La manovra di restringimento dell’orbita che ha visto, alle 06:25 ora italiana del 10 aprile scorso, la sonda BepiColombo avvicinarsi fino a 12689 km dalla superficie del nostro pianeta ha offerto l’opportunità – oltre che di scattarle qualche foto dalla Terra – di collaudare sei degli undici strumenti a bordo del Mercury Planetary Orbiter (Mpo) dell’Esa. Erano in funzione anche sette sensori di tre strumenti del Mercury Magnetospheric Orbiter (Mio) dell’Agenzia aerospaziale giapponese (Jaxa), oltre alle tre fotocamere per selfie montate sul Mercury Transfer Module (Mtm), il modulo che trasporta i due orbiter scientifici a destinazione.
«Vedere tutti gli strumenti funzionare alla perfezione e fornire buoni risultati è stato uno spettacolo», dice Johannes Benkhoff, project scientist Esa della missione BepiColombo. «Non avevamo mai avuto in precedenza una buona occasione per testarli tutti nello spazio. È stato fantastico constatare che non solo non c’erano problemi, ma che i dati erano anche di buona qualità, nonostante gli strumenti siano progettati per Mercurio».
Meglio di quel che ci si attendeva
Mertis, il Mercury Radiometer and Thermal Infrared Spectrometer, è uno strumento per studiare la composizione superficiale degli oggetti celesti. Durante il flyby è riuscito a misurare la superficie della Luna, nonostante sia molto più fredda di quella di Mercurio, fatto che ha reso le osservazioni particolarmente difficili.
«Abbiamo osservato un oggetto la cui temperatura massima si aggira attorno ai 100 °C, mentre Mertis è progettato per studiare Mercurio, che può arrivare a oltre 400 °C», ricorda Jörn Helbert, della Dlr tedesca, co-principal investigator di Mertis. «Senza contare che osserveremo Mercurio da una distanza inferiore a mille km, mentre la Luna, durante il sorvolo, si trovava a 700mila km».
Inoltre, Mertis ha osservato la Luna attraverso la sua “porta secondaria”, e non attraverso quella principale, attualmente coperta dal modulo di trasferimento Mtm. Nonostante ciò, lo strumento ha acquisito un insieme di dati unico. «Nessuno aveva mai osservato prima la Luna dallo spazio in questo intervallo spettrale», dice Jörn. «È il primo set di dati di questo genere e ha una qualità almeno pari a quanto ci attendevamo».
Prossima fermata Venere
Si tratta di risultati incoraggianti per i prossimi due flyby di Venere, pianeta che non viene visitato da un veicolo spaziale europeo dalla fine della missione Venus Express nel 2014, e ha attualmente in orbita solo la missione giapponese Akatsuki.
«Ora che sappiamo di cosa è capace questo strumento innovativo», dice Benkhoff riferendosi a Mertis, «possiamo concentrarci su come sfruttarlo al meglio durante i due flyby di Venere. Lo stesso vale per gli altri strumenti. In questo modo possiamo massimizzare il potenziale scientifico dell’intera missione in modi che non avevamo necessariamente previsto quando l’abbiamo progettata».
BepiColombo passerà per la prima volta vicino a Venere il prossimo 15 ottobre, arrivando a una distanza minima di 10630 km. Il secondo sorvolo, nell’agosto 2021, lo porterà ad appena 550 km dalla superficie di Venere, dunque più vicino dell’orbita di Akatsuki.
«Ci sono strumenti, tra i quali Mertis e lo spettroscopio a ultravioletti Phebus, in grado di compiere misurazioni di Venere impossibili per qualunque altra missione precedente», osserva Helbert. «Saremo in grado di ottenere molti dati sulla densa atmosfera del pianeta, simili a quelli raccolti dalle missioni sovietiche Venera 15 e 16 negli anni ’80. Ciò permetterà un confronto unico».
Il suono del campo magnetico
A prospettare opportunità scientifiche impreviste al team BepiColombo non c’è solo Venere. Lo strumento per lo studio del campo magnetico Mpo (Mpo-Mag) è stato progettato – proprio come Mertis – in modo specifico per Mercurio. La sua specialità è la misura di campi magnetici deboli, com’è appunto quello del più piccolo pianeta roccioso del Sistema solare. Lo strumento è stato comunque in grado di ottenere dati utili durante il flyby terrestre, preziosi per le future calibrazioni.
«Se azionassimo il nostro magnetometro sulla superficie della Terra, non riusciremmo a misurare alcunché, perché il campo magnetico è troppo forte», spiega Daniel Heyner della Technical University di Braunschweig, in Germania, principal investigator di Mpo-Mag. «Abbiamo però scoperto che il punto più vicino raggiunto durante il flyby era comunque abbastanza lontano dalla Terra da consentirci di effettuare buone misurazioni».
I dati Mpo-Mag hanno rilevato che il giorno del sorvolo il vento solare – un flusso costante di particelle cariche elettricamente che fluiscono dal Sole nello spazio interplanetario – era molto debole. Hanno anche mostrato il momento in cui BepiColombo ha incontrato il cosiddetto “bow shock”: un confine ben delimitato che si forma sul bordo esterno dell’ambiente magnetico terrestre mentre interagisce con il vento solare. I dati hanno quindi registrato il modo in cui la sonda ha volato attraverso la magnetoguaina (una regione di turbolenza ancora molto influenzata dal plasma interplanetario) e ha attraversato la magnetopausa (il confine oltre il quale domina il campo magnetico terrestre).
Gli scienziati hanno inoltre raccolto informazioni preziose sulle interferenze dovute ad altri strumenti, in particolare a Mtm. Va detto che una volta attorno a Mercurio Mpo si separerà da Mtm, ma essere in grado di filtrare il rumore del modulo di propulsione durante i sette anni della fase di crociera apre nuove opportunità per studi scientifici non pianificati in precedenza.
Lavorare in tandem con Solar Orbiter
«Questo è un periodo estremamente interessante per lo studio del vento solare”, dice Heyner. «Ci sono più veicoli spaziali lanciati da poco e attualmente in viaggio in direzione del Sole con strumenti simili. C’è il Solar Orbiter dell’Esa, c’è il Parker Solar Probe della Nasa. Sono nell’eliosfera, a distanze dal Sole differenti, e questo ci consente, ad esempio, di tracciare le espulsioni di massa coronale e studiare come velocità e intensità cambiano mentre si propagano dal Sole».
Il team di Mpo-Mag ha dunque deciso – nonostante il suo obiettivo originale sia Mercurio – di continuare a misurare il vento solare per la maggior parte sei sette anni di durata del viaggio. Benkhoff prevede infatti che lavorare in tandem, in particolare con il Solar Orbiter dell’Esa, consentirà grandi sinergie e un nuovo approccio allo studio dell’ambiente intorno al Sole. «Con il flyby di BepiColombo attorno alla Terra siamo stati in grado di dimostrare che i nostri strumenti funzionano bene anche durante la fase di crociera», conclude. «Ora sappiamo che possiamo fare scienza, vera e innovativa, sfruttando la rete di veicoli spaziali che abbiamo attualmente nel Sistema solare interno».
Fonte: sito web Esa