ONLINE UN NUOVO SITO DEDICATO AL CENTRO ESTEC DELL’ESA

Novantanove oggetti per un centro spaziale

Raccontarsi a cinquant’anni e oltre, con tanta storia sulle spalle e troppi oggetti tra le proprie mura. Lo fa Estec, il più grande tra i centri dell’Agenzia spaziale europea (Esa), attraverso le foto e le storie di 99 oggetti assolutamente singolari presentate in un sito web dalla grafica essenziale che ricorda lo spazio profondo. La prima release, con 26 oggetti, è online e tutta da esplorare

     28/01/2022

Una selezione dei 99 oggetti che raccontano il centro Esa Estec. Crediti: Esa/ReMedia

Cosa hanno in comune un pannello solare, un mucchietto di polvere e un gatto? Se il pannello solare ha volato per nove anni a bordo del telescopio spaziale Hubble, il mucchietto di polvere simula la regolite che ricopre il suolo lunare e il gatto è l’unico mammifero che entra ed esce tranquillamente senza badge dal centro nevralgico delle attività spaziali europee, quello che li accomuna si può riassumere in una sigla di cinque lettere: Estec, il Centro europeo per la ricerca e la tecnologia spaziale (in inglese: European Space Research and Technology Centre), il principale centro di ricerca e sviluppo dell’Esa, l’Agenzia spaziale europea.

A un passo dal Mare del Nord, Estec si trova a ridosso del parco dunale del comune di Noordwijk, provincia dell’Olanda Meridionale, nei Paesi Bassi, dove è stato inaugurato nel 1968. Da allora, ha ospitato la progettazione, lo sviluppo e molti dei test per numerosissime missioni spaziali che oggi orbitano attorno alla Terra e hanno esplorato i meandri del Sistema solare.

Con più di mezzo secolo alle spalle, il centro più grande dell’Esa ha deciso di raccontarsi, e ha scelto di farlo attraverso una serie di oggetti, novantanove per la precisione, le cui fotografie e storie sono presentate in un sito web dalla grafica elegante ed essenziale: Esa Estec in 99 objects. La prima release del sito comprende una selezione di 26 oggetti, ma sono già in preparazione molte altre immagini e storie che saranno pubblicate nei prossimi mesi.

«L’idea del progetto 99 Objects è di Franco Ongaro, che ha appena terminato il suo mandato come Capo di Estec e Direttore Esa per la Tecnologia, ingegneria e qualità», dice a Media Inaf Anja Appelt, coordinatrice per la comunicazione esterna presso Estec. «Franco voleva un nuovo modo di raccontare la storia di Estec, con oggetti scelti per illustrare l’enorme diversità di attività che si svolgono qui e lo sforzo umano per realizzarle».

Oltre alle componenti high-tech come bracci robotici e repliche di strumenti satellitari, che chiunque si aspetterebbe di trovare tra le mura di Estec, compaiono anche materiali più ordinari, come una manciata di terra di Noordwijk, che racconta come il sito scelto originariamente per ospitare il cuore tecnologico dell’Esa, non lontano dalla pittoresca cittadina di Delft e dalla sua prestigiosa università tecnica, sia stato abbandonato poco dopo la selezione poiché il terreno si rivelò impregnato d’acqua – come in molte regioni dei Paesi Bassi – e dunque privo della stabilità necessaria per ospitare laboratori e strumentazione di precisione.

Nove dei novantanove oggetti del progetto. In alto, da sinistra a destra: una microcamera ottica usata nella camera termo-vuoto, fluorescenza della clorofilla e ossa artificiali stampate in 3D; al centro, da sinistra a destra: una micro sezione di un circuito per satelliti futuri, il braccio robotico operato dallo spazio da Luca Parmitano e il prototipo di una tuta spaziale europea mai prodotta; in basso, da sinistra a destra: polvere lunare simulata, il disco occultore di Proba-3 e bulloni polimerici stampati in 3D. Crediti: Esa/ReMedia

Ci sono tanti oggetti stampati in 3d che lasciano presagire futuri traguardi, dai mattoni per costruire una base lunare alle ossa artificiali per interventi medici su insediamenti marziani. Ci sono gli ambienti dove si testano esperimenti e componenti di missioni per l’esplorazione dello spazio, dalla centrifuga che simula le condizioni di ipergravità al forno usato per sterilizzare i paracaduti del rover che presto partirà alla volta del Pianeta rosso. E poi c’è proprio lui, lo spazio, o almeno se ne percepisce il carattere rigido e l’ambiente ostile: non solo nello sfondo buio pesto delle pagine, su cui fluttuano gli oggetti, ma anche nei graffi e nelle cicatrici esibiti da uno di essi, inflitti nel corso degli anni dagli impatti di micrometeoriti sui pannelli solari del telescopio spaziale Hubble. I pannelli, parte del contributo europeo alla missione, sono stati sostituiti due volte dagli astronauti, che li hanno riportati a terra a bordo dello Shuttle, e uno di questi esemplari fa bella mostra di sé tra i corridoi del centro spaziale.

«Il mio preferito è la tegola dello scudo termico della sonda Huygens», racconta Daniel Scuka, Programme Communication Officer per le operazioni e la sicurezza spaziale dell’Esa. «È una copia tangibile di un manufatto umano che ora siede tranquillamente su una luna coperta di metano [Titano, ndr] a 1,6 miliardi di km di distanza».

Un’impresa imponente, vista la forte diversità fisica e strutturale degli oggetti da ritrarre, la cui produzione è stata affidata – con consegna, peraltro, a strettissimo giro: appena un mese – a ReMedia group, azienda di comunicazione ed e-learning con quartier generale a Roma. Il team ha affrontato la sfida cercando di catturare ogni singolo oggetto isolandolo il più possibile dal contesto. Lo schema di navigazione del sito restituisce, attraverso la forza delle singole storie, tante delle sfumature di un luogo dalla storia lunga e articolata come Estec, invitando chi lo visita a costruire, anche attraverso i collegamenti e i tag che affiancano le descrizioni individuali, il proprio viaggio attraverso questo centro.

Backstage del progetto Esa Estec in 99 objects. Crediti: Esa/ReMedia

«Tentare di raccontare una struttura così avanzata e complessa come Esa-Estec lascia senza fiato», racconta Marco Manca, digital art director presso ReMedia group. «Avere la fortuna di poterne fotografare gli oggetti più emblematici vuol dire toccarne l’anima: un’essenza profonda racchiusa in ogni singolo soggetto, fatta di storie, persone ed emozioni».

Dopo i primi cinque giorni di photoshooting, dedicati ai primi 26 oggetti, erano stati totalizzati già 1200 scatti, da cui ne sono stati estratti circa 400 che, elaborati in seguito, hanno portato alla selezione delle immagini presentate sul sito. Non sempre è stato possibile collocare gli oggetti all’interno del set fotografico allestito a Estec per l’occasione: molti oggetti sono delicati o le loro dimensioni ne rendono difficile – talvolta impossibile – lo spostamento, quindi si è fatto ricorso a particolari attrezzature per lasciarne inalterate la prospettiva e la luce.

«Un oggetto che ha colpito particolarmente il nostro team è senza dubbio il Proba-3 internal occulter», aggiunge Manca, riferendosi all’elemento chiave del satellite Proba-3 (il cui lancio è previsto nel 2023) che produce un’eclissi artificiale del Sole per poter osservare la parte più esterna dell’atmosfera solare, la corona. «Avendone letto la descrizione e le caratteristiche prima di poterlo fotografare, eravamo convinti si trattasse di un oggetto dalle dimensioni importanti. Una volta entrati nel laboratorio, invece, ci siamo trovati di fronte ad un piccolo gioiello di pochi millimetri di diametro. Pensare a quanto ingegno, studio e capacità tecnica ci sia dietro un oggetto così minuto ci ha sbalorditi. Comprendere il potenziale e l’importanza di quanto avevamo davanti ai nostri obiettivi è stato fantastico».

Questa foto, scattata davanti all’edificio Erasmus di Estec, contiene (almeno) due degli oggetti presentati sul sito Estec in 99 objects. Riuscite a trovarli? Crediti: C. Mignone

Non poteva mancare, per respirare davvero l’atmosfera quotidiana di Estec, uno dei suoi abitanti più illustri: Micky the space cat, felino dal pelo fulvo che si aggira liberamente per gli enormi spazi aperti della facility, rubando sorrisi anche ai più imperturbabili tra scienziati e ingegneri. Sempre benvenuto presso la reception, il “gatto spaziale” ha addirittura il suo ufficio – un divano blu a pochi passi dall’ingresso – e una pagina Facebook con 1500 seguaci.

La piattaforma web si arricchirà di nuovi oggetti nel corso delle prossime settimane: gli addetti ai lavori consigliano di tenere d’occhio il sito per non perdere tutte le novità. Personalmente, avendo lavorato in quel di Estec per circa un decennio, mi aspetto di trovare, tra le prossime uscite, qualche istantanea dal centro di test più grande del continente, dotato di enormi camere anecoiche dove “nessuno può sentirti urlare” e di shaker su cui ai satelliti tocca danzare a ritmi sfrenati prima di poter intraprendere i loro viaggi extraterrestri. Visto il carattere a tratti intimistico della prima release, non mi stupirei però se facessero capolino anche le conchiglie del selciato, il legno invecchiato della facciata, fortemente voluto dall’architetto strutturalista Aldo van Eyck, i vassoi rosso sbiadito della mensa, gli impavidi gabbiani che si impadroniscono del cibo di chi, audace, osa pranzare all’aperto nei (rari) giorni di sole, oppure il trenino – lo Space Expo Space Train che, dal centro visite al di là del cancello, portava in giro, in tempi di assembramenti non sospetti, allegre comitive di famiglie e scolaresche in questo grande “zoo” che dall’Europa guarda verso lo spazio.

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