L’APPRENDIMENTO AUTOMATICO ACCELERA LE SIMULAZIONI COSMOLOGICHE

Universo a super-risoluzione con le reti neurali

Un cosmo simulato, ma senza compromessi: volume enorme e risoluzione elevatissima. Ottenuto grazie a reti neurali messe “in concorrenza” fra loro. C’è riuscito un gruppo di ricercatori statunitensi, il risultato è descritto nell’ultimo numero di Pnas e del team che lo ha firmato fa parte anche una cosmologa italiana oggi alla Carnegie Mellon University, Tiziana Di Matteo. L’abbiamo intervistata

     06/05/2021

Tiziana Di Matteo, direttrice del Centro di cosmologia e professoressa al Dipartimento di fisica della Carnegie Mellon University, Usa

Immaginate di prendere una fotografia, per esempio una classica foto di classe di fine anno. Una fotografia a buona risoluzione, diciamo una decina di megapixel. Sufficiente a riconoscere perfettamente i volti e altri particolari. Ma non per distinguere, per esempio, la trama del filo che tiene insieme i bottoni della giacca dell’ultimo alunno lì sulla sinistra: per quello magari servirebbero una decina di gigapixel – mille volte di più. Ebbene, ci sono algoritmi che riescono a compiere questa incredibile conversione: facendo emergere – ricostruendo? indovinando? inventando? – quel filo e miliardi di altri dettagli che nella foto originale semplicemente non ci sono. Una tecnica quasi al confine con l’impossibile che va sotto il nome di super-risoluzione. Una tecnica fino a pochi anni fa inimmaginabile resa oggi realtà dall’intelligenza artificiale.

Ed è proprio con algoritmi di machine learning – in questo caso, ricorrendo a reti neurali particolari dette reti generative avversarie – che un team di ricercatori del Flatiron Institute newyorkese e di altre università statunitensi è riuscito a “creare” un intero universo. Partendo da un universo simulato a bassa risoluzione (l’equivalente della nostra foto di classe di partenza, diciamo) e facendolo arricchire di dettagli dall’intelligenza artificiale fino a ottenere un universo a risoluzione enormemente più elevata: contiene 512 volte il numero di “particelle” di quello di partenza. E tutto in un tempo brevissimo, inimmaginabile con tecniche di simulazione tradizionali. Lo studio è ora pubblicato su Pnas e del team che lo ha condotto fa parte anche un’astrofisica nata in Italia – a Bologna, dove ha vissuto fino a 16 anni – poi laurea e dottorato in Inghilterra e approdata infine negli Stati Uniti, dove oggi è direttrice del Centro di cosmologia e professoressa al Dipartimento di fisica della Carnegie Mellon University. Si chiama Tiziana Di Matteo e l’abbiamo intervistata.

In alto, un dettaglio di universo simulato a bassa risoluzione. Al centro lo stesso dettaglio ad alta risoluzione. In basso, a super-risoluzione. Crediti: Yin Li et al., Pnas, 2021

Per due anni il vostro sistema non rispondeva, poi all’improvviso si è messo a funzionare. Cos’è accaduto?

«In realtà ci sono stati progressi graduali che hanno continuato a migliorare i risultati. Il più rilevante è stata l’adozione del Wasserstein Gan (rete generativa avversaria con tuning minimo degli iperparametri), un algoritmo di machine learning che ha provveduto a fornire un modello con convergenza stabile».

Per aumentare la risoluzione delle simulazioni di partenza, i vostri algoritmi devono anche incrementarne la popolazione. Danno dunque origine a nuovi oggetti?

«Sì, danno origine a tutta la popolazione di galassie, come la nostra Via Lattea, fino alle galassie nane, quando nelle simulazioni di partenza c’erano solo ammassi di galassie».

E lei, da cosmologa, si fida di un universo che non solo è simulato al computer, ma addirittura migliorato attraverso tecniche di intelligenza artificiale?

«Sì, mi fido. Un computer che impara l’universo… è fantastico, potremmo dire quasi magico! Non sono affatto scettica, perché abbiamo misurato in dettaglio tutte le quantità statistiche delle popolazioni di galassie nel nostro modello a super-risoluzione – generato con l’intelligenza artificiale, appunto – e le abbiamo confrontate quantitativamente con la simulazione fisica diretta. Non abbiamo trovato nessuna discrepanza! L’intelligenza artificiale ha imparato tutta la fisica dell’universo – almeno quella che conosciamo noi, quella che mettiamo nelle nostre più sofisticate simulazioni».

È impressionante anche l’abbattimento del tempo di calcolo: rispetto ad algoritmi classici, leggo che siete passati da 560 ore a 36 minuti. Quasi mille volte più veloci. C’è qualche problema astrofisico finora inaffrontabile che nel prossimo futuro, proprio grazie a queste performance, potrebbe essere risolto?

«Sì: simulare tutto l’universo osservabile. Vale a dire, un volume gigantesco, che nessun super-computer potrebbe calcolare. Con tutto quello che contiene: dagli ammassi di galassie alle galassie più piccole, fino ai buchi neri».

C’è un limite a queste tecniche? A queste simulazioni dell’universo a super-risoluzione, secondo lei?

«Ancora non lo so… È affascinante: i nostri risultati sono solo l’inizio di quest’esplorazione, certo non abbiamo ancora raggiunto il limite».


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