Come nasce una luna? Il Sistema solare ne ospita almeno 400 – tante sono quelle conosciute – in orbita attorno a sei dei suoi otto pianeti. Da dove provengono? Come hanno preso forma? I meccanismi proposti sono molteplici. Nel caso delle lune di grandi dimensioni, come i quattro satelliti galileiani attorno a Giove, si ritiene che si siano condensate da un disco di polvere e gas che circondava il pianeta al momento della sua formazione, come suggerisce la loro orbita complanare attorno al gigante gassoso. Parliamo però di processi avvenuti oltre quattro miliardi di anni fa. Trovare oggi prove che confermino la correttezza dello scenario proposto non è facile. E allora occorre guardare altrove, verso pianeti simili a Giove ma ancora in fasce.

Rappresentazione artistica di un giovane pianeta circondato da un disco di polvere e gas, potenzialmente in grado di formare lune. Il pianeta, che appare rosso, è raffigurato in basso a destra, avvolto da un disco nebuloso. La stella ospite appare in alto a sinistra e brilla di colore giallo, con il proprio disco rossastro di detriti. Nella parte inferiore dell’immagine sono elencate sette molecole con atomi di carbonio rilevate nel disco, fra le quali acetilene, anidride carbonica, etano, benzene e acido cianidrico. Crediti: Nasa, Esa, Csa, Stsci, G. Cugno (University of Zürich, Nccr PlanetS), S. Grant (Carnegie Institution for Science), J, Olmsted (Stsci), L. Hustak (Stsci)
È ciò che hanno fatto con il telescopio spaziale James Webb Gabriele Cugno dell’Università di Zurigo e Sierra Grant della Carnegie Institution for Science (Washington, D.C., Usa). Il “baby Giove” sul quale si sono concentrati è un mondo chiamato CT Cha b, un gigante gassoso situato a 625 anni luce noi, nella costellazione del Camaleonte. La giovane stella attorno alla quale orbita ha appena due milioni di anni e ancora sta accumulando materiale circumstellare nel suo disco di accrescimento. Jwst è però riuscito a distinguere un secondo disco – un disco circumplanetario, questa volta – attorno, appunto, a CT Cha b, a ben 74 miliardi di chilometri di distanza dalla stella. E a produrre la prima immagine diretta del materiale presente in un disco attorno a un grande esopianeta – un disco ricco di carbonio.
Le osservazioni sono state condotte con lo strumento Miri (Mid-Infrared Instrument) di Webb, lo spettrografo per il medio infrarosso. La grande distanza fra la stella e il pianeta è stata certo di aiuto, per distinguere i segnali emessi dai due dischi, ma non sufficiente: poiché il debole segnale del pianeta è comunque sepolto nel bagliore della stella ospite, i ricercatori hanno dovuto separare la luce della stella da quella del pianeta utilizzando metodi ad alto contrasto.
«Avevamo visto delle molecole nella posizione del pianeta», ricorda Grant, «quindi sapevamo che lì c’era qualcosa che valeva la pena approfondire. Abbiamo trascorso un anno cercando di estrapolare i dati. Ci è voluta davvero molta perseveranza».
Tenacia premiata: alla fine, il team ha scoperto sette molecole contenenti carbonio all’interno del disco del pianeta, tra cui acetilene (C2H2) e benzene (C6H6). Questa composizione chimica ricca di carbonio è in netto contrasto con quella osservata nel disco attorno alla stella ospite, dove i ricercatori hanno trovato acqua ma nessuna traccia di carbonio. La differenza tra i due dischi offre una conferma della loro rapida evoluzione chimica – in appena due milioni di anni.
«Possiamo vedere le prove dell’esistenza del disco attorno all’oggetto compagno della stella e studiarne per la prima volta la composizione chimica. Non stiamo solo assistendo alla formazione delle lune, ma anche alla formazione del pianeta», sottolinea Grant. «Stiamo osservando», conclude Cugno, «quale materiale si sta accumulando per formare il pianeta e le lune».
Per saperne di più:
- Leggi su The Astrophysical Journal Letters l’articolo “A Carbon-rich Disk Surrounding a Planetary-mass Companion”, di Gabriele Cugno e Sierra L. Grant






