È LUNGHISSIMO E HA LA FORMA DI UNA DOPPIA ELICA, COME IL DNA

Morfologia del getto elicoidale dal cuore di M87

Con quei suoi filamenti doppi ricorda un cavatappi. O meglio, la struttura elicoidale del Dna. E si estende alla distanza record di 3300 anni luce dal buco nero centrale. È il getto di materia emesso dal cuore della galassia Messier 87, quella della prima “fotografia” di un buco nero. A ricostruirne il campo magnetico, grazie alle osservazioni con il Very Large Array, un team guidato da Alice Pasetto, astronoma mantovana oggi all’Università autonoma del Messico

     07/12/2021

Alice Pasetto, ricercatrice all’Università nazionale autonoma del Messico e prima autrice dello studio pubblicato su ApJL

Un getto di materia scagliato dal nucleo di una galassia gigante e incanalato da un campo magnetico a forma di cavatappi fino a una distanza record: quasi 3300 anni luce dal buco nero supermassiccio centrale. Più lontano, dunque, di qualunque campo magnetico mai rilevato in precedenza per un getto galattico. A scoprire lo straordinario fenomeno, usando il Karl G. Jansky Very Large Array (Vla) della National Science Foundation statunitense, è stato un team di astronomi guidato dall’italiana Alice Pasetto, ricercatrice all’Istituto di radioastronomia e astrofisica dell’Università nazionale autonoma del Messico.

«Producendo con il Vla immagini di alta qualità e a diverse lunghezze d’onda radio della galassia Messier 87 (M87), siamo stati in grado di rivelare per la prima volta la struttura tridimensionale del campo magnetico in questo getto», spiega Pasetto, sottolineando un altro aspetto degno di nota del fenomeno: la sua conformazione. «La materia del getto traccia una doppia elica, simile alla struttura del Dna».

Di origine veronese (è nata a Legnago), Pasetto ha vissuto fin da piccola a Mantova, e la sua passione per la scienza è iniziata già da bambina. «Ricordo le allora complicatissime conversazioni che nascevano con mio padre e mio zio, entrambi amanti dell’astronomia, che mi riempivano di curiosità ma allo stesso tempo mi riempivano di un senso di impotenza all’immaginare la vastità dell’universo», dice a Media Inaf. Una passione che l’ha fatta viaggiare da una parte all’altra del mondo – laurea a Bologna, PhD in Germania (a Bonn, al Max Planck), postdoc in Messico, dove si trova attualmente. E che l’ha portata a conoscere e utilizzare alcuni fra i più importanti radiotelescopi.

«Ricordo molto bene la mia prima visita al radiotelescopio di Medicina. Mi sentivo euforica e piena di felicità al sapere che finalmente mi trovavo davanti a un vero strumento con i quale si fa grande scienza», racconta. «Pure a Bonn ho avuto un amore immenso, che tutt’ora conservo, per il grande radiotelescopio di Effelsberg. La prima volta che l’ho visto sono rimasta senza fiato, tutta quella potenza ingegneristica non ci stava nel mio campo di vista!».

«Ho passato moltissime ore osservando al telescopio, e non dimenticherò mai la sensazione di stanchezza delle tre di notte – e la carica di energia che mi offriva la cioccolata che masticavo», continua Pasetto. Infine l’arrivo, appunto, alle 27 antenne del Vla, con le quali ha raccolto i dati del getto di M87 riportati nello studio pubblicato oggi su The Astrophysical Journal Letters. «Osservavo dalla cima di una delle antenne le altre sparse nell’immensità del deserto, e una sensazione di tranquillità mi ha istantaneamente riempito l’amino. Mi trovavo esattamente dove avevo sempre desiderato».

In alto, il getto radio di M87 osservato con il Vla a frequenze radio multiple. Il getto – che ha origine nel punto luminoso a sinistra, al centro della galassia dove risiede un buco nero supermassiccio – è lungo circa 8000 anni luce, e nella parte interna si può notare la struttura elicoidale a forma di cavatappi. In basso lo stesso getto visto in polarizzazione, una proprietà utile per tracciare le linee del campo magnetico. Queste linee seguono una struttura a doppia elica. Crediti: Passeto et al., Sophia Dagnello, Nrao/Aui/Nsf

M87, l’oggetto celeste a circa 55 milioni di anni luce dalla Terra studiato con il Vla da Pasetto e colleghi, è una celebrità: è la galassia ellittica gigante il cui buco nero centrale – circa 6,5 ​​miliardi di volte più massiccio del Sole – è balzato agli onori della cronaca il 10 aprile del 2019 per essere stato il primo buco nero di cui sia mai stato possibile ottenere una “fotografia”, grazie all’Event Horizon Telescope. Impresa replicata all’inizio di quest’anno con nuove immagini che, questa volta, tracciano il campo magnetico molto vicino al buco nero.

Il team guidato da Pasetto ha usato il Vla per rivelare i dettagli del campo magnetico, tracciando la polarizzazione delle onde radio da esso emesse e misurando la forza del campo stesso lungo diverse porzioni del getto. Il dati ottenuti – raccolti utilizzando la configurazione più ampia del Vla, quella che fornisce la risoluzione più elevata – hanno consentito di produrre immagini molto dettagliate del getto della galassia, come quelle che vedete qui sopra.

«Era previsto che vicino al buco nero i campi magnetici fossero elicoidali, e già si sapeva che svolgono un ruolo molto importante nell’incanalare la materia in un getto collimato, ma non ci aspettavamo di trovare un campo elicoidale così forte, in grado di estendersi a distanze così grandi», dice uno dei coautori dell’articolo, José-Maria Martí, dell’Università di Valencia.

Man mano che la distanza dal buco nero aumenta, infatti, ci si attende che il campo magnetico si indebolisca. Tuttavia, suggeriscono gli autori dello studio, l’instabilità fluidodinamica del flusso di materia all’interno del getto (la cosiddetta instabilità di Kelvin-Helmholtz), producendo regioni di maggiore pressione che comprimono anche le linee del campo magnetico, potrebbe rendere – alle distanze osservate nelle nuove immagini del Vla – il campo magnetico più ordinato. E proprio questa interazione tra le instabilità del flusso di materia e il campo magnetico sarebbe ciò che dà luogo alla struttura a doppia elica emersa dalle osservazioni del Vla. Non solo: se questo accade nel getto di M87, è probabile che si verifichi anche in getti analoghi emessi da altre galassie, ovunque nell’universo.

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