QUANDO LA FUSIONE DI DUE BUCHI NERI GENERA LUCE

Un’illuminante scoperta nei pressi di un buco nero

Grazie alla Zwicky Transient Facility del Caltech, gli astronomi hanno rilevato un flare da un quasar distante, a pochi giorni dalla rilevazione delle onde gravitazionali generate dalla fusione di due buchi neri avvenuta il 21 maggio 2019 da parte di Ligo/Virgo – flare che si ritiene sia derivato dalla fusione stessa. Tutti i dettagli su Physical Review Letters

     30/06/2020

Rappresentazione artistica di piccoli buchi neri nel disco di accrescimento di un grande buco nero supermassiccio, in orbita l’uno attorno all’altro. Crediti: Caltech / R. Hurt (Ipac)

Quando due buchi neri spiraleggiano l’uno attorno all’altro e infine si scontrano, fondendosi generano increspature nello spaziotempo chiamate onde gravitazionali. Visto che i buchi neri di per sé non emettono luce, dalla fusione non ci aspetta alcuna emissione luminosa o, più in generale, non ci aspetta alcuna emissione di radiazione elettromagnetica. Tuttavia, due astrofisici del Cuny Graduate CenterK. E. Saavik Ford e Barry McKernan – hanno ipotizzato che una fusione di due buchi neri potrebbe in realtà generare “luce”. E ora, per la prima volta, gli astronomi hanno trovato le prove di uno di questi scenari nel quale è stata effettivamente generata luce. Lo studio è stato pubblicato su Physical Review Letters.

Il team che ha effettuato la scoperta è composto da scienziati del Cuny Graduate Center, della Zwicky Transient Facility (Ztf) del Caltech, del Borough of Manhattan Community College (Bmcc) e dell’American Museum of Natural History (Amnh). Sono loro che hanno individuato quello che sembra essere un bagliore di luce (flare) provenire da una coppia di buchi neri coalescenti. L’evento – chiamato S190521g – è stato identificato per la prima volta dal Laser Interferometer Gravitational-wave Observatory (Ligo) della National Science Foundation (Nsf) e dall’European Virgo detector il 21 maggio 2019, quando sono  state rilevate le onde gravitazionali generate dall’evento di fusione di due buchi neri. Poco dopo, gli scienziati della Ztf – che si trova presso l’Osservatorio Palomar, vicino a San Diego – hanno rivisto le loro registrazioni dell’evento e hanno scoperto quello che potrebbe essere un flare proveniente dai buchi neri coalescenti.

«Al centro della maggior parte delle galassie si nasconde un buco nero supermassiccio. È circondato da un nugolo di stelle, alcune delle quali morte, compresi buchi neri», riferisce Ford, professore presso il Graduate Center, Bmcc e Amnh. «Questi oggetti brulicano come api attorno alla mostruosa ape regina al centro. Possono trovare, per poco tempo, partner gravitazionali con cui accoppiarsi ma di solito li perdono rapidamente, per via della folle danza. Ma nel disco del buco nero supermassiccio, il gas che scorre converte il pogo del nugolo in un minuetto classico, organizzando i buchi neri in modo che riescano ad accoppiarsi», spiega l’astrofisico.

Una volta che i buchi neri si fondono, il nuovo buco nero più grande viene proiettato in una direzione casuale, sollevandosi rispetto al piano del disco. «È la reazione del gas a questo proiettile che accelera che crea un bagliore luminoso, visibile con i telescopi», ha detto il coautore McKernan, professore di astrofisica presso il Graduate Center, Bmcc e Amnh.

Lo strumento Zwicky Transient Facility (Ztf) instrument installato sul Samuel Oschin Telescope all’Osservatorio di Palomar. La camera Ccd di grande formato è situata all’interno del tubo del telescopio, al fuoco dello specchio primario. Crediti: Caltech Optical Observatories

«Questo buco nero supermassiccio stava “gorgogliando” da anni prima di emettere improvvisamente il flare», riporta il primo autore dello studio Matthew Graham, professore di astronomia presso il Caltech e scienziato del progetto Ztf. «Il flare si è verificato sulla giusta scala temporale e nella giusta posizione, tali da coincidere con l’evento dell’onda gravitazionale. Nel nostro studio, concludiamo che il flare è probabilmente il risultato di una fusione di buchi neri, ma non possiamo escludere completamente altre possibilità».

Si prevede che tale bagliore sia iniziato giorni o settimane dopo la fase iniziale di generazione delle onde gravitazionali, prodotte durante la fusione. In questo caso, Ztf non ha subito catturato l’evento, ma quando – mesi dopo – gli scienziati sono tornati indietro e hanno guardato le immagini archiviate di Ztf, hanno individuato un segnale iniziato giorni dopo l’evento delle onde gravitazionali di maggio 2019 e riscontrato che il flare si è attenuato lentamente per un periodo di un mese.

Gli scienziati hanno tentato di dare uno sguardo più dettagliato allo spettro del buco nero supermassiccio, ma purtroppo l’emissione era già svanita. Un’indagine di questo tipo avrebbe offerto ulteriore supporto all’idea che il flare provenisse dalla fusione di buchi neri all’interno del disco di accrescimento del buco nero supermassiccio. Tuttavia, i ricercatori affermano di essere stati in grado di escludere ampiamente altre possibili cause del bagliore osservato, tra cui una supernova o un evento di interazione mareale, che si verifica quando un buco nero divora una stella.

Inoltre, il team afferma che è improbabile che il flare provenga dalle solite attività del buco nero supermassiccio, che si nutre regolarmente del suo disco circostante. Utilizzando la Catalina Real-Time Transient Survey, condotta dal Caltech, sono stati in grado di valutare il comportamento del buco nero negli ultimi 15 anni e hanno scoperto che la sua attività è stata relativamente normale fino a maggio del 2019, quando si è improvvisamente intensificata. «I buchi neri supermassicci come questo esibiscono flare tutto il tempo. Non sono oggetti silenziosi, ma i tempi, le dimensioni e la posizione di questo flare sono stati spettacolari», riporta il coautore Mansi Kasliwal, del Caltech. «Il motivo per cui la ricerca di flare come questo è così importante è che aiuta enormemente nelle questioni aperte di astrofisica e cosmologia. Se riusciremo a osservarlo di nuovo e a rilevare la luce dalle fusioni di altri buchi neri, allora potremo inchiodare questi buchi neri e scoprire di più sulle loro origini».

Il buco nero appena formato dovrebbe causare un altro flare nei prossimi anni, in quanto il processo di fusione ha proiettato l’oggetto fuori dal disco del buco nero supermassiccio per poi, però, rientrare nel disco stesso e produrre così un altro lampo di luce, che Ztf dovrebbe essere in grado di vedere. Aspetteremo con pazienza.

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