PRIMA LUCE PER LE OTTICHE CORRETTIVE

Weave Pfc brinda con Vega alle Canarie

Acronimo per “Wht Enhanced Area Velocity Explorer”, Weave è un nuovo spettrografo in grado di osservare fino a 960 sorgenti celesti contemporaneamente – il primo fra gli spettrografi multifibre ad alta risoluzione a grande campo, destinato al Wht, il telescopio William Herschel da 4,2 m sull’isola di La Palma, alle Canarie. Il suo nuovo correttore ottico, Pfc, ha acquisito le prime immagini la settimana scorsa

     17/09/2020

L’arrivo di Wave al Wht. Crediti: Iac

La settimana scorsa, venerdì 11 settembre, si è celebrata la “prima luce” – così gli astronomi chiamano la prima acquisizione di fotoni da parte di strumenti e telescopi – delle ottiche del primo fuoco dello spettrografo Weave: l’immagine di Vega, una fra le stelle più brillanti del cielo.

«Weave è il primo fra gli spettrografi multifibre ad alta risoluzione a grande campo, e l’unico collocato nell’emisfero Nord – sul William Herschel Telescope (Wht), all’osservatorio di Roque de los Muchachos, sull’isola di La Palma, alle Canarie», spiega a Media Inaf Adriano Fontana, rappresentante dell’Istituto nazionale di astrofisica nel board dello strumento. «Nonostante l’impatto della crisi pandemica, negli ultimi mesi sono stati compiuti importanti progressi: siamo riusciti a montare le ottiche del primo fuoco, tra le quali la lente correttrice da un metro e, appunto, lo spettrografo».

Il nuovo correttore (Pfc) posto sul primo fuoco – composto di sei lenti (vedi schema qui sotto) – era arrivato al Wht il 23 giugno scorso. Il 31 agosto è invece stato il turno di Weave, approdato alle Canarie dopo un viaggio di 4000 km – in camion e in barca – partito da Dwingeloo, dove si trova la sede del team Nova di Astron, l’istituto di radioastronomia dei Paesi Bassi. Weave è uno spettrografo a doppio braccio (un prisma dicroico a 590 nanometri separa la luce fra i bracci blu e rosso) ed è in grado di osservare fino a 960 sorgenti celesti contemporaneamente. L’arrivo dei rivelatori è in programma entro la fine dell’anno, e l’acquisizione delle prime immagini con lo strumento montato sul telescopio all’inizio del 2021. Dopodiché Weave sarà pronto per la lunga campagna osservativa che lo attende.

Rappresentazione schematica del correttore di primo fuoco (Pfc), con le sue sei lenti. Crediti: Emilie Lhomé et al., Iac

«Lo scopo delle otto survey Weave è di studiare la formazione e l’evoluzione delle galassie», spiega Antonella Vallenari dell’Inaf di Padova, rappresentante per l’Italia nel comitato esecutivo dello strumento, «partendo dalla Via Lattea ed estendendosi alle galassie lontane. Nella nostra galassia, la missione Gaia sta fornendo distanze e velocità di quasi due miliardi di stelle, rivoluzionando la nostra comprensione di come la Via Lattea si sia formata. Però per sfruttare appieno il potenziale dei dati di Gaia mancano alcune informazioni fondamentali: la prima è la composizione chimica delle stelle, che ci dà informazioni sull’età e quindi ci fornisce un “orologio” per datare il processo di formazione. La seconda informazione è fornita dalla velocità delle stelle più deboli: queste velocità mantengono memoria degli episodi di accrescimento, dove la Via Lattea ha inglobato galassie più piccole. La terza informazione riguarda le stelle giovani e il gas interstellare».

«Velocità e chimica ci dicono come la nostra galassia si è formata ed evoluta. Weave fornirà le informazioni mancanti per capire la Via Lattea. Questo studio», aggiunge Vallenari, «verrà esteso alle galassie esterne, per vedere come le loro proprietà chimiche e dinamiche si raccordano a quelle della Via Lattea, come cambia la formazione della strutture luminose negli ultimi sette miliardi di anni, in funzione del redshift, come si sono formati gli ammassi di galassie, nuclei galattici attivi, e quali informazioni ci forniscono i quasars sullo  stato fisico dei barioni alla reionizzazione. Con tre strumenti – tre canali spettroscopici che coprono quasi tutto lo spettro visibile – Weave produrrà 30 milioni di spettri per 10 milioni di oggetti in 5 anni».

La partecipazione italiana coinvolge gli osservatori Inaf di Padova, Bologna, Milano, Torino, Firenze, Napoli, Catania, Palermo, Cagliari e il Telescopio nazionale Galileo, dove risiederà l’archivio pubblico. L’Inaf fa anche parte delle istituzioni che hanno finanziato la costruzione dello strumento.

Correzione del 19.09.2020: alle sedi Inaf coinvolte nel progetto è stata aggiunta Palermo