IL PUNTO SULL’INCLUSIONE E LE PARI OPPORTUNITÀ NEL MONDO SCIENTIFICO

Donne e astronomia: qual è la situazione oggi?

Lo abbiamo chiesto a Francesca Primas, astronoma italiana presso l’European Southern Observatory, vincitrice del “Nancy Grace Roman Award“ per il suo impegno nel promuovere l’uguaglianza di genere in campo astronomico. “C'è ancora tanto da fare, per poter raggiungere un sistema più equo, e non mi riferisco solo all'Italia”, ci ha detto Primas

     12/10/2023

Elisabetta Caterina Koopmann-Hevelius è considerata una delle prime astronome. Originaria della Polonia, contribuì a migliorare il lavoro e le osservazioni fatte insieme al marito Johannes Hevelius. Crediti: Wikipedia.

Le prime donne che, nella storia, si avvicinarono all’astronomia si occuparono essenzialmente di osservare e catalogare gli astri, fare i calcoli e redigere tavole astronomiche. Con il passare del tempo, la situazione non cambiò molto e la maggior parte delle astronome che sono riuscite ad affermarsi erano spesso affiancate da un marito, un tutore, un fratello, un padre, insomma, da una figura maschile molto importante che consentiva loro di accedere all’istruzione negata dalle istituzioni. Spesso considerate come assistenti di chi ufficialmente aveva un incarico, nei libri di storia le astronome non vengono menzionate anche se hanno contribuito in modo tutt’altro che trascurabile. E oggi qual è la situazione delle astronome e, più in generale, delle donne che fanno scienza?

L’abbiamo chiesto a Francesca Primas, astronoma dell’European Southern Observatory (Eso), recentemente insignita del Nancy Grace Roman Award, il riconoscimento dell’Astronomical Society of the Pacific (Asp) assegnato “per il contributo significativo alla promozione dell’equità e dell’inclusione di genere in astronomia”. Questo è il primo anno che l’Asp assegna il riconoscimento dedicato a Nancy Grace Roman, icona nella storia della ricerca astronomica e dell’esplorazione spaziale, spesso chiamata la madre del telescopio spaziale Hubble. E a vincerlo è stata l’italiana Francesca Primas che riceverà il premio in occasione dell’ASP Awards Gala che si terrà l’11 novembre a San Francisco, negli Stati Uniti.

Dopo la laurea in fisica all’Università di Trieste, con una tesi in astrofisica stellare supervisionata da Margherita Hack e Paolo Molaro, Primas ha conseguito il dottorato di ricerca in Italia, lavorando per un certo tempo presso l’Università di Chicago negli Stati Uniti. Nel 1997, Primas è rientrata in Europa, all’Eso, dove oggi si occupa della valutazione delle richieste per l’uso scientifico dei telescopi da parte dell’Observing Programme Committee e di politiche della ricerca (science policy).

Studiando la formazione e l’evoluzione della Via Lattea e delle sue galassie satellite attraverso la storia della loro chimica, Primas è diventata negli anni un’astronoma di livello internazionale, oltre che una delle pioniere nella promozione dei pari diritti delle donne in astronomia, contro i pregiudizi di genere nella scienza.

Francesca, quindici anni fa hai iniziato ad analizzare le differenze di genere all’interno dell’Eso pubblicando il primo studio sulla situazione delle astronome. Cosa avete notato al tempo e cosa è cambiato oggi?

«Abbiamo analizzato la distribuzione di genere (uomo/donna) sia all’interno dell’Eso – quindi staff, assegnisti di ricerca, studenti – sia nei vari programmi e gruppi esterni che interagiscono con noi – ad esempio, i relatori e i docenti in visita – e, infine, abbiamo considerato la composizione dei vari comitati governativi dell’Eso. Nonostante questa iniziativa fosse solo una semplice “istantanea” della situazione in quel momento, i numeri parlavano molto chiaro. Le donne ricoprivano una percentuale molto ristretta, in ogni settore. C’erano comitati esterni composti interamente da uomini, la percentuale di donne invitate a parlare negli incontri settimanali più prestigiosi era sotto il 10%. Oggi la situazione è decisamente migliorata. Siamo ancora lontani dalla parità di genere, quasi in tutti gli aspetti, ma quello studio ha effettivamente spronato – talvolta anche con qualche malumore – i responsabili delle varie attività a riflettere sul loro modus operandi. Ad esempio, la percentuale delle speaker donne invitate al colloquio settimanale sono oggi tra il 35% e il 40%; le donne nello staff dell’Eso rappresentano circa un quarto dell’intera organizzazione; i comitati sono più bilanciati. Negli ultimi due anni, il comitato per il programma delle osservazioni (Opc), della cui composizione sono responsabile, ha raggiunto e mantenuto una quasi perfetta parità di genere. Personalmente, dopo quel primo studio, ho continuato a far parte di gruppi di lavoro e comitati internazionali, fino a rappresentare l’Eso in alcuni forum centrati sulle pari opportunità, sull’inclusione e sulla diversità. La nostra partecipazione, anche se marginale, nel progetto Horizon 2020 Gender Equality in the European Research Area (Genera) finanziato dalla Comunità Europea, ha portato alla creazione dell’Eso’s Diversity and Inclusion Committee, un comitato interno dedicato a queste tematiche».

L’astronoma dell’Eso Francesca Primas, premiata per aver promosso l’equità di genere, vincendo nel 2023 il premio inaugurale Nancy Grace Roman Award dell’Astronomical Society of the Pacific (ASP). Crediti: Eso

Parlando di difficoltà quotidiane e disparità legate al genere, secondo te, ci sono aspetti per cui il lavoro di una donna astronoma o che fa ricerca scientifica, differisce o si distingue dal lavoro in altri settori?

«Credo che ogni lavoro presenti sfide e difficoltà e che ce ne sono alcuni guidati che si fanno assecondando una passione. La ricerca scientifica è forse più immersiva, è difficile “staccare” del tutto, alla fine di una giornata lavorativa. C’è sempre una scadenza, un progetto, una conferenza per cui prepararsi o a cui partecipare. Se, da un lato, mi sono sempre considerata fortunata per essere riuscita a fare il mestiere che mi appassiona, dall’altro, questa passione permea l’intera esistenza».

Lavorando all’Eso – un’importante organizzazione europea, multiculturale e internazionale – come percepisci, dall’esterno, la situazione relativamente alle tematiche di parità di genere, inclusione e rispetto dei diritti, nel mondo scientifico e accademico italiano? 

«Per dare una risposta corretta a questa domanda servirebbero dei numeri su cui basarsi, al momento non disponibili.  Giusto per avere un’idea: la percentuale femminile globale nell’Unione Astronomica Internazionale (Iau) è il 22% circa, con forti differenze di età e carriera. Tra i membri italiani, le donne sono il 32%, una cifra di tutto rispetto. Ma si deve tener conto del fatto che non tutti gli astronomi e la astronome di una nazione sono iscritti all’Unione e, quindi, questo numero potrebbe non riflettere la situazione reale nella comunità astronomica italiana. Comunque, l’Italia si è sempre distinta, assieme alla Francia, per il numero relativamente alto di studentesse e ricercatrici rispetto agli altri Paesi, soprattutto per quanto riguarda il campo dell’astrofisica. Ho sempre avuto l’impressione che le giovani in Italia non siano state spaventate dall’intraprendere studi scientifici e tecnologici, tanto quanto invece succede altrove, dove magari l’abbandono di questi percorsi è maggiore. Nel mio caso, ricordo di non essermi mai chiesta se studiare fisica fosse qualcosa di adatto a una ragazza o costituisse un problema. Certo, poi si dovrebbe vedere come le donne avanzano nella carriera, con quale frequenza vengono promosse ai livelli superiori, quale visibilità o quali ruoli rappresentativi riescono a ottenere. E qui i numeri sono decisamente più bassi. Insomma, c’è ancora tanto da fare, per poter raggiungere un sistema più equo, e non mi riferisco solo all’Italia».

Come coordinatore del gruppo di lavoro “Women in Astronomy” presso l’Unione Astronomica Internazionale, in quali Paesi ti è capitato di riscontrare una situazione migliore o peggiore nel dibattito su queste tematiche di disuguaglianza o discriminazione e nell’applicazione di misure o buone pratiche per risolverle?

«Domanda interessante, ma di difficile risposta. In generale, direi che gli stati anglofoni (in primis, gli Stati Uniti) hanno affrontato queste tematiche molto tempo prima rispetto a noi. In Europa, gli stati nordici sono tuttora considerati all’avanguardia, poiché hanno politiche di genere molto progressiste. Tuttavia, non sembrano aver risolto la parità di genere, almeno nel mondo accademico. Tra le iniziative con impatto più rapido e consistente, cito spesso gli award-schemes, sistemi di accreditamento che premiano dipartimenti, istituti, università per le loro politiche di pari opportunità, ad esempio lo schema Athena Swan in Gran Bretagna o il progetto Juno dell’Institute of Physics (Iop). A seconda della valutazione, si raggiunge un livello – oro, argento o bronzo – che ha un periodo di validità limitato durante il quale bisogna continuare a migliorare per ottenere il livello successivo o confermare il livello raggiunto. Oltre che un modo per continuare a discutere di determinati temi e per riconoscere gli sforzi fatti, questi schemi si sono dimostrati una strategia vincente: con il passare del tempo anche quelle entità che sembravano non interessate all’inizio, hanno subito una spinta a partecipare. L’anno scorso siamo riusciti a riproporre uno schema simile all’interno del Big Science Business Forum, il congresso centrato sull’alta tecnologia e sull’innovazione che unisce a livello europeo le principali infrastrutture di ricerca e industria, al cui interno ha organizzato, per la prima volta, un evento dedicato alle “donne nella Big Science”. Tra l’altro, il prossimo congresso del 2024 si terrà a Trieste, la città dove mi sono laureata e ho iniziato la mia carriera di astronoma».

Sei stata inserita anche nella lista delle “AstroMom”, le mamme astronome. Quali sono, secondo te, le maggiori difficoltà che incontrano le mamme quando devono destreggiarsi tra professione e famiglia?

«È una vita molto piena, dove è fondamentale riuscire a mantenere un proprio equilibrio psico-fisico. E ciò non vale solo per le “mamme” ma per qualsiasi persona che abbia delle responsabilità assistenziali verso altri. L’unica grossa differenza tra queste varie responsabilità è che il periodo della maternità e dei figli piccoli si sovrappone spesso agli anni forse più critici per una una carriera nella ricerca scientifica, quando si deve lavorare sodo per vedersi confermato il posto di ricercatrice, soprattutto all’estero, o per ricevere una promozione. Bisogna essere organizzate e saper selezionare i progetti più importanti a cui dedicarsi. E poi sperare in sistemi di valutazione dei curriculum più inclusivi e che valorizzino il profilo globale della persona, non solo i soliti numeri di pubblicazioni, citazioni, presentazioni a congressi».

Una domanda sulla famiglia, che ti avranno fatto in tanti, ma che, in genere, viene raramente posta agli scienziati uomini. Tu hai due figli. Qual è stata la sfida più grande? Ci sono stati anche degli effetti positivi della maternità sulla carriera? 

«Direi che la sfida più grande sia stata quella di riuscire a portare avanti la mia carriera di ricercatrice pur restando una mamma molto presente, che ha sempre messo i figli al primo posto. Questo ha portato a varie rinunce di cui però non mi sono mai pentita. La mia esperienza di madre-astronoma mi ha sicuramente aperto gli occhi su varie problematiche alle quali ho poi deciso di dedicare parte del mio tempo. Spero comunque di aver dato il giusto esempio ai miei figli, dimostrando che è possibile trovare un equilibrio tra vita privata e carriera. Anche se i miei figli potrebbero poi magari pensarla diversamente».

Nancy Grace Roman davanti a un modello in scala 1/6 del telescopio spaziale Hubble presso il Goddard Space Flight Center della Nasa. Crediti: Nasa

Pensando di riesaminare la situazione della parità di genere tra 15 anni, cosa ti auguri e cosa vorresti cambiasse rispetto a oggi?

«Vorrei che le percentuali di donne continuassero ad aumentare, anche e soprattutto nei ruoli decisionali, perché è lì che vengono prese le decisioni importanti. Desidererei che non ci fossero differenze di stipendio e che le donne avessero le stesse identiche possibilità di promozione. Potrà anche sembrare una cosa ovvia e sono convinta che sia già parte dei regolamenti in vari Paesi, ma i numeri mostrano altro. Vorrei che l’intero sistema accademico diventasse veramente inclusivo, non solo per quanto riguarda la varietà della sua comunità, ma anche per quanto riguarda le varie strategie di assunzione e valutazione. Ognuno è importante e ogni contributo è prezioso».

Hai un consiglio per le future astronome? 

«Seguite la vostra passione, innanzitutto, focalizzandovi sui traguardi che desiderate raggiungere, e usando gli ostacoli che incontrerete a vostro vantaggio, come occasioni di riflessione e crescita personale o professionale». 


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