DALL’ASTRONOMIA UNA MAPPA DEL MANTELLO TERRESTRE

Lassù, sotto i nostri piedi

Sequencer, un algoritmo sviluppato per l’analisi dati in astronomia, si rivela estremamente utile in geofisica: dall’analisi di migliaia di sismogrammi raccolti in 30 anni di lavoro scientifico ecco una nuova mappa del mantello terrestre, appena sopra il nucleo di ferro liquido a una profondità di 3000 chilometri. lo studio su Science

     11/06/2020

Crediti: Kim, Lekíc, Ménard, Baron e Taghizadeh-Popp.

Astronomi e geologia. Meglio andarci con i piedi di piombo. Continuino gli astronomi a guardare il cielo che alla pancia della Terra ci pensano i geofisici, direbbe qualcuno. Eppure.

Eppure uno studio appena pubblicato su Science sembra dimostrare il contrario: grazie a un nuovo algoritmo di nome Sequencer, inizialmente sviluppato per l’analisi dati in astronomia, è stato possibile individuare interessanti tendenze nei set di dati raccolti in ambito geofisico. Negli ultimi 30 anni.

Dimenticate dunque le goffe teorie geologiche di Edmund Halley ‒ quello della cometa ‒ tra i più convinti sostenitori dell’ipotesi di una Terra cava. Halley era convinto che la superficie terrestre fosse un semplice guscio (spesso quasi 800 chilometri), contenente altre due sfere cave e un nocciolo interno. Una Terra matrioska e abitata su più livelli, magari in subaffitto, buona soltanto per spiegare i frequenti episodi di alterazione del campo e il bizzarro fenomeno dell’inversione magnetica.

Scurdammoce ‘o passato, benvenuta astronomia dei big data. L’insolito gruppo misto di ricercatori, composto da astronomi, geologi e geofisici, ha applicato l’algoritmo “spaziale” per analizzare i migliaia di sismogrammi raccolti in corrispondenza di un terremoto in 30 anni di lavoro scientifico. Lo stratagemma ha permesso loro di esaminare i dati raccolti a livello in un modo completamente nuovo, analizzando anche i segnali più deboli in maniera più chiara.

Il lavoro certosino del geologo che servendosi di strumenti necessariamente contingentati, disposti su un territorio limitato, ricava dalle onde sismiche sviluppate in corrispondenza di un terremoto (per sua natura imprevedibile) informazioni in modo frammentario, in un contesto che a volte rende impossibile distinguere gli echi più deboli dal rumore di fondo, fa i conti con un vero e proprio cambio di paradigma.

«Siamo finalmente in grado di identificare gli echi sismici e usarli per creare una mappa del mantello terrestre, appena sopra il nucleo di ferro liquido a una profondità di 3000 chilometri», spiega Brice Ménard, astrofisico della Johns Hopkins University e membro del gruppo di ricerca.

La mappa, che copre una vasta area del Pacifico, mostra regioni calde e dense sotto le isole Hawaii e le Isole Marchesi nella Polinesia Francese. Isole vulcaniche, d’altra parte. 

I terremoti (stelle gialle) inviano onde sonore attraverso la Terra. I sismografi (triangoli blu) registrano gli echi mentre quelle onde viaggiano lungo il confine tra il nucleo e il mantello, diffrangendosi e piegandosi attorno a dense strutture rocciose, molto più diffuse di quanto precedentemente noto. Crediti: Doyeon Kim / Università del Maryland

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