la differenza tra tempo dinamico e tempo terrestre, direttamente legata alla velocità di rotazione – che per quell’anno risulta compreso tra 20264 e 21204 secondi. Si tratta di una stima preziosa, che non solo corregge errori precedenti, ma rende più precise le date di numerosi eventi celesti antichi, fondamentali per gli storici dell’astronomia. Lo studio ha così confermato che la Terra ruotava più velocemente di oggi, a causa di diversi fattori, tra cui l’attrito delle maree oceaniche causato dalla gravità lunare.
E poi c’è l’aspetto solare, altrettanto affascinante. Circa ogni undici anni il Sole alterna fasi più o meno attive. A volte questo ciclo è interrotto da periodi di quiete più lunghi, chiamati “grandi minimi”, durante i quali la nostra stella produce solo macchie solari sparse. L’eclissi del 709 a.C. avviene poco dopo un periodo di ridotta attività solare noto come Grande Minimo Neo-Assiro o Grande Minimo Omero, durato dall’808 al 717 a.C.. Durante la fotosintesi, gli alberi assorbono carbonio, incluso il radiocarbonio, che viene immagazzinato nei loro anelli di crescita annuali. Poiché le concentrazioni di radiocarbonio riflettono i livelli passati di raggi cosmici, che diminuiscono con l’aumentare dell’attività solare, gli scienziati misurano queste concentrazioni per monitorare l’attività solare nel tempo e ricostruire i cicli solari passati.
Ebbene, le ricostruzioni basate sul radiocarbonio contenuto negli anelli degli alberi, e riportate nello studio, mostrano che, verso la fine dell’VIII secolo a.C., il Sole stava riaccendendo i motori della sua attività magnetica. L’enigmatico “giallo sopra e sotto” descritto nel Hanshu – pur riportato molto tempo dopo – appare dunque coerente con una corona solare più brillante e strutturata, tipica degli anni di massima attività.
Un caso esemplare di come un singolo dato storico, se letto nel contesto giusto, possa far luce su fenomeni fisici fondamentali come la meccanica di rotazione terrestre, i cicli solari e l’interazione tra magnetismo e radiazione cosmica. Come nota Meng Jin, co-autrice e ricercatrice al Lockheed Martin Solar and Astrophysics Laboratory: «Alcuni dei nostri antenati erano osservatori molto abili. Quando combiniamo i loro accurati archivi con i moderni metodi computazionali e le prove storiche, possiamo potenzialmente scoprire nuove informazioni sul nostro pianeta e sulla nostra stella risalenti a migliaia di anni fa».
E così un’eclissi dimenticata diventa oggi un ponte tra passato e presente. Ci ricorda che lo studio della storia dell’astronomia e delle antiche osservazioni non è solo un esercizio accademico, dimostrando che anche ciò che è accaduto migliaia di anni fa può avere ancora oggi un valore fortemente scientifico.
Per saperne di più:
- Leggi su The Astrophysical Journal Letters l’articolo “Analyses of the Ancient Chinese Report on the Total Solar Eclipse in 709 BCE: Implications for the Contemporaneous Earth’s Rotation Speed and Solar Cycles”, di isashi Hayakawa, Mathew J. Owens, Meng Jin, Mitsuru Sôma e Mike Lockwood






