I RISULTATI SU PHYSICAL REVIEW LETTERS

Ferro liquido, dal cuore della Terra al laboratorio

Due nuovi esperimenti sono riusciti a ricreare temperature e pressioni estreme per studiare le proprietà del ferro allo stato liquido, così come lo si trova al centro della Terra e di altri pianeti rocciosi, nel Sistema solare e oltre. Sembra che la sua resistività non vari molto al variare della temperatura, e che il suo comportamento segua abbastanza bene le predizioni teoriche anche a pressioni molto elevate

     30/06/2023

Infografica che rappresenta i due esperimenti che hanno consentito la misura della resistività del ferro a pressioni e temperature mai raggiunte prima. Crediti: Tokyo Tech

Nel cuore della Terra, così come in quello degli altri pianeti rocciosi del Sistema solare, scorre ferro liquido. Sul nostro pianeta, il ferro è anche l’elemento più abbondante in massa. Ma tutto quello che compone la crosta e che, in generale, abbiamo a disposizione, si trova allo stato solido.

Le proprietà del ferro allo stato liquido possono variare di molto, tanto che le attuali teorie che cercano di descriverle sono oggetto di dibattito fra scienziati e non sono ancora state verificate sperimentalmente. Non sappiamo, ad esempio, come cambia la resistività elettrica, ovvero la capacità del metallo di resistere al passaggio di corrente elettrica nelle condizioni di temperatura e pressioni estreme che ci sono al centro della Terra (e di altri pianeti). Un comportamento che potrebbe dirci molto sulla fisica planetaria nel Sistema solare e in altri pianeti che abbiamo trovato attorno ad altre stelle.

Il primo scoglio per misurare la resistività elettrica del ferro liquido è senz’altro la tecnica: occorre, infatti, raggiungere condizioni estreme. Tutti gli esperimenti di laboratorio svolti finora sono riusciti a spingersi a toccare al massimo i 51 Gigapascal (GPa) di pressione e 2900 gradi Kelvin (K) di temperatura: ancora lontani dalle condizioni del nucleo terrestre. La ragione principale è che è difficile mantenere intatte la forma e la composizione chimica del campione di ferro all’interno delle attuali apparecchiature ad alta pressione. Per questo motivo, fra i fisici sperimentali fa notizia che, pochi giorni fa, su Physical Review Letters, sia uscito uno studio di laboratorio in cui si descrivono due esperimenti che hanno consentito di misurare la resistività del ferro a 135 GPa e 6680 K.

Le due nuove tecniche sono state ideate e pensate nei laboratori del Tokyo Institute of Technology, in Giappone, e prevedono l’uso di una cella a incudine di diamante – Dac, dall’inglese diamond anvil cell – che esercita una pressione incredibilmente elevata su un campione, comprimendolo tra le facce piane di due diamanti contrapposti. Le vedete rappresentate entrambe nell’infografica qui sopra. Nella prima tecnica, quella di sinistra, i ricercatori hanno utilizzato una capsula di zaffiro per contenere il campione di ferro nella Dac, e l’hanno riscaldato con un laser e una corrente elettrica. La capsula serviva per mantenere inalterata la geometria del campione di ferro durante la fusione e per ridurre al minimo le differenze di temperatura all’interno del campione. Nella seconda tecnica, invece di preservare la forma del campione durante il processo di fusione, incapsulandolo, i ricercatori hanno utilizzato potenti laser per fondere istantaneamente il materiale, con l’obiettivo di misurarne rapidamente la resistenza (con una risoluzione al millisecondo), la diffrazione ai raggi X e la temperatura, prima che avesse il tempo di cambiare la sua geometria. Due tecniche ingegnose che hanno permesso di raggiungere pressioni (la prima) e temperature (la seconda) più di due volte maggiori di quelle finora sperimentate.

Che risposta hanno dato, questi esperimenti, agli scienziati che dibattono sulle teorie di previsione del comportamento del ferro liquido? Innanzitutto, che la sua resistività non varia molto al variare della temperatura. Poi, che il suo comportamento segue abbastanza bene le predizioni teoriche anche a pressioni molto elevate, compresa un’anomalia intorno ai 50 GPa, probabilmente dovuta a una transizione magnetica graduale.

Queste evidenze sono importanti perché ci sono alcune discrepanze tra le previsioni teoriche e i dati sperimentali sulla resistività del ferro liquido, soprattutto a pressioni inferiori a 50 GPa. I risultati di questo studio contribuiranno quindi a chiarire l’origine di queste discrepanze e aiuteranno i fisici a sviluppare modelli e teorie più accurate sul comportamento del ferro. A sua volta, questo potrebbe portare a una comprensione più completa dei nuclei terrestri e dei fenomeni correlati, come i campi magnetici planetari.

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