LA DENSITÀ NON È IL PARAMETRO MIGLIORE PER CARATTERIZZARLI

Lava worlds: frizzanti mondi ribollenti

Mediante sofisticate simulazioni al computer, un team di astronomi guidati dalla Ohio State University ha esplorato l’evoluzione di un tipo di esopianeti conosciuti come “mondi di lava”. I risultati dello studio, pubblicati su The Astrophysical Journal, suggeriscono che alcuni di essi possono intrappolare al loro interno grandi quantità di sostanze chimiche chiave per la vita

     16/10/2023

Gli astronomi li chiamano “mondi di lava”. Sono super-Terre che orbitano molto vicino alle loro stelle ospiti, caratterizzate dalla presenza di oceani di magma mescolati a grandi quantità di gas volatili – da cui il nome di “super-Terre frizzanti” (fizzy super-Earths, in inglese) con cui sono anche chiamati. E, secondo uno studio pubblicato il mese scorso su The Astrophysical Journal, potrebbero contenere la chiave per comprendere come la Terra sia arrivata ad avere gli ingredienti necessari per la vita. Un team di scienziati guidato dalla Ohio State University, negli Usa, ha infatti condotto simulazioni al computer per esplorare l’evoluzione di questi mondi, trovando che alcuni di essi possono intrappolare nel mantello quantità rilevanti di sostanze chimiche necessarie alla vita.

Illustrazione artistica di un pianeta di Lava. Crediti: Nasa/Jpl-Caltech

Il mantello è la regione di un pianeta che si trova tra la crosta superficiale, il guscio esterno, e il nucleo, lo strato più interno. Nei mondi di lava, questa regione – generalmente la più massiccia della struttura d’un pianeta – è costituita prevalentemente da magma: una massa informe e caotica di roccia fusa che può raggiungere la superficie e formare oceani su larga scala.

Nel loro studio, Kiersten Boley, ricercatrice all’Ohio State University, e i suoi colleghi hanno condotto simulazioni al computer per esplorare cosa succede a questi pianeti quando, nell’arco di miliardi di anni, si raffreddano. Per farlo hanno utilizzato ExoPlex, un sofisticato software di modellazione della struttura interna degli esopianeti, a cui hanno dato in pasto come input diverse composizioni chimiche del magma – magmi anidri, idrati (con il 2.2 per cento di acqua) e carbonatici (con il 5.2 per cento di anidride carbonica) – e una gamma di temperature superficiali (da 1200 a 2200 gradi Celsius), valutando infine l’evoluzione del pianeta in ciascuna condizione considerata.

Le simulazioni hanno dimostrato che esiste più di un modo in cui un mondo di lava può raffreddarsi e solidificarsi, a seconda della composizione del magma e della presenza o meno di un’atmosfera. E almeno uno di questi prevede che grandi quantità di acqua e sostanze volatili – come quelle a base di ossigeno e carbonio, composti chimici chiave per la vita come la conosciamo – possono rimanere intrappolate all’interno dei pianeti.

«L’evoluzione dei pianeti rocciosi prevede l’attraversamento di uno stadio di oceano magmatico», spiega Boley. «Studiare i mondi di lava può darci qualche idea su ciò che potrebbe essere accaduto durante l’evoluzione di quasi tutti i pianeti terrestri»

Le tre strutture del mantello risultanti dalle simulazioni con il software di modellazione ExoPlex. Crediti: Kiersten M. Boley et al., Apj, 2023

Gli scenari venuti fuori dalle simulazioni sono in tutto tre, ciascuno associato a una differente struttura planetaria. Il primo scenario è rappresentativo di un pianeta il cui mantello è interamente costituito da magma. In questo caso, spiegano i ricercatori, l’oceano di lava potrebbe iniziare a raffreddarsi dall’alto verso il basso, con la roccia fusa che si solidifica in superficie ma continua a ribollire in profondità. Il secondo, spiegabile con un raffreddamento dal basso verso l’alto, prevede la presenza di un mantello caratterizzato da un oceano di lava sopra un letto di roccia solida. Il terzo scenario, infine, mostra un mantello a sandwich, composto da un oceano di magma (Mo) subito sotto la crosta superficiale, uno strato di roccia solida (s) nel mezzo e un oceano di magma basale (Mo) al confine con il nucleo. Mosmo, dunque: è così che gli autori hanno chiamato questa stratificazione.

Lo studio suggerisce che un mondo quattro volte più massiccio della Terra che presenti quest’ultima struttura può, su tempi scala lunghi, sequestrare grandi quantità di sostanze volatili, intrappolare più di 130 volte la massa d’acqua e 1000 volte la quantità di carbonio presenti attualmente sulla Terra. «Quando parliamo dell’evoluzione di un pianeta e del suo potenziale di sostenere la vita», aggiunge Boley, «la capacità di intrappolare molti elementi volatili all’interno del mantello potrebbe avere maggiori implicazioni per l’abitabilità».

I risultati delle simulazioni indicano anche che, per una data massa, esiste un intervallo di temperature superficiali in cui un pianeta avrà un oceano di magma basale che può sequestrare una quantità significativa di sostanze volatili disciolte. Inoltre, pianeti simili alla Terra con oceani di magma più grandi di circa 1.5 raggi terrestri sono solo modestamente più densi di un pianeta roccioso di massa equivalente.

«I pianeti di lava sono ben lontani dal diventare abitabili al punto da sostenere la vita, ma è importante comprendere i loro processi evolutivi», conclude Boley. «Questo studio chiarisce che misurare la loro densità non è esattamente il modo migliore per caratterizzare questi mondi quando si confrontano con esopianeti rocciosi, poiché un oceano di magma non aumenta né diminuisce in modo significativo la densità del pianeta».

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