LO STUDIO PUBBLICATO SU NATURE GEOSCIENCE

Benvenuti nell’Antropocene lunare

Rottami di lander e satelliti, bandiere, libri e altri resti di missioni spaziali, condotte dal 1959 a oggi, stanno inquinando il suolo della Luna. Secondo un team di ricerca statunitense, l’impatto antropico sul nostro satellite naturale è tale da poter affermare che siamo in una nuova era geologica. Quella in cui l’umanità, con le proprie attività, ha iniziato a modificare anche il paesaggio lunare.

     11/12/2023

L’astronauta statunitense Buzz Aldrin mentre allestisce un esperimento sul vento solare durante la missione Apollo 11. Crediti: Nasa

Intatta, candida. Così Giacomo Leopardi definiva la Luna nel suo “Canto notturno di un pastore errante dell’Asia”. In realtà, la polvere lunare è stata perturbata dagli esseri umani già a partire da più di 60 anni fa, quando la navicella spaziale senza equipaggio dell’Unione Sovietica, “Luna 2”, si posò sulla superficie lunare, il 13 settembre 1959.

Da allora, dopo decenni di esplorazione spaziale, più di un centinaio di veicoli, con o senza equipaggio, hanno toccato la Luna, a volte atterrando e a volte precipitando. I più famosi sono sicuramente stati i moduli lunari della missione Apollo della Nasa, che hanno trasportato, per la prima volta, gli esseri umani sulla superficie lunare sotto gli occhi stupiti di tutti noi.

Nei prossimi anni, le missioni e i progetti spaziali già pianificati cambieranno il volto della Luna in modo ancora più estremo e, oggi, molti scienziati invitano a riflettere su un nuovo capitolo della relazione con il nostro satellite, riconoscendo che le attività antropiche sono, di fatto, diventate le forze principali che plasmano l’ambiente lunare. In un commento recentemente pubblicato venerdì scorso su Nature Geoscience, gli antropologi e i geologi dell’Università del Kansas sostengono, infatti, che è giunto il momento di dichiarare ufficialmente l’inizio di una nuova era geologica: l’Antropocene lunare.

«L’idea è molto simile a quella del dibattito sull’inizio dell’era Antropocene sulla Terra, iniziata con l’analisi di quanto l’umanità abbia influito sullo stato del nostro pianeta», dice Justin Holcomb, ricercatore postdoc all’Università del Kansas e primo autore del commento. «L’opinione comune è che l’Antropocene terrestre sia iniziato in un momento preciso del passato, remoto o prossimo, centinaia di migliaia di anni fa – oppure negli anni Cinquanta. Allo stesso modo, sulla Luna, sosteniamo che l’Antropocene lunare sia già iniziato – probabilmente con la missione Luna 2 – e vogliamo adesso cercare di evitare ulteriori danni importanti, o un ritardo nel riconoscerli, senza attendere l’attimo in cui non saremo più in grado di misurare un alone lunare significativo a causa delle attività antropiche. Sarebbe troppo tardi».

Per la sua ricerca, Holcomb ha collaborato con il collega antropologo Rolfe Mandel e con Karl Wegmann, professore di Sscienze marine, terrestri e atmosferiche alla North Carolina State University, tutti concordi sul fatto che l’impatto delle attività umane sia maggiore degli effetti di un naturale cambiamento della Luna. «I processi antropici stanno iniziando a superare lo scenario dei processi geologici sulla Luna», osserva Holcomb. «Questi processi comportano lo spostamento di sedimenti polverosi e frammenti di materiale – quello che chiamiamo regolite – e, in genere, includono impatti con meteoriti e spostamenti di masse. Tuttavia, il movimento di rover e di lander e l’allunaggio di equipaggi disturbano i sedimenti di regolite e causeranno un significativo cambiamento nel paesaggio lunare entro cinquant’anni».

Il mito della Luna come ambiente immutabile sembrerebbe, quindi, destinato a scomparire. Anzi, secondo gli autori della ricerca, nelle missioni lunari saranno presenti sempre più paesi, il che comporterà maggiori sfide ambientali. «Il nostro obiettivo è quello di sfatare il mito di una Luna statica e sottolineare l’importanza dell’impatto antropico, non solo nel passato, ma anche nel presente e nel futuro», sottolineano gli autori. «Dovremmo avviare discussioni sul nostro impatto sulla superficie lunare prima che sia troppo tardi».

Segni lasciati dalle missioni lunari: a) cratere da impatto con la sonda lunare Usa Ranger 6 nel 1964; b) sito di impatto dello stadio superiore dell’Apollo 13 Saturn IVB del 1970; c) sito di schianto del lander lunare israeliano Beresheet dall’atterraggio morbido nel 2019; d) sito di schianto del lander lunare Chang’e 4 della Cina, lanciato nel 2018; (e) fotografia e impronta parziale lasciata dall’astronauta Charles Duke durante la missione Apollo 16 degli Usa nel 1972; (f) il sito del Lunar Surface Experiments Package dell’Apollo 17 degli Usa nel 1972, che mostra il gravimetro della superficie lunare in primo piano e il modulo lunare sullo sfondo; (g) la sonda Surveyor 3 della Nasa atterrata nel 1967 e le impronte della missione Apollo 12, con il conseguente recupero di alcuni componenti della sonda; (h) tracce del rover russo Lunokhod 2, durante la missione Luna 21 del 1973. Crediti: Holcomb et al., 2023

Inoltre, a differenza della Terra, dove vale il principio del “Leave No Trace“, non lasciare tracce, noto agli amanti della vita all’aria aperta e dell’escursionismo, sembra che queste regole ecologiche non valgano sulla Luna. Componenti di veicoli spaziali scartati e abbandonati, sacchetti di escrementi umani, attrezzature scientifiche e altri oggetti comuni come bandiere, palline da golf, fotografie e testi religiosi: curioso e vasto sembra essere il catalogo dei rifiuti delle missioni umane, diventati ormai parte integrante del suolo lunare.

Il team di ricerca ha sottolineato la necessità di considerare e calcolare il potenziale impatto antropico sulla Luna cercando di mitigare le conseguenze nelle future missioni spaziali. «Sappiamo che la Luna non ha atmosfera o magnetosfera proprie, ma una delicata esosfera composta da polvere e gas, con ghiaccio all’interno di aree permanentemente in ombra. Tutti elementi suscettibili alla propagazione dei gas di scarico», spiegano gli autori. «Le missioni future dovranno perciò considerare la possibilità di mitigare gli effetti deleteri sugli ambienti lunari».

Il concetto di Antropocene lunare non vuole dunque essere solo una “dichiarazione geologica”, ma anche un richiamo alla consapevolezza: oltre a sensibilizzare sul rispetto ambientale, gli scienziati sperano che ci sia maggiore attenzione alla vulnerabilità dei siti lunari – attualmente non protetti legalmente o politicamente – con la volontà di preservarne il valore storico e antropologico.

«Un tema ricorrente nel nostro lavoro di ricerca scientifica è l’importanza del materiale lunare e delle impronte sulla Luna come risorse preziose, parte di una documentazione archeologica che ci impegniamo a preservare», dice Holcomb. «Il concetto di Antropocene lunare vuole far riflettere anche sulla nostra capacità di conservazione di tali artefatti storici». Secondo i ricercatori statunitensi, si dovrebbero conservare e catalogare gli oggetti e i resti lasciati sul nostro satellite dopo le missioni. «Come archeologi, percepiamo le impronte sulla luna come un’estensione del viaggio dell’umanità fuori dall’Africa iniziato circa 300mila anni fa», conclude lo scienziato. «Queste impronte s’intrecciano con la narrazione generale dell’evoluzione. È in questo contesto che cerchiamo di catturare l’interesse non solo degli scienziati planetari, ma anche di archeologi e antropologi che di solito non sono coinvolti in tale tipo di tematiche planetarie».

Insomma, proteggere il “patrimonio spaziale” per conservare anche i segni del viaggio dell’umanità, dalla culla alla Luna, nuova pietra miliare nella nostra evoluzione.

Per saperne di più:

Correzione del 19.12.2023: nella didascalia della seconda immagine, al punto g), la missione Apollo alla quale si fa riferimento è la 12, non la 13 come inizialmente scritto.