SUPERATI TUTTI I TEST DI FATTIBILITÀ, PASSA ALLA FASE B1

Lisa si può fare. L’Esa promuove il triangolo spaziale

Importante passo avanti verso la realizzazione della Laser Interferometer Space Antenna, l’interferometro con il quale l’Agenzia spaziale europea intende portare la ricerca delle onde gravitazionali nello spazio. Grazie all’enorme estensione dei suoi bracci laser – 2.5 milioni di km – Lisa riuscirà a rivelare onde molto più lunghe di quelle intercettabili con gli interferometri da terra, quali per esempio quelle prodotte dalla fusione di buchi neri supermassicci

     10/05/2022

Rappresentazione artistica di Lisa. Crediti: Wikimedia Commons

Sarà l’opera umana più grande di sempre: un triangolo equilatero di fasci di luce laser da 2.5 milioni di km di lato, nanometro più nanometro meno, che inseguirà la Terra nella sua orbita attorno al Sole tenendosi a circa 50 milioni di km di distanza. Il suo nome è Lisa – acronimo di Laser Interferometer Space Antenna – e il suo obiettivo sarà quello di rilevare onde gravitazionali. Un po’ come fanno i bracci di Ligo negli Usa, quelli di Virgo in Italia e quelli di Kagra in Giappone: usando dunque il metodo dell’interferometria per calcolare, con raggi laser, le variazioni di distanza tra i vertici dei bracci introdotte al passaggio di un’onda gravitazionale. Solo che, mentre le distanze degli interferometri terrestri si misurano in km, quelle fra i tre vertici di Lisa sono, appunto, di milioni di km. Consentendo così di intercettare onde gravitazionali a bassa frequenza – dunque al di là della potata degli interferometri terrestri – come, per esempio, quelle prodotte dalla fusione di buchi neri supermassicci.

È fattibile, un’impresa del genere? Dopo anni di test, verifiche e valutazioni del progetto preliminare, la settimana scorsa l’Agenzia spaziale europea ha dato risposta affermativa. In gergo tecnico, Lisa ha superato la Mission Formulation Review: l’esame che certifica il passaggio dalla fase A – quella di fattibilità, appunto – alla fase B1: quella di perfezionamento della missione, sviluppo della tecnologia necessaria, scelta dei progetti finali e stipula degli accordi internazionali.

Lo spettro delle onde gravitazionali. Lisa (in rosso) sarà in grado di registrare anche quella a bassa frequenza prodotte dalla fusione fra buchi neri supermassicci. Crediti: Esa

«Con il passaggio alla fase B1 la missione va oltre gli studi concettuali: è dunque un’importante pietra miliare per gli scienziati e gli ingegneri coinvolti», spiega lo study manager di Lisa dell’Esa, Martin Gehler. «Dopo un lungo viaggio, iniziato con i primi schizzi tracciati negli anni ’80, ora sappiamo di essere sulla strada giusta, e di avere un piano fattibile, verso l’approvazione della missione».

Una solida base per il successo di questa ambiziosa missione è rappresentata dai risultati oltre ogni attesa ottenuti da Lisa Pathfinder, il precursore di Lisa: lanciata nel 2015 e formata da un unico satellite, la missione Lisa Pathfinder ha dimostrato sul campo che è possibile posizionare e mantenere le masse di prova – nel suo caso, un cubo di due kg, fatto di una lega estremamente pura di oro e platino – in caduta libera con un livello di precisione sorprendente, e che i dispositivi di misura che dovranno essere impiegati con Lisa soddisfano tutti i requisiti.

Athena e Lisa, due missioni complementari per lo studio dell’universo estremo. Crediti: Esa

Se tutto andrà secondo i piani, il lancio di Lisa dovrebbe avvenire a metà degli anni Trenta, più o meno in concomitanza con l’altra grande missione Esa del prossimo decennio: il telescopio per le alte energie Athena, al quale spetterà il compito di osservare l’emissione di raggi X prodotta dalla fusione tra buchi neri. Da questo punto di vista, dunque, uno strumento complementare a Lisa. Funzionando in tandem, sperano gli scienziati, potranno estendere il campo dell’astronomia multimessaggera dalla fusione fra stelle di neutroni a quelle fra buchi neri supernassicci.