CON IL COMMENTO DI ROBERTO RAGAZZONI (INAF)

Cheops scansa un detrito spaziale cinese

Frammenti di missioni spaziali – razzi, strumenti, satelliti – del passato sono intrappolati in orbita intorno alla Terra, e rappresentano vere e proprie mine vaganti da scansare per le missioni attualmente operative. Lo scorso primo ottobre l’ufficio dell’Esa deputato al monitoraggio dei detriti spaziali ha lanciato il primo allarme per il telescopio spaziale Cheops. Nonostante il preavviso ridotto rispetto alle operazioni routinarie di aggiustamento delle orbite gestite da Esa, la manovra è stata eseguita con successo, con uno spreco di carburante irrisorio e solo una notte osservativa perduta

     09/11/2020

Rappresentazione dell’incontro fra Cheops e il frammento del satellite Cinese. Crediti: Esa/Nasa/G.Schwarz

Se pensate che fuoriuscire dall’atmosfera terrestre significhi trovarsi nella quiete cosmica, dove regna l’assenza di rumore e il vuoto attorno a voi non trova orizzonti a limitarlo, purtroppo vi sbagliate. Sin dal 1957, anno che segna l’inizio dell’era spaziale, frammenti di satelliti, di razzi e navicelle spaziali sono andati accumulandosi in orbita attorno alla Terra, e costituiscono ormai un vero e proprio terreno minato per la strumentazione orbitante – come la stazione spaziale internazionale, telescopi e satelliti. L’Ufficio detriti apaziali dell’Esa (Esa-Sdo) monitora costantemente l’evoluzione della configurazione dei detriti che volano incontrollati in un’orbita terrestre, e ogni anno pubblica un rapporto aggiornato sullo stato dell’ambiente spaziale. La situazione dell’inquinamento ambientale nello spazio si è fatta urgente e costituisce oggi una vera e propria emergenza, tanto che il programma di sicurezza spaziale dell’Esa ha ora stilato delle linee guida internazionali per l’uso sostenibile dello spazio. Fra queste, ad esempio, la raccomandazione di progettare razzi e veicoli spaziali con l’accortezza di ridurre al minimo la quantità di “perdite” – materiale che si stacca durante il lancio e la messa in orbita, a causa dell’entrata in relazione con le condizioni dello spazio, oppure la proposta di spostare le missioni defunte dall’orbita di funzionamento a un’orbita “cimitero”.

All’inizio di ottobre, per la prima volta dopo il lancio avvenuto lo scorso 18 dicembre 2019, l’allarme ha riguardato il telescopio spaziale Cheops, che ha dovuto effettuare una manovra d’emergenza – andata a buon fine – a causa di un detrito spaziale cinese. Incontri come quello evitato da Cheops possono essere estremamente pericolosi, perché i resti vaganti in orbita terrestre viaggiano attraverso lo spazio a velocità molte volte superiori a quelle di un proiettile: lo scontro tra un frammento del diametro di appena 1 cm con un altro oggetto rilascia l’energia di una bomba a mano in esplosione.

«Tutti i satelliti in orbita bassa – l’orbita più “affollata” – hanno più o meno un tasso di una manovra all’anno, quindi siamo nella media considerando che Cheops è stato lanciato poco meno di un anno fa», dice a Media Inaf Roberto Ragazzoni, direttore della sede padovana dell’Inaf e membro del team di Cheops. «Tutti i satelliti non attivi “decadono” quindi in quella zona. Non si può dire che ci siano orbite più sicure di altre – se non che le più lontane sono quelle destinate a essere meno “visitabili” da detriti, la cui altezza di volo decade».

L’incontro – mancato, anche grazie alla manovra – era con un detrito, grande circa quanto un cartone di latte, del Fengyun 1C, un satellite metereologico in orbita polare che nel 2007 era stato deliberatamente colpito da un cosiddetto veicolo ad energia cinetica. Dei diecimila detriti che si stima essere stati prodotti, sono circa 3000 quelli conosciuti e seguiti nella loro evoluzione orbitale – fra cui, ovviamente, quello di cui si parla.

«A meno di un altro episodio di distruzione in orbita di un satellite non mi aspetto che il numero di satelliti in orbita bassa che sfuggano di controllo possa aumentare a breve», continua Ragazzoni. «Le cosiddette megacostellazioni di cui si parla tanto in questi giorni sono satelliti controllati. Una frazione potrebbe sfuggire per qualche malfunzionamento, ma si tratterebbe giusto di una manciata di casi, non di migliaia. Bisogna anche tenere conto che, nel loro processo di decadimento, i detriti in orbita bassa a un certo punto rientrano in atmosfera. Oltre 500 detriti del satellite cinese di cui parliamo sono già rientrati, per cui mi aspetto che nei prossimi anni di vita di Cheops il tasso si mantenga costante – circa un episodio all’anno».

Non appena un potenziale pericolo si avvicina a un satellite attivo o ad una capsula spaziale, l’ufficio Esa-Sdo emette un avviso e propone una correzione dell’orbita. Solitamente, avvisi di collisione vengono emessi da 3 a 7 giorni prima dell’avvicinamento dell’oggetto in questione. Nel caso del telescopio Cheops, l’avvertimento è giunto con un preavviso inferiore, rendendo necessario un intervento rapido e tempestivo. Gli scienziati sono stati avvisati della manovra e una serie di osservazioni pianificate è andata “cancellata” – ovvero rimandata per un periodo successivo. È la stessa Esa la responsabile del volo del satellite, quindi per il team di Cheops c’è stato solo bisogno di sospendere e riprogrammare le osservazioni. I calcoli avevano mostrato che, nel punto di massimo avvicinamento, il pezzo di detriti si sarebbe avvicinato a una distanza inferiore a 500 metri dal telescopio spaziale, mentre la distanza radiale fra i due sarebbe stata di soli 13 metri. Inoltre, dal momento che da Terra il contatto con il telescopio viene stabilito solo due volte al giorno, il comando per la correzione dell’orbita doveva essere inviato al computer di bordo con mezza orbita terrestre anticipata.

Distribuzione dei detriti spaziali attorno alla Terra. Crediti: Esa

«Lo standard di Esa è di eseguire una manovra quando il rischio di collisione è 1:10mila. Quindi, non fare la manovra significava avere comunque una probabilità del 99.99 per cento che non succedesse nulla», spiega Ragazzoni. «In caso di scontro, trattandosi di oggetti di dimensione di vari centimetri, penso che avremmo perso il satellite e si sarebbero generati altri detriti, una sorta di reazione a catena nota come sindrome di Kessler. Come si capisce dai numeri, Esa adotta un approccio molto conservativo, del tutto comprensibile considerando la quantità di risorse, umane ed economiche, investite in un satellite come Cheops. Quindi, dormiremo sonni tranquilli, almeno su questo fronte».

L’orbita di sicurezza raggiunta da Cheops si trovava 56 metri sotto l’orbita precedente. La procedura di correzione di rotta è cominciata il primo ottobre e, durante l’intera manovra, lo strumento è stato spento per motivi di sicurezza. Il 2 ottobre, alle 0:52 Utc, il computer di bordo ha acceso i propulsori di controllo di Cheops per 1.5 secondi e ha corretto con successo l’orbita. Il telescopio spaziale è stato quindi in grado di tornare in modalità operativa. Il pezzo di rottame è volato oltre Cheops il 2 ottobre alle 1:41 Utc a una velocità relativa di 3.140 metri al secondo e a una distanza di sicurezza di circa un chilometro, senza causare alcun danno.

Bilancio dell’incidente: Cheops ha consumato una quantità trascurabile di carburante per effettuare la manovra, solo un giorno di tempo osservativo è andato perduto ed è stata quindi riprogrammata la schedula osservativa.