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Una Vela pulsar di nitidezza stratosferica

Un gruppo di ricercatori giapponesi ha messo a punto un nuovo ingegnoso rilevatore di raggi gamma. Una serie di pellicole "fotografiche" sono state impilate a strati e fatte volare a bordo di un pallone aerostatico a circa quaranta chilometri di quota, ed esposte alla luce per circa quaranta ore. L'immagine della pulsar delle Vele realizzata con questa tecnica, pubblicata su ApJ, è la più accurata mai ottenuta finora alle stesse frequenze

     10/01/2024

Il pallone aerostatico al momento del decollo nei pressi di Alice Springs, in Australia. Crediti: Graine Collaboration

Una serie di pellicole a emulsione sensibile alla luce sono state impilate a strati e fatte volare a bordo di un pallone aerostatico a circa quaranta chilometri di quota sopra l’Australia, con lo scopo di rilevare e “fotografare” sorgenti di raggi gamma. La tecnica ingegnosa messa a punto da un team di ricercatori dell’università giapponese di Kobe ha combinato insieme il più classico metodo di cattura delle immagini – le pellicole fotografiche – con le più recenti tecniche di acquisizione dei dati e un dispositivo di registrazione del tempo. Il progetto si chiama Graine (Gamma-Ray Astro-Imager with Nuclear Emulsion) ed è stato pensato per l’osservazione ad alta risoluzione angolare di raggi γ cosmici di energia compresa tra i 10 MeV e i 100 GeV.

Lo scorso dicembre è stata pubblicata sulla rivista The Astrophysical Journal la prima immagine risultante dai dati degli esperimenti fatti con questo dispositivo: a confermare le sue prestazioni complessive di rilevazione e di imaging di una sorgente di raggi gamma è stata la pulsar delle Vele, immortalata con una precisione senza precedenti nella banda di frequenza a cui il rilevatore è sensibile.

L’immagine della pulsar della Vela ottenuta grazie al dispositivo dell’università di Kobe. Il cerchio in basso a sinistra indica la dispersione dell’immagine della pulsar ottenuta con il nuovo sistema mentre il cerchio grande tratteggiato rappresenta la dispersione della migliore immagine a raggi gamma precedente di un oggetto stellare diverso. Crediti: Graine Collaboration

«Abbiamo catturato un totale di diverse migliaia di miliardi di tracce con una precisione di 0,0001 millimetri. Aggiungendo le informazioni temporali e combinandole con le informazioni di monitoraggio dell’assetto, siamo stati in grado di determinare quando e dove gli eventi hanno avuto origine con una tale precisione che la risoluzione risultante è stata più di quaranta volte superiore a quella dei telescopi di raggi gamma convenzionali», dice per riassumere i risultati ottenuti Shigeki Aoki dell’università di Kobe, autore dello studio.

Basandosi sull’elevata sensibilità delle pellicole usate e su un processo innovativo automatizzato ad alta velocità di estrazione dei dati da esse, l’idea dei ricercatori è stata quella di impilare una serie di pellicole così da poter ricostruire con precisione la traiettoria delle particelle prodotte dal raggio gamma al momento dell’impatto. Per ridurre le interferenze atmosferiche, la pila di pellicole è stata poi montata a bordo di un pallone aerostatico adatto alle misurazioni scientifiche fatto volare nella stratosfera, a una quota compresa tra i trentacinque e i quaranta chilometri.

Per poi stabilizzare le oscillazioni del dispositivo causate dal vento, è stata aggiunta una serie di telecamere per registrare l’orientamento rispetto alle stelle momento per momento. Quanto all’informazione temporale sugli eventi che impressionavano la pellicola, gli autori dell’esperimento hanno adottato una soluzione geniale: i tre strati inferiori della pellicola sono stati fatti muovere avanti e indietro a velocità regolari ma diverse tra loro, come le tre lancette di un orologio, in modo da ricostruire – dalla dislocazione relativa delle tracce in queste lastre inferiori – l’ora precisa dell’impatto e correlarla con le riprese delle telecamere.

Una sezione della pellicola dopo lo sviluppo. Le tracce delle particelle prodotte dagli impatti dei raggi gamma sono visibili come piccoli punti grigiastri su tutto il piano. Crediti: Graine Collaboration

I dati da cui è stata ricavata l’immagine risalgono all’esperimento condotto nel 2018 ottenuti con tempi di esposizione di oltre diciassette ore, di cui quasi sette dedicate solo alla Vela. Un esperimento analogo era stato già fatto dallo stesso gruppo nel 2015, e rispetto alla volta precedente sono stati ottenuti miglioramenti significativi di un fattore 5 in termini di qualità dell’immagine, se si considerano l’aumento dell’area efficace per unità di tempo e la riduzione del contributo di fondo.

La nuova tecnica osservativa aprirebbe la possibilità di catturare molti più dettagli in questa banda di frequenza della luce rispetto al passato. «Con questo metodo possiamo tentare di contribuire a molte aree dell’astrofisica», conclude Aoki, «e in particolare di sviluppare le possibilità del nostro telescopio a raggi gamma all’astronomia multi-messaggera, dove sono necessarie misure simultanee dello stesso evento catturato con tecniche diverse».

Per saperne di più:

  • Leggi su The Astrophysical Journal l’articolo First Emulsion γ-Ray Telescope Imaging of the Vela Pulsar by the GRAINE 2018 Balloon-borne Experiment” di S. Takahashi, S. Aoki, A. Iyono, A. Karasuno, K. Kodama, R. Komatani, M. Komatsu, M.  Komiyama, K. Kuretsubo, T. Marushima, S. Matsuda, K. Morishima, M. Morishita, N. Naganawa, M. Nakamura, M. Nakamura, T. Nakamura, Y. Nakamura, N. Nakano, T. Nakano, K. Nakazawa, A. Nishio, M. Oda, H. Rokuj, O. Sato, K. Sugimura, A. Suzuki, M. Torii, S. Yamamoto e M. Yoshimoto