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Backreaction: un buco nero nella vasca da bagno

Grazie al parallelismo sperimentale fra un buco nero e un vortice di scarico in una vasca, un team di ricercatori del Regno Unito ha dimostrato la misurabilità del fenomeno della “backreaction”, simulato attraverso una serie di onde monocromatiche superficiali che attraversano il vortice d’acqua. I risultati potrebbero avere implicazioni sperimentali e teoriche importanti per indagare in laboratorio fenomeni astrofisici estremi, come l’evaporazione dei buchi neri

     02/02/2021

Una vasca da bagno rivelatoria e ispirante, come nella storia dell’eccezionale incontro che ha portato Al – il protagonista del libro Buchi neri nel mio bagno di schiuma, dello scienziato indiano C.V. Vishveshwara – alla scoperta dei segreti delle equazioni di Einstein, della gravitazione relativistica e dei buchi neri, ha stuzzicato un team di fisici del Regno Unito, incoraggiandoli ad approntare un nuovo esperimento rivelatore. I protagonisti: proprio i buchi neri.

Esperimento di laboratorio con la simulazione di un buco nero attraverso un vortice generato in un serbatoio d’acqua per dimostrare la backreaction. Crediti: università di Nottingham.

Alla base, l’incredibile somiglianza fra buchi neri e vortici d’acqua come quelli che vediamo defluire dalla nostra vasca quando, terminato il nostro bel bagno di schiuma, togliamo il tappo. A quel punto, se un’onda si avvicina troppo al buco di scarico, viene trascinata dentro, incapace di sfuggire.

Il parallelismo fra idrodinamica e gravità è stato portato avanti da fisici sperimentali di tutto il mondo negli ultimi decenni, allo scopo di sviluppare modelli analoghi alla gravità per testare fenomeni gravitazionali in un ambiente di laboratorio controllato. Questo approccio si è rivelato un successo nell’utilizzo della meccanica dei fluidi per imitare il comportamento dei campi attorno ai buchi neri e ha portato, fra le altre cose, a osservare la radiazione di Hawking in un esperimento che simulava un buco nero e sfruttava l’ottica quantistica. In questo stesso contesto, un modello particolarmente semplice di buco nero rotante si può infatti ottenere osservando onde superficiali che si propagano su un flusso di fluido in rotazione: il cosiddetto vortice drenante della vasca da bagno (in inglese draining bathtub vortex, Dbt).

In un nuovo studio pubblicato su Physics Review Letters, un team di ricercatori delle università inglesi di Nottingham e Cambridge ha progettato e realizzato un serbatoio d’acqua con un vortice di scarico per simulare un buco nero e ha mostrato, per la prima volta, che quando le onde vengono inviate in questo analogo sperimentale di un buco nero le proprietà del buco nero stesso possono cambiare in modo significativo. Il meccanismo alla base di questo effetto ha una spiegazione piuttosto semplice: quando le onde si avvicinano allo scarico, spingono effettivamente più acqua giù per il foro d’uscita, facendo diminuire la quantità totale di acqua contenuta nel serbatoio. Questo si traduce in un cambiamento nell’altezza dell’acqua, che nella simulazione corrisponde a un cambiamento nelle proprietà del buco nero.

Il fenomeno fisico caratteristico indagato in questo esperimento è alla base di una delle assunzioni comunemente impiegate in setup sperimentali come questo: che le onde si propaghino su uno sfondo fisso. Questa assunzione è necessariamente violata sia nei sistemi idrodinamici che gravitazionali, poiché esistono piccole fluttuazioni che guidano l’evoluzione del fondo e che si esprimono matematicamente come termini non lineari nelle equazioni del moto. Questo processo è noto come backreaction: è la trasposizione, in un campo gravitazionale, dell’assunzione secondo cui, quando osserviamo una particella in equilibrio elettrostatico, diciamo che il suo campo elettrico e magnetico sono nulli. Questo è certamente vero a livello macroscopico, non lo è invece su scale microscopiche – come quelle atomiche, ad esempio. L’assunzione si basa su una sorta di media effettuata in volumi sufficientemente grandi. Nel caso in esame – un vortice d’acqua come quello dell’esperimento, o di un buco nero nella metrica spazio-temporale dell’universo – la giustificazione usuale per trascurare questo fenomeno è che nelle equazioni che descrivono la teoria delle perturbazioni – e cioè le fluttuazioni attorno al vortice – esso appare al secondo ordine, avendo in prima istanza poca influenza sulle fluttuazioni stesse. Il problema tuttavia sorge in un secondo momento, con la crescita nel tempo del contributo di questi termini, che li porta a diventare significativi nel determinare la dinamica della trama sulla quale si svolgono i fatti.

«Per molto tempo non è stato chiaro se la backreaction avrebbe portato a un cambiamento misurabile in sistemi di laboratorio in cui il flusso del fluido è guidato, per esempio, utilizzando una pompa dell’acqua», spiega Sam Patrick, primo autore dello studio e ricercatore postdoc della Scuola di scienze matematiche dell’università di Nottingham. «Ora abbiamo dimostrato che gli analoghi dei buchi neri [i buchi neri di laboratorio, ndr], così come le loro controparti gravitazionali, sono sistemi intrinsecamente soggetti a backreaction. Abbiamo dimostrato che le onde che si muovono in una vasca da bagno spingono l’acqua giù per il buco di scarico, modificando significativamente la velocità di scarico e di conseguenza cambiando l’effettiva attrazione gravitazionale dell’analogo del buco nero stesso».

L’esperimento di laboratorio consisteva, come spiegano gli autori, nel diffondere onde superficiali monocromatiche attraverso un vortice Dbt in modo controllato. Il vortice viene generato pompando acqua a una portata definita in un serbatoio rettangolare – di dimensioni 2.65 × 1.38 metri – e facendola defluire attraverso un foro di raggio 2 cm situato nel centro. Una volta che il vortice raggiunge condizioni di equilibrio, gli scienziati generano le onde superficiali monocromatiche utilizzando una serie di pistoni controllati elettricamente. I risultati hanno dimostrato che onde superficiali che interagiscono con un vortice inizialmente stazionario innescano un processo di evoluzione nel fondo – il sistema di riferimento, la trama sulla quale si muove il vortice – che lo allontana dall’equilibrio. Questa evidenza sperimentale dimostra che la backreaction è un fenomeno effettivamente osservabile e significativo – in un vortice d’acqua così come in un buco nero.

«Ciò che ci ha davvero colpito è che la backreaction è abbastanza grande da far scendere l’altezza dell’acqua nell’intero sistema, tanto da poterla vedere a occhio», sottolinea Patrick. «Questo è davvero inaspettato. Il nostro studio apre la strada per sondare sperimentalmente le interazioni tra le onde e lo spaziotempo in cui esse si muovono. Per esempio, questo tipo di interazione sarà cruciale per studiare l’evaporazione dei buchi neri in laboratorio».

Nel futuro di questo progetto, inoltre, gli autori prevedono di usare simulatori quantistici per simulare le condizioni dell’universo primordiale e dei primi buchi neri e simulare in laboratorio, ad esempio, processi quantistici in atto nei buchi neri.

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