NUOVO STRUMENTO PER LA RICERCA DELLA MATERIA OSCURA

A caccia di assioni con un imbuto

Una collaborazione tra l’Università di Chicago e il Fermi National Accelerator Laboratory ha costruito un nuovo strumento, chiamato Bread, per la ricerca della materia oscura. Lo studio sui primi risultati, pubblicato su Physical Review Letters, pone le basi per un nuovo approccio alla ricerca degli assioni su un ampio intervallo di frequenze. Attualmente lo strumento è ancora in una fase di messa a punto

     08/04/2024

La scienza moderna non è esente dai misteri, dai grandi interrogativi a cui gli scienziati cercano di rispondere: uno di questi è la materia oscura. Anche se è pur vero che Antoine de Saint-Exupéry ha scritto che “l’essenziale è invisibile agli occhi”, i ricercatori non si danno pace nel cercare un modo per osservare questa materia che si rifiuta di mostrarsi alla nostra vista. Pur avendo numerose prove della sua esistenza – ne osserviamo infatti gli effetti su altri oggetti del cosmo – non siamo mai stati in grado di vederla direttamente. Non si può neanche pensare che sia una cosa di poco conto, considerando che attualmente gli scienziati pensano che costituisca circa l’85 per cento di tutta la massa dell’universo.

Un nuovo esperimento, nato da una collaborazione guidata dalla University of Chicago e dal Fermi National Accelerator Laboratory e chiamato Bread (acronimo per Broadband Reflector Experiment for Axion Detection), ha ora pubblicato su Physical Review Letters i primi risultati nella ricerca della materia oscura, proponendo un approccio inusuale al problema. Lo studio, nonostante non sia stata rivelata la materia oscura, ha ristretto i limiti sul range di frequenze entro il quale potrebbe trovarsi e ha dimostrato le potenzialità di un nuovo metodo che potrebbe accelerare la ricerca con spazio e costi relativamente ridotti.

«Siamo molto entusiasti di ciò che siamo stati in grado di fare finora», dice David Miller della University of Chicago, co-leader dell’esperimento insieme ad Andrew Sonnenschein del Fermilab, che originariamente sviluppò il concetto dell’esperimento. «Ci sono molti vantaggi pratici in questo design e abbiamo già dimostrato la migliore sensibilità fino a oggi con questa frequenza di 11-12 gigahertz».

Stefan Knirck del Fermilab con delle componenti del rilevatore BREAD Crediti: UChicago News

«Questo risultato rappresenta una pietra miliare per il nostro concetto, dimostrando per la prima volta la potenza del nostro approccio», aggiunge Stefan Knirck, ricercatore postdoc al Fermilab e autore principale dello studio, che ha guidato la costruzione e il funzionamento del rilevatore. «È fantastico realizzare questo tipo di scienza creativa su scala ridotta, in cui un piccolo team può occuparsi di tutto, dalla costruzione dell’esperimento all’analisi dei dati, e avere comunque un grande impatto sulla moderna fisica delle particelle».

Ma come funziona nello specifico questo approccio? Guardando l’universo possiamo vedere che una qualche sostanza esercita una gravità sufficiente ad attirare stelle, galassie e luce che passa, ma nessun dispositivo o telescopio è mai riuscito a captarne direttamente la fonte — per questo è chiamata “materia oscura”. Non avendola mai vista non è neanche del tutto chiaro come potrebbe apparire o dove cercarla esattamente. «Siamo molto fiduciosi che ci sia qualcosa, ma le forme che potrebbe assumere sono moltissime», dice Miller.

Fino ad ora l’approccio degli scienziati è stato quello di costruire rilevatori che controllassero in modo approfondito una specifica regione — in questo caso, un insieme di frequenze — al fine di escluderla. L’approccio del team di Chicago è stato, invece, un design a “banda larga”, ovvero sondare una serie più ampia di possibilità a costo di una precisione leggermente inferiore.

«Se la pensi come una radio, la ricerca della materia oscura è come sintonizzare la manopola per cercare una particolare stazione, solo che ci sono un milione di frequenze da controllare», spiega Miller. «Il nostro metodo è come eseguire una scansione di centomila stazioni radio, anziché di poche molto approfondita».

Un rendering del design Bread. La struttura a forma di “Hershey’s Kiss” — un cioccolatino dalla forma conica — incanala potenziali segnali di materia oscura verso il rilevatore color rame a sinistra. Il rilevatore è sufficientemente compatto da poter essere posizionato su un tavolo. Crediti: Bread Collaboration

Il rilevatore si concentra su un sottoinsieme specifico di possibilità, ovvero è costruito per cercare la materia oscura sotto forma dei cosiddetti assioni o “fotoni oscuri”, particelle con masse estremamente piccole che, nelle giuste circostanze, potrebbero essere convertite in un fotone visibile. Bread è costituito da un tubo metallico contente una superficie curva che cattura e incanala — come un imbuto — potenziali fotoni verso un sensore posto a un’estremità. Lo strumento è abbastanza piccolo da poter essere abbracciato, il che è una cosa insolita per questo tipo di esperimenti. La versione a grandezza naturale di Bread verrà ospitata all’interno di un magnete per generare un forte campo magnetico, che aumenta le possibilità di convertire le particelle di materia oscura in fotoni.

Per dimostrarne il principio, il team ha per ora condotto l’esperimento senza magneti. La collaborazione ha fatto funzionare il prototipo del dispositivo all’Università di Chicago per circa un mese e ha analizzato i dati. Secondo gli scienziati i risultati sono molto promettenti e mostrano una sensibilità molto elevata sulla frequenza scelta.

Da quando i risultati pubblicati su Physical Review Letters sono stati accettati, Bread è stato spostato all’interno di un magnete per la risonanza riconvertito, all’Argonne National Laboratory, e sta raccogliendo ulteriori dati. La sua sede finale, al Fermi National Accelerator Laboratory, utilizzerà un magnete ancora più potente.

«Questo è solo il primo passo di una serie di entusiasmanti esperimenti che stiamo pianificando», dice Sonnenschein. «Abbiamo molte idee per migliorare la sensibilità della nostra ricerca di assioni».

«Ci sono ancora così tante domande aperte nella scienza e un enorme spazio per nuove idee creative per tentare di rispondere», conclude Miller. «Penso che il nostro sia un esempio davvero caratteristico di questo tipo di idee creative — in questo caso, partnerships collaborative e di grande impatto tra la scienza su scala ridotta nelle università e la scienza su scala più ampia nei laboratori nazionali».

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