LO STUDIO SU ASTRONOMY & ASTROPHYSICS

Materia oscura “brutta” nelle galassie lontane

In netto contrasto con la teoria considerata oggi di riferimento per descrivere l’universo, un nuovo studio della Sissa suggerisce che al centro delle galassie spirali esista un’interazione diretta tra le particelle fondamentali che compongono l’alone di materia oscura e quelle della materia ordinaria

     11/02/2022

Galassia a spirale. Crediti: Buddy Nath/Pixabay

Al centro delle galassie a spirale, quelle vicine a noi ma anche quelle lontane miliardi di anni luce, è presente una vasta regione sferica popolata da particelle di materia oscura. Questa regione ha due forti peculiarità: presenta una densità costante col raggio e le sue dimensioni aumentano con il passare del tempo. Ciò suggerisce l’esistenza di un’interazione diretta tra le particelle fondamentali che compongono l’alone di materia oscura e quelle della materia ordinaria, e cioè i protoni, gli elettroni, i neutroni e i fotoni. Un’ipotesi, questa, che è in netto contrasto con la teoria considerata oggi di riferimento per descrivere l’universo, detta Lambda-Cold Dark Matter, nella quale le particelle di materia oscura fredda sono inerti e non interagiscono con nessun’altra particella, se non gravitazionalmente.

Sono questi i risultati emersi da un nuovo studio appena pubblicato su Astronomy and Astrophysics che ha indagato un gran numero di galassie remote, lontane sette miliardi di anni luce da noi. Condotta da Gauri Sharma e Paolo Salucci della Sissa con Glen Van de Ven dell’Università di Vienna, l’indagine lancia uno sguardo inedito su uno dei più grandi misteri attuali della fisica. Secondo gli autori, infatti, la nuova ricerca rappresenta un passo in avanti per la comprensione della materia oscura, questa elusiva componente del nostro universo la cui esistenza, teorizzata per i suoi evidenti effetti sui corpi celesti, non è stata finora provata direttamente, né per mezzo di molteplici e accurate osservazioni astrofisiche, né rivelata sperimentalmente da numerosi esperimenti in specifici laboratori sotterranei.

La materia oscura studiata nelle galassie lontane

La materia oscura costituisce circa l’84 per cento della massa del cosmo. «La sua presenza dominante nelle galassie emerge dal fatto che le stelle e il gas di idrogeno si muovono come governate da una componente invisibile», spiega Sharma. Per studiarla finora si sono indagate soprattutto galassie vicine alla nostra. «In questo studio, invece», continua la scienziata, «per la prima volta, ci siamo spinti a osservare e a determinare la distribuzione di massa di galassie a spirale con la stessa morfologia di quelle locali, ma lontane e quindi più giovani di ben 7 miliardi di anni. L’idea di fondo è che queste progenitrici delle galassie a spirale come la nostra ci forniscano indicazioni fondamentali sulla natura della particella alla base del mistero della materia oscura».

«Studiando il moto delle stelle in circa 300 galassie remote», dice Salucci, «abbiamo scoperto che un alone di materia oscura è presente anche in questi oggetti e che, partendo dal centro di una galassia, tale alone ha effettivamente una regione in cui la sua densità è costante col raggio». Questa caratteristica era già stata osservate nelle galassie vicine in altri studi, alcuni dei quali effettuati proprio alla Sissa.

Aloni galattici ora (sx) ed allora (dx). Crediti: Gauri Sharma

Quello che la nuova ricerca ha scoperto, però, è che in questa regione centrale avviene qualcosa di assolutamente non previsto dal cosiddetto “modello standard della cosmologia”. Infatti, osserva Sharma, «grazie al confronto tra le proprietà delle galassie a spirale vicine e quelle lontane, cioè tra le galassie oggi e le loro progenitrici di 7 miliardi di anni più giovani, si è visto che non solo è sempre presente una regione inspiegabile di materia oscura a densità costante, ma che le sue dimensioni crescono nel tempo come se fossero sottoposte a un processo di ingrandimento continuo”.

Tale processo non può avvenire nel caso in cui le particelle di materia oscura fossero non interagenti come quelle alla base dello scenario della Lambda-Cdm. «Nel lavoro appena pubblicato», continua Sharma, «sosteniamo invece l’evidenza di una interazione diretta tra materia oscura e la materia ordinaria, che crei, via via col tempo, dal centro della galassia verso l’esterno, una regione a densità costante». Ma c’è di più.

Un processo lento ma inesorabile

«Un’altra evidenza emersa dalla nostra ricerca è che le dimensioni della regione in cui la materia oscura rimane costante aumenta con il tempo. È un processo molto lento, ma inesorabile», conferma Salucci. Una possibile spiegazione? «La più semplice è che, all’inizio, quando la galassia si è formata, la distribuzione della materia oscura nell’alone sferico sia quella predetto della teoria Lambda-Cdm, con un picco di densità al centro. Successivamente, si formerebbe il disco di stelle che caratterizza le galassie a spirale, circondato, appunto da un alone composto di particelle oscure molto denso. Con il passare del tempo, per effetto dell’interazione da noi teorizzata, le particelle verrebbero catturate dalle stelle o espulse nelle regioni periferiche della galassia». Questo processo creerebbe nell’alone di materia oscura una zona a densità costante, di dimensioni che crescono proporzionalmente al tempo e alla fine raggiungono quelle del disco stellare, come descritto nell’articolo su Astronomy and Astrophysics.

«I risultati dell’indagine», conclude Sharma, «pongono dei quesiti importanti anche ad altri scenari che descrivono le particelle oscure e alternativi alla Lambda-Cdm, come la Warm Dark Matter, la Self Interacting Dark Matter e la Ultra Light Dark Matter. Anche questi modelli, infatti, devono spiegare la chiara evoluzione temporale registrata dalle dimensioni dalla regione centrale a densità costante. Le proprietà delle galassie molto lontane nello spazio e nel tempo forniscono ai cosmologi un vero e proprio portale verso la comprensione del mistero della materia oscura».

In conclusione, osserva Salucci, «è interessante notare che, seguendo il filosofo Nietzsche, possiamo affermare che la verità su tale mistero potrebbe non essere raggiunta attraverso l’elaborazione dello scenario più bello, cioè matematicamente più elegante, più semplice e più atteso come un’espansione di teorie ben verificate. Ma attraverso uno scenario “brutto”, determinato da una fenomenologia osservativa inelegante e complessa e da una fisica disattesa e completamente disaccoppiata da quella conosciuta».

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