POSSIBILE SOLUZIONE A UN ENIGMA SOLARE LUNGO CINQUANT’ANNI

Brillamenti bollenti: superano i 60 milioni di gradi

Uno studio dell’Università di St Andrews rivela che nei brillamenti solari le particelle raggiungono temperature molto più alte del previsto. Gli ioni, in particolare, sarebbero fino a 6,5 volte più caldi degli elettroni, arrivando oltre i 60 milioni di gradi. Questa scoperta, legata al processo di riconnessione magnetica, potrebbe spiegare il mistero della larghezza anomala delle linee spettrali dei brillamenti solari

     17/09/2025

La superficie del Sole non è statica ma ribolle di attività. Tra i fenomeni osservabili più spettacolari spiccano i brillamenti solari, enormi e improvvise emissioni di energia nell’atmosfera esterna della stella. Durante questi eventi il plasma in superficie può raggiungere temperature superiori ai dieci milioni di gradi. I brillamenti aumentano sensibilmente i raggi X e la radiazione diretta verso la Terra, che rappresentano un pericolo per satelliti e astronauti e influenzano l’alta atmosfera del pianeta.

L’immagine mostra un brillamento solare e la Terra in scala ed evidenzia la netta differenza di grandezza. Crediti: realizzato da Alexander Russell (University of St Andrews) utilizzando il pacchetto open-source SunPy in Python e i dati del telescopio spaziale Solar Dynamics Observatory della Nasa, tramite il team Nasa Epic

Un nuovo studio condotto dalla University of St Andrews, in Scozia, propone una modifica significativa delle temperature di questi fenomeni. L’articolo sostiene che queste emissioni energetiche riscaldino in modo diverso le particelle che compongono il plasma, ioni ed elettroni. Analizzando i dati provenienti da altri ambiti scientifici, i ricercatori hanno constatato che i brillamenti solari molto probabilmente riscaldano gli ioni più degli elettroni, raggiungendo temperature di oltre 60 milioni di gradi.

«Siamo entusiasti delle scoperte recenti secondo le quali un processo chiamato riconnessione magnetica riscalda gli ioni 6,5 volte più degli elettroni. Sembra essere una legge universale, confermata nello spazio vicino alla Terra, nel vento solare e tramite simulazioni al computer. Tuttavia, nessuno aveva finora collegato questi studi ai brillamenti solari», dice il Alexander Russell della School of Mathematics and Statistics, a capo del team di ricerca. «La fisica solare ha storicamente assunto che ioni ed elettroni debbano avere la stessa temperatura. Tuttavia, ripetendo i calcoli con dati moderni, abbiamo scoperto che le differenze di temperatura tra ioni ed elettroni possono durare fino a decine di minuti in parti importanti dei brillamenti solari, aprendo per la prima volta la possibilità di considerare ioni supercaldi».

Sole con brillamenti solari. Crediti: realizzata da Alexander Russell (University of St Andrews) utilizzando il pacchetto open-source SunPy in Python e i dati del telescopio spaziale Solar Dynamics Observatory della Nasa, tramite il team Nasa Epic

«Inoltre», aggiunge Russell, «la nuova temperatura degli ioni si adatta bene alla larghezza delle linee spettrali dei brillamenti, risolvendo potenzialmente un mistero dell’astrofisica che perdura da quasi mezzo secolo».

Fin dagli anni ’70 gli scienziati si sono infatti chiesti perché le linee spettrali dei brillamenti, ovvero gli aumenti di luminosità della radiazione solare nella luce ultravioletta e nei raggi X, siano più larghe del previsto. In passato si riteneva che ciò fosse dovuto esclusivamente a moti caotici, ma questa spiegazione è stata messa in discussione man mano che si cercava di comprendere la natura di tale turbolenza. Dopo quasi 50 anni, il nuovo studio propone un cambiamento di approccio, secondo cui la temperatura degli ioni potrebbe essere la chiave per spiegare l’enigmatica larghezza delle linee dei brillamenti solari.

Per saperne di più:

  • Leggi su The Astrophysical Journal Letters l’articolo “Solar Flare Ion Temperatures“, di Alexander J. B. Russell, Vanessa Polito, Paola Testa, Bart De Pontieu e Sergey A. Belov