TROVATO IL LEGAME TRA FORMA DEL BUCO NERO E ONDE GRAVITAZIONALI

Il buco nero d’autunno è a forma di castagna

Grazie a simulazioni numeriche relativistiche, un gruppo di scienziati ha per la prima volta dimostrato la relazione fra segnale gravitazionale emesso dalla fusione di due buchi neri di massa diversa e la forma del buco nero risultante. Il buco nero finale, simile a una castagna, produrrebbe picchi di frequenza multipli – i cosiddetti cinguettii – rilevabili se la linea di vista sul sistema è parallela al piano orbitale della fusione. I dettagli su Communications Physics

     09/10/2020

Rappresentazione artistica della cuspide di un buco nero. Crediti: Christopher Evans (Georgia Tech), Juan Calderón Bustillo (IGFAE, USC)

I buchi neri sono oggetti davvero singolari. Ai margini della loro singolarità, in quella regione definita propriamente orizzonte degli eventi, si definisce il confine oltre il quale il campo gravitazionale del buco nero è talmente intenso che la velocità di fuga da esso è superiore alla velocità della luce. Risultato, il buio più totale. Un buio che, ne sanno qualcosa gli astronomi, spesse volte coinvolge anche la conoscenza.

I buchi neri sono creature silenziose e – come pozzi senza fondo – ingoiano qualunque cosa vi si avvicini troppo. Tuttavia, quando due buchi neri si scontrano e si fondono insieme producono eventi fra i più catastrofici dell’universo: in una frazione di secondo, si genera un buco nero altamente deformato che rilascia enormi quantità di energia mentre si assesta nella sua forma finale. La radiazione gravitazionale emessa durante questa fase di rilassamento offre agli scienziati un’opportunità unica per sondare la gravità estrema di questo ambiente e la sua connessione con la dinamica dell’orizzonte del buco nero.

Anche se la collisione fra buchi neri non produce radiazione elettromagnetica visibile, è possibile rilevare direttamente il fenomeno attraverso le onde gravitazionali prodotte – deformazioni nella trama dello spaziotempo che si propagano come piccole increspature sulla superficie calma di un lago. Tali onde, dicono gli scienziati, sono la chiave per comprendere a fondo la gravità einsteiniana e, per raggiungere tale obiettivo, occorre indagare nel dettaglio il comportamento del buco nero risultate dalla fusione. Lo ha fatto, con un dettaglio senza precedenti, un gruppo di scienziati guidato da Juan Calderón BustilloMarie Curie Fellow dell’Istituto galiziano di Fisica delle Alte Energie a Santiago de Compostela, in Spagna. I risultati sono stati pubblicati su Communications Physics.

Utilizzando simulazioni numeriche che considerano la fisica relativistica, i ricercatori hanno indagato e finalmente stabilito una connessione tra parametri misurabili delle onde gravitazionali e caratteristiche geometriche dell’orizzonte dinamico del buco nero finale. In altre parole, le onde gravitazionali codificherebbero la forma della fusione dei buchi neri mentre la fusione si assesta nel suo prodotto finale. «Abbiamo eseguito simulazioni di collisioni di buchi neri utilizzando supercomputer e poi abbiamo confrontato la forma in rapido cambiamento del buco nero risultante con le onde gravitazionali che emette» spiega uno dei coautori Christopher Evans, studente presso il Georgia Institute of Technology, negli Stati Uniti. «Abbiamo scoperto che questi segnali sono molto più ricchi e complessi di quanto si pensasse, e che ci permettono di saperne molto di più sulla forma estremamente mutevole del buco nero finale».

Le onde gravitazionali provenienti dalla collisione dei buchi neri sono segnali generalmente molto semplici e si definiscono in gergo “cinguettii” – in inglese chirps. Quando i due buchi neri si avvicinano l’uno all’altro, emettono un segnale che cresce in frequenza e ampiezza, proporzionalmente alla velocità e al raggio dell’orbita: il passo e l’ampiezza del segnale emesso aumentano cioè man mano che i due buchi neri si avvicinano sempre più velocemente. Dopo la collisione, il buco nero nascente emette un segnale con intonazione costante e ampiezza decrescente, come il suono di una campana che viene colpita. Questo principio è coerente con tutte le osservazioni di onde gravitazionali finora effettuate, quando il sistema viene studiato guardando la collisione dall’alto.

Le sorprese arrivano però quando la collisione fra due buchi neri di massa diversa viene osservata dal piano equatoriale, ovvero quando la linea di vista è parallela al piano orbitale. «Le simulazioni hanno mostrato che in questo caso il segnale emesso è più complesso, con un’intonazione che va su e giù diverse volte prima di morire», spiega Calderón Bustillo. «Detta in altri termini, il buco nero in realtà cinguetta più volte».

Gli scienziati hanno scoperto che questo fenomeno è legato alla forma del buco nero finale, che si comporta come una sorta di faro a onde gravitazionali: quando i due buchi neri originali “genitori” hanno dimensioni – cioè masse – diverse, il buco nero finale ha una forma inizialmente somigliante a una castagna, con una cuspide da un lato e un fondo più largo e liscio dall’altro – che per semplicità possiamo chiamare “dorso”. Le onde gravitazionali emesse dal nuovo, singolare, oggetto sarebbero più intense attraverso le regioni in cui la curvatura dello spaziotempo è più estrema, ovvero quelle che circondano la cuspide. Ciò avviene perché anche il buco nero risultante gira su sé stesso, e cuspide e dorso puntano ripetutamente in tutte le direzioni, proprio come la luce di un faro, producendo molteplici cinguettii.

In particolare, le simulazioni mostrano chiaramente come il passaggio sulla linea di vista di una forma a “cuspide” associata a un lato dell’orizzonte del buco nero finale sia correlato proprio con l’emissione di un “cinguettio” – un picco di frequenza nelle onde gravitazionali emesse dopo la fusione. Questi cinguettii post-fusione, concludono gli scienziati, dovrebbero poter essere osservati e analizzati man mano che la sensibilità di LigoVirgo aumenta, e in seguito con la messa in opera di rivelatori di seconda generazione come Lisa e il telescopio Einstein.

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