Un pallone in volo sull’Antartide, spesse coltri di ghiaccio, raggi cosmici e segnali radio che vanno oltre le nostre attuali conoscenze in fisica delle particelle. Questi sono i protagonisti del mistero che potrebbe segnare l’inizio di una nuova era nella comprensione di fenomeni finora inesplorati. Le strane emissioni sono state captate dall’Antarctic Impulsive Transient Antenna (Anita), una rete di antenne sospese in stratosfera a circa 40 chilometri di altitudine. Il sistema è progettato per rilevare impulsi radio generati dall’interazione di raggi cosmici e neutrini ad altissima energia con il ghiaccio antartico, ma i segnali registrati vanno ben oltre le aspettative degli scienziati.

Gli insoliti impulsi radio sono stati rilevati dall’esperimento Antarctic Impulsive Transient Antenna (Anita), una serie di strumenti che volano su palloni aerostatici sopra l’Antartide e che sono progettati per rilevare le onde radio dei raggi cosmici che colpiscono l’atmosfera. Crediti: Stephanie Wissel / Penn State.
Cercando di fare luce su quanto accaduto, gli scienziati dell’esperimento Anita hanno collaborato con altri grandi osservatori, come l’Osservatorio Pierre Auger in Sud America, che ha analizzato dati raccolti in più di quindici anni. A questo importante sforzo internazionale partecipa anche un gruppo di ricercatori italiani, che stanno contribuendo allo sviluppo di nuove tecnologie per il rilevamento e all’interpretazione di questi segnali.
Per capire meglio cosa è successo in Antartide, abbiamo intervistato i professori associati all’Università degli Studi dell’Aquila, Denise Boncioli e Francesco Salamida, co-autori dello studio che la collaborazione Pierre Auger – di cui sono rispettivamente science coordinator e detector coordinator (l’attuale spokeperson è l’astrofisica dell’Inaf Antonella Castellina) – ha pubblicato su Physical Review Letters in risposta all’osservazione degli eventi rilevati da Anita.
Salamida, cosa sono quei segnali anomali osservati da Anita in Antartide e perché hanno destato così tanto interesse nella comunità scientifica?
[Salamida] «Anita misura gli eventuali segnali radio emessi durante una “cascata” di particelle generata dall’interazione di un raggio cosmico primario – una particella molto energetica proveniente dallo spazio – che intercetta gli elementi chimici presenti nell’atmosfera o sulla crosta terrestre con diversi angoli. A seconda della direzione possiamo aspettarci determinate caratteristiche e quindi dedurre informazioni sul raggio cosmico primario: questo è quello che l’Osservatorio Pierre Auger, progettato per rivelare raggi cosmici ad altissima energia, cerca di investigare. In particolare, l’emissione radio nelle cascate di particelle può essere dovuta a effetti geomagnetici, relativi al fatto che nella cascata sono presenti elettroni e positroni accelerati in direzioni opposte a causa del campo magnetico terrestre. Nel caso di Anita, gli impulsi radio che giungono da direzioni sopra l’orizzonte sono interpretati come emissione diretta dalle cascate di particelle che non intercettano la superficie del ghiaccio o della Terra. La maggioranza degli impulsi sono riflessi dalla superficie del ghiaccio e mostrano una inversione di polarità. Ma alcuni impulsi, invece, sono misurati da direzioni sotto l’orizzonte e non mostrano le caratteristiche di impulsi riflessi. Per questo sono ritenuti anomali e non trovano spiegazione all’interno del modello standard delle particelle».
Dunque questi segnali anomali non sono ancora stati spiegati?
[Salamida] «Non riusciamo a spiegarne l’origine. La tipologia di segnali rivelata implicherebbe una traversata molto lunga all’interno della Terra da parte di neutrini tau, con una probabilità di sopravvivenza estremamente bassa, incompatibile con le aspettative teoriche. Inoltre, i neutrini responsabili di questi segnali dovrebbero essere stati misurati anche da altri esperimenti, come IceCube o Auger, cosa che non succede».
Anita va quindi contro ogni previsione. Avete delle ipotesi per spiegare il tutto?
[Salamida] «Alcune ipotesi propongono l’esistenza di particelle esotiche, come neutrini sterili o particelle di materia oscura, che potrebbero aver viaggiato all’interno del nostro pianeta dando poi origine a particelle di tipo tau vicino alla crosta terrestre. La direzione degli impulsi suggerirebbe che i neutrini abbiano viaggiato per uno spazio molto ampio dentro la Terra, prima di interagire, il che potrebbe succedere solo se il flusso di queste particelle è più intenso delle previsioni attuali. In tal caso però, un flusso del genere sarebbe stato quasi sicuramente osservato anche dall’esperimento IceCube o da Auger. I segnali potrebbero essere dovuti a cascate che si sviluppano da sotto la superficie terrestre, verso l’alto, a causa del decadimento della particella leptonica di tipo tau, a sua volta prodotto dall’interazione di un neutrino tau sotto la superficie terrestre. Ma, alla fine, tutte queste ipotesi richiedono una fisica diversa, estensioni significative di ciò che sappiamo oggi, e non hanno ancora trovato conferme altrove».

Anita è stato posizionato in Antartide perché ci sono poche possibilità di interferenze da parte di altri segnali. Per catturare i segnali di emissione, il rivelatore radio trasportato da un pallone aerostatico viene inviato a sorvolare tratti di ghiaccio, catturando le cosiddette docce di ghiaccio. Crediti: Stephanie Wissel / Penn State.
Dalle Ande all’Antartide. Qual è la differenza principale tra l’esperimento Anita, che vola su un pallone aerostatico sopra il ghiaccio del Polo Sud, e gli studi dell’Osservatorio Pierre Auger, che invece è sulle montagne dell’Argentina in Sud America? Come si complementano questi due esperimenti?
[Boncioli] «L’Osservatorio Pierre Auger, di cui sono Science Coordinator, è in funzione nella zona di Malargue-Mendoza su un altopiano a ridosso delle Ande, in Argentina. Si estende su una superficie di circa 3mila chilometri quadrati con migliaia di detector di superficie e utilizza varie tecniche per investigare le caratteristiche dei raggi cosmici di energie altissime, tra cui rivelatori Cherenkov, telescopi di fluorescenza, rivelatori di muoni e antenne radio. Auger può ricavare informazioni sulla direzione di arrivo delle particelle cosmiche, la loro energia e natura. L’esperimento Pierre Auger ha analizzato 15 anni di dati per cercare di capire se anche lì si potessero trovare segnali simili a quelli di Anita. Grazie a ciò, è stato possibile implementare delle procedure per selezionare le cascate di particelle distinguendo quelle che giungevano da direzioni sotto o sopra l’orizzonte. Con questa precisa selezione, siamo riusciti a stabilire un limite superiore all’osservazione di queste cascate di raggi cosmici, che Anita con i propri risultati viola».
L’Antartide è un ambiente estremamente difficile. Quali sono state le principali sfide tecniche e logistiche nell’allestire e far volare Anita sopra il ghiaccio?
[Boncioli] «Far volare Anita sopra l’Antartide è stata una sfida significativa sia dal punto di vista logistico sia tecnico. Il lancio del pallone stratosferico richiede condizioni meteorologiche particolarmente stabili, che si verificano solo durante l’estate australe. Inoltre, l’intera strumentazione deve essere progettata per operare a temperature estremamente basse (fino a -50 °C) e a pressioni molto ridotte, garantendo al contempo stabilità, autonomia energetica e capacità di comunicazione con le basi a terra. Ogni missione è limitata nel tempo, circa 30 giorni, quindi il sistema deve essere completamente affidabile e in grado di raccogliere e trasmettere grandi quantità di dati senza possibilità di intervento diretto. Dal punto di vista scientifico, rivelare neutrini a energie ultra elevate è estremamente difficile per la loro natura elusiva: interagiscono raramente con la materia, e per osservarne gli effetti occorre che attraversino lunghi tratti di ghiaccio o roccia prima di produrre una particella tau che emerga e dia origine a una cascata rilevabile. Ciò richiede grande precisione nella ricostruzione dell’origine e della polarizzazione dei segnali radio. In ambienti come l’Antartide, inoltre, bisogna anche distinguere i segnali reali da disturbi atmosferici, riflessi anomali o interferenze provenienti da attività umane. Anita ha avuto bisogno di condizioni estreme con strumentazione sofisticata, per cercare segnali rarissimi e deboli, che richiedono un’analisi accuratissima per poter essere distinti da un vasto fondo di segnali più comuni».

Quando i raggi cosmici colpiscono le molecole dell’atmosfera terrestre, si frammentano in una pioggia di particelle secondarie che perdono la maggior parte della loro energia prima di raggiungere il suolo. I rilevatori sulla Terra cercano queste tracce rivelatrici.Immagine di Aspera/Novapix/L. Bret
Perché è così difficile rilevare i neutrini ultra energetici?
[Boncioli] «La difficoltà di osservare i neutrini, in generale, è dovuta al fatto che la probabilità di interagire con il resto della materia è molto bassa, e di conseguenza è necessario che le altre particelle – quelle che interagiscono più facilmente – vengano assorbite. Per capire meglio il fenomeno basta considerare che un miliardo di neutrini attraversa un’unghia del pollice ogni secondo, ma raramente interagiscono con la materia. Se li riveliamo, vuol dire che hanno percorso enormi distanze senza essere influenzati da nulla. Noi, in particolare, cerchiamo di osservare i neutrini ultra-energetici attraverso la cascata di particelle che essi potrebbero generare attraversando “qualcosa”, che sia l’atmosfera, il ghiaccio, la roccia o il mare. Per essere sicuri che attraversino più materia possibile, quindi, selezioniamo le cascate di particelle il più possibile orizzontali o quelle che arrivano dopo aver attraversato una parte di Terra, cioè da sotto l’orizzonte».
Come si fa a distinguere un segnale radio prodotto da un neutrino da quelli causati da altre particelle o fenomeni ambientali?
[Salamida] «Per distinguere un segnale radio generato da un neutrino occorre l’analisi congiunta di diversi aspetti del segnale. In primis, la direzione di provenienza: i neutrini possono produrre segnali provenienti da sotto l’orizzonte, dopo aver attraversato la Terra. Questi segnali hanno geometrie incompatibili con quelle dei raggi cosmici ordinari. In secondo luogo, si studia la polarizzazione e, ad esempio, segnali riflessi dalla superficie del ghiaccio mostrano una inversione di polarità che permette di identificare impulsi che non possono essere spiegati come derivanti da riflessioni. Poi registriamo la forma d’onda e la durata dei segnali provenienti da neutrini, segnali molto brevi – dell’ordine di nanosecondi – e coerenti. Esperimenti come Anita operano in Antartide proprio per ridurre al minimo le interferenze radio originate dall’attività umana. Combinando questi criteri con simulazioni dettagliate si possono isolare i candidati neutrino con un’elevata affidabilità».
In che modo il contributo italiano si inserisce in questo progetto internazionale?
[Boncioli] «Nel contesto della ricerca sui neutrini ultra-energetici il contributo italiano si inserisce in modo rilevante. Diversi gruppi di ricerca dell’Istituto nazionale di fisica nucleare, dell’Istituto nazionale di astrofisica, del Gran Sasso Science Institute e varie università partecipano attivamente all’esperimento Auger, attraverso le rispettive sezioni e gruppi dell’Infn e Inaf, contribuendo sia allo sviluppo e mantenimento della strumentazione che all’analisi dei dati scientifici. In particolare, i ricercatori italiani hanno avuto un ruolo centrale nell’analisi dei segnali raccolti dal rivelatore di fluorescenza di Auger, con un’attenzione specifica agli eventi associati a cascate atmosferiche molto inclinate, fondamentali per l’identificazione di possibili neutrini tau. Hanno contribuito allo sviluppo di metodi per la ricostruzione della direzione e dell’energia degli eventi, strumenti essenziali per discriminare tra cascate indotte da raggi cosmici e potenziali eventi da neutrino. Ricercatrici e ricercatori italiani sono stati inoltre tra i principali responsabili dell’analisi dei 15 anni di dati usati per porre limiti superiori al flusso di neutrini tau emergenti, intervenendo anche nella modellizzazione teorica, nella validazione dei risultati tramite simulazioni Monte Carlo, e nella stesura e revisione del contributo scientifico».

Denise Boncioli e Francesco Salamida, docenti dell’Università degli Studi dell’Aquila e rispettivamente Science Coordinator e Detector Coordinator nella collaborazione internazionale dell’Osservatorio Pierre Auger. Crediti: Univaq
Ci sarà un nuovo esperimento, Pueo (Payload for Ultrahigh Energy Observations) che rappresenta un’evoluzione significativa rispetto ad Anita. Cosa vi aspettate di scoprire?
[Salamida] «Pueo promette di cambiare radicalmente la ricerca sui neutrini ultra-energetici. Grazie a un design completamente ripensato, introdurrà diverse innovazioni tecnologiche utilizzando un numero molto maggiore di antenne, disposte su più livelli e con copertura angolare più ampia, per migliorare la precisione nella ricostruzione della direzione dei segnali. Pueo utilizzerà elettronica avanzata e sistemi di trigger capaci di analizzare in tempo reale la forma d’onda e la polarizzazione degli impulsi, riducendo gli eventi falsi positivi. In aggiunta, sensibilità aumentata di oltre un ordine di grandezza rispetto ad Anita e migliori sistemi di trasmissione e archiviazione dei dati consentiranno di testare modelli di fisica oltre il modello standard, di verificare o di confutare definitivamente l’esistenza di eventi anomali simili a quelli osservati da Anita e al contempo riusciranno a rivelare neutrini a energie mai raggiunte prima, risolvere alcuni dei misteri aperti da Anita e aprendo una nuova finestra sull’universo ad altissima energia».
Per saperne di più:
- Leggi su Physical Review Letters l’articolo “Search for the Anomalous Events Detected by ANITA Using the Pierre Auger Observatory” di A. Abdul Halim, P. Abreu, M. Aglietta, I. Allekotte,K. Almeida Cheminant, A. Almela, R. Aloisio, J. Alvarez-Muñiz, J. Ammerman Yebra, G. A. Anastasi, L. Anchordoqui, B. Andrada,7 S. Andringa, L. Apollonio, C. Aramo,P. R. Araújo Ferreira,E. Arnone, J. C. Arteaga Velázquez, P. Assis,G. Avila, E. Avocone, A. Bakalova, F. Barbato, A. Bartz Mocellin, J. A. Bellido, C. Berat, M. E. Bertaina, G. Bhatta, M. Bianciotto, P. L. Biermann, V. Binet,K. Bismark, T. Bister, J. Biteau, J. Blazek, C. Bleve, J. Blümer, M. Boháčová, D. Boncioli, et al.
Correzione del 30/06/2025: l’elenco della partecipazione italiana all’Osservatorio Pierre Auger conteneva inizialmente alcune inesattezze e omissioni, dunque è stato abbreviato e integrato con un link alla pagina che presenta in modo esaustivo tutte le istituzioni, paese per paese.







