QUANDO SI PARLA DI MOBILITÀ SOSTENIBILE

Un rover costoso, ma spaziale

Mezzo secolo fa il collaudo del “Moon Buggy”: venne usato solo tre volte ma aprì nuove strade alla fisica e alla robotica. Ne parla un articolo di Patrizia Caraveo pubblicato domenica sul Sole24Ore, ripreso oggi da Media Inaf con il consenso dell’autrice

     13/07/2021

Il rover lunare durante la missione Apollo 15. Crediti: Wikimedia Commons

Chi pensa che lo sviluppo dell’auto elettrica sia stato pieno di difficoltà dovrebbe andarsi a rileggere le critiche feroci di cui fu oggetto il progetto dei rover elettrici all’interno del programma Apollo. Avrebbero permesso agli astronauti di aumentare il loro raggio di azione per esplorare regioni più estese del suolo lunare, ma non erano senza prezzo.

Se Wernher von Braun e Rocco Petrone non fossero stati convinti dei benefici della mobilità lunare, forse il progetto non si sarebbe concretizzato. Invece, quella che venne definita l’auto più costosa della storia ebbe il suo collaudo lunare giusto mezzo secolo fa, quando David Scott e James Irwin la estrassero dal vano bagagli di Falcon, il modulo lunare della missione Apollo 15, il 31 luglio 1971. I giornalisti l’avevano chiamato Moon Buggy, ma alla Nasa era noto come Lvr (Lunar Roving Vehicle), una creazione della General Motors, che sapeva di non poter sbagliare. Gli occhi di tutti sarebbero stati sul rover lunare, la vera novità della missione Apollo 15 che aveva riacceso l’entusiasmo mediatico sul programma lunare.

All’inizio le ruote anteriori si rifiutarono di sterzare, ma si decise di fare lo stesso un giretto di prova che risultò sobbalzante ma pienamente soddisfacente. Misteriosamente, il giorno dopo, quando gli astronauti presero posto sul rover per fare un tragitto più lungo, tutto era tornato nominale. Non si capì mai cosa fosse successo, ma tant’è. Dopo un’esplorazione dei dintorni, nell’ultima uscita il rover venne guidato fino ai piedi del monte Hadley, coprendo la distanza di 5 km con diverse fermate per la raccolta di campioni. Il rover, pur utilizzato solo tre volte, si era dimostrato un ottimo investimento e aveva permesso di riportare ben 77 kg di campioni lunari. Apollo 15 ebbe anche un interessante risvolto di fisica fondamentale. Alla fine dell’ultima uscita, il comandante Scott, davanti alla telecamera, prese con una mano il pesante martello da geologo e con l’altra una piuma di falco (dopo tutto, avevano chiamato il loro Lem Falcon) e li lasciò cadere per dimostrare che, in condizioni di vuoto, i due impiegano lo stesso tempo ad arrivare al suolo. Galileo avrebbe apprezzato.

Nel caso di Apollo 16 gli spostamenti si allungarono a 11 chilometri con velocità che toccò punte di 17 km all’ora. Durante la missione Apollo 17 si verificò un curioso incidente. Alla fine della prima uscita, il martello cadde dalla tasca di Eugene Cernan staccando un pezzo di parafango del veicolo lunare. Senza protezione contro la polvere lunare sarebbe stato difficile guidare il rover e Cernan costruì un nuovo parafango unendo con nastro adesivo le sue mappe lunari.

Rappresentazione artistica del Lunar Cruiser, il nuovo prototipo di veicolo lunare di Jaxa e Toyota. Crediti: Jaxa

Tre gloriose auto elettriche parcheggiate sulla Luna ma non più utilizzabili, perché dotate di batterie non ricaricabili.

I nuovi visitatori lunari avranno certamente veicoli più performanti pensati sia per esplorare sia per abitare, visto che la Toyota sta sviluppando un camper lunare. In ogni caso sarà mobilità sostenibile alimentata da pannelli solari o da idrogeno. Le missioni future dureranno molto di più di quelle Apollo e dovranno mappare le risorse lunari in vista del loro sfruttamento commerciale. È un esempio del nuovo approccio all’avventura spaziale che unisce l’economia alla scienza. Si chiama Space Economy e consiglio a chi volesse saperne di più il bel quadro che ne dà Emilio Cozzi nel suo libro Spazio al futuro (edizioni Bfc Books).

La lezione della mobilità, imparata sulla Luna, è stata applicata nella sua variante robotica su Marte, dove il primo test del piccolo rover Sojourner ha aperto la strada agli straordinari Spirit e Opportunity, poi raggiunti dai Suv marziani Curiosity e, da poco, Perseverance, che è partita con il piccolo elicottero Ingenuity ripiegato sotto il telaio. Avendo acquisito la mobilità al suolo, la Nasa aveva deciso che era arrivato il momento di volare nella rarefatta atmosfera di Marte. Quello che è stato definito il momento Fratelli Wright su Marte è avvenuto nell’aprile scorso. Molta trepidazione nella sala di controllo perché l’atmosfera di Marte è molto tenue e il piccolo Ingenuity si trovava a volare in un ambiente veramente difficile. Invece tutto è andato secondo i piani, sia con il primo volo, sia con i successivi, tanto che ora è diventato la guida dall’alto di Percy. Si tratta di voli brevi, perché Ingenuity ha piccoli pannelli solari che non gli consentono grande autonomia, ma che nascondono un segreto: un frammento del tessuto utilizzato per il primo aereo dei Fratelli Wright, nel 1903.

Un pezzo di storia dell’aviazione alla conquista dei cieli di Marte.