LABORATORI NATURALI DI GRAVITÀ QUANTISTICA

Singolarità nude che sfidano la censura di Penrose

Secondo due fisici indiani, il collasso gravitazionale della materia nell'universo primordiale potrebbe aver dato origine a singolarità nude, in contrasto con l’ipotesi della censura cosmica, che potrebbero spiegare una frazione significativa della materia oscura nell'universo. Tuttavia, tale scenario risulta più difficile da realizzare rispetto a una materia oscura composta da buchi neri primordiali. Tutti i dettagli su Jcap

     21/01/2025

Due fisici indiani, Pankaj Joshi dell’Università di Ahmedabad e Sudip Bhattacharyya del Tata Institute of Fundamental Research, sostengono che il collasso gravitazionale della materia nell’universo primordiale abbia dato origine a singolarità nude che potrebbero costituire una frazione significativa della materia invisibile nell’universo.

Rappresentazione di una singolarità nuda. Crediti: Yukterez/Wikimedia Commons (Via Lattea sullo sfondo: Eso/S.Brunier)

In accordo con la teoria attualmente più accreditata, quando l’universo ha avuto origine dalla singolarità del Big Bang, gli stati della materia – in termini di temperatura, densità e altri aspetti – erano estremi. Nel 1971, il noto fisico Stephen Hawking suggerì, in seguito a una proposta simile avanzata nel 1966 da Yakov Zeldovich e Igor Novikov, che nell’universo primordiale si fossero verificate fluttuazioni quantistiche, ossia continui mutamenti temporanei nello stato di energia del vuoto che consentono la creazione di coppie virtuali particellaantiparticella. Se sufficientemente forti, queste fluttuazioni portano al collasso gravitazionale dei blob di materia ad altissima densità e, in alcuni casi, all’epoca potrebbero aver creato buchi neri primordiali (Phb, da primordial black holes) in misura abbondante.

Un buco nero è un oggetto cosmico esotico previsto dalla teoria della relatività generale di Einstein, “immortalato” per la prima volta nel 2018 dalla collaborazione Event Horizon Telescope, che rilasciò la prima immagine nell’aprile dell’anno successivo. Non ha una superficie solida e la sua materia è quasi infinitamente densa. Questa materia, cioè la singolarità, è nascosta all’interno di un confine invisibile, chiamato orizzonte degli eventi, dal quale nulla, nemmeno la luce, può sfuggire. Nel caso dei buchi neri, quindi, non è possibile accedere a questa singolarità e alla regione estrema all’interno dell’orizzonte degli eventi.

È stato proposto che i buchi neri primordiali possano costituire una frazione significativa della materia oscura, che rappresenta circa un quarto del contenuto dell’universo attuale ed è circa cinque volte più abbondante di quella “normale”, o barionica. Tuttavia, non sappiamo con certezza di cosa sia fatta questa misteriosa materia, che rappresenta una delle questioni fondamentali della fisica e della cosmologia. Gli scienziati di tutto il mondo hanno continuato a condurre ricerche approfondite sui buchi neri primordiali e le loro eventuali implicazioni sulla materia oscura sono oggetto di un’indagine.

Nella nuova ricerca, Joshi e Bhattacharyya hanno dimostrato che il collasso gravitazionale nella fase iniziale dell’universo potrebbe portare a singolarità visibili – o nude – dove la singolarità non è coperta da un orizzonte degli eventi. Pertanto, tali singolarità nude primordiali (PNaS, dall’inglese primordial naked singularities), a differenza dei buchi neri, potrebbero essere accessibili all’osservazione. Se queste singolarità nude rappresentassero una grande frazione della materia oscura, allora una parte significativa dell’universo potrebbe essere costituita da oggetti puntiformi quasi infinitamente densi – singolarità, appunto – che possono essere accessibili all’osservazione. Le singolarità nude primordiali potrebbero, in linea di principio, rivelare effetti di gravità quantistica osservabili e quindi servire come laboratori naturali per testare teorie sulla gravità quantistica.

«L’origine e composizione della materia scura costituiscono alcune delle grosse incognite in cosmologia moderna e l’idea che essa sia composta da piccoli buchi neri prodotti nell’universo primordiale attraverso il collasso di perturbazioni ha una lunga storia e un fascino innegabile», commenta a Media Inaf  Luciano Rezzolla, astrofisico della Goethe University di Francoforte e principal investigator di BlackHoleCam, non coinvolto nello studio. «Seguendo questa logica e considerando che il collasso di una perturbazione può anche portare alla formazione di una singolarità nuda, l’idea proposta da Joshi and Bhattacharyya è interessante almeno a livello di principio. Quello che rende questo scenario più difficile da realizzare rispetto a una materia oscura composta da buchi neri primordiali è che oggi sappiamo che creare delle singolarità nude non è affatto facile e anzi richiede delle condizioni iniziali che sono estremamente ben preparate (o fine-tuned, in inglese). Inoltre, se singolarità nude di grande massa esistessero, queste sarebbero già state rivelate da tempo. Insomma, la congettura del censore cosmico di Penrose – secondo la quale ogni singolarità è “coperta” da un orizzonte e che non esistono singolarità nude in natura – sembra confermata dalle nostre simulazioni numeriche e dalle osservazioni, rendendo questo scenario difficile da realizzare in pratica. Tuttavia, ulteriori predizioni teoriche ed osservazioni astronomiche potranno aiutare a comprendere meglio questo affascinante scenario».

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