FLUSSO SUFFICIENTE A RIEMPIRE UNA VASCA IN 10 SECONDI

Bagnati da acqua di cometa interstellare

Grazie a misure in ultravioletto compiute con il telescopio spaziale Swift, è stato possbile misurare la quantità d’acqua rilasciata da 2l/Borisov – la cometa interstellare scoperta lo scorso agosto – durante il suo passaggio vicino al Sole. I risultati sono pubblicati su The Astrophysical Journal Letters

     28/04/2020

La cometa 2I/borisov osservata a ottobre. Crediti: Nasa, Esa, and D. Jewitt (Ucla) et al.

La cometa aliena 2I/Borisov non smette di incuriosire scienziati e appassionati di tutto il mondo, mentre porta con sé elementi di un mondo interstellare a noi sconosciuto.

Per la prima volta il satellite Neil Gehrels Swift Observatory della Nasa è riuscito a monitorare la  quantità d’acqua persa della cometa durante il suo avvicinamento al Sole. 

Le comete sono blocchi di gas congelati mescolati a polveri, e per questa loro conformità  spesso vengono chiamate “palle di neve sporche”.  Gli scienziati stimano la presenza di almeno centinaia di miliardi di comete in orbita attorno al Sole. Tuttavia, 2l/Borisov non è come le altre comete presenti nel Sistema solare, anche se ne condivide alcune proprietà fondamentali.

«Borisov non si adatta perfettamente a nessuna classe di comete del Sistema solare, ma allo stesso tempo non si distingue da esse in modo particolare», dice Zexi Xing, dottoranda all’Università di Hong Kong e alla Auburn University in Alabama, che ha guidato la ricerca. «Ci sono comete che possiedono almeno una delle sue proprietà.»

Mentre una cometa si avvicina al Sole, il materiale congelato sulla sua superficie – come l’anidride carbonica – si riscalda e inizia a convertirsi in gas. Quando arriva a circa 270 milioni di chilometri dal Sole, l’acqua evapora.

La presenza di acqua sulla nostra cometa interstellare era stata annunciata lo scorso ottobre dai ricercatori dell’Opache Point Observatory nel New Mexico. Xing e i suoi colleghi non solo hanno confermato la presenza di acqua su 2l/Borisov, ma ne hanno misurato le variazioni attraverso la luce ultravioletta. Quando la luce solare spezza le molecole d’acqua,  si forma l’idrossile – una molecola composta da un atomo di ossigeno e un atomo di idrogeno. Swift è in grado di rilevare l’impronta digitale della luce Uv emessa dall’idrossile grazie Uvot, il suo telescopio ultravioletto e ottico, e questo ha consentito alla squadra di Xing di misurarne l’emissione nel corso di sei osservazioni fra settembre e febbraio.

Dal primo di novembre al primo di dicembre, sette giorni prima che la cometa raggiungesse il punto più vicino al Sole, è stato osservato un aumento del 50 per cento della quantità di idrossile – e quindi di acqua – prodotta da 2l/Borisov. All’apice del suo avvicinamento, la cometa ha versato circa 30 litri di acqua al secondo: abbastanza da riempire una vasca da bagno in circa 10 secondi. I ricercatori stimano che durante tutto il suo viaggio attraverso il Sistema solare la cometa abbia perso quasi 230 milioni di litri di acqua – l‘equivalente di oltre 92 piscine olimpioniche.

La perdita d’acqua di 2l/Borisov è poi diminuita mentre si allontanava rapidamente dal Sole a una velocità sorprendente, mai osservata in nessun’altra cometa. Secondo Xing ciò potrebbe essere dovuto a molti fattori, tra cui l’erosione superficiale, i cambiamenti di rotazione e persino la frammentazione. In effetti, i dati di Hubble e di altri osservatori mostrano che alcuni pezzi della cometa si sono frammentati a fine di marzo.

«Siamo davvero felici che il rapido tempo di risposta e le capacità d’osservare in ultravioletto di Swift abbiano catturato questi tassi di produzione di acqua», dice il co-autore Dennis Bodewits, della Auburn University. «Per le comete, la quantità di altre molecole rilevate si esprime in rapporto alla quantità di acqua. Questo nuovo risultato ci fornisce un contesto molto importante per altre osservazioni.»

Le misurazioni della produzione di acqua compiute dal satellite Swift hanno anche aiutato il team a calcolare la dimensione minima di 2l/Borisov – che è di poco meno di 750 metri di diametro. Il team stima che almeno il 55 per cento della sua superficie – un’area approssimativamente equivalente alla metà di Central Park – stesse attivamente perdendo materiale una volta raggiunto il punto più vicino al Sole. Ciò corrisponde ad almeno 10 volte la superficie attiva delle comete più osservate nel Sistema solare.

Composizione chimica dell’acqua presente su Borisov. Credit: NASA’s Goddard Space Flight Center

Ma non è tutto. Fra le caratteristiche che rendono la nostra cometa aliena “diversa” c’è la presenza di alti tassi di monossido di carbonio, mai registrati in una cometa, a quella distanza dal Sole. Fra le caratteristiche che, invece, la accomunano alle comete “coltivate in casa” c’è  la presenza di molecole simili in analoga quantità – così come osservato da Xing e il suo team. Ad esempio, rispetto alle quantità d’idrossile e cianogeno (un composto di carbonio e azoto), 2l/Borisov ha prodotto una piccola quantità di carbonio C2 (una molecola composta da due atomi di carbonio) e di amidogeno (una molecola derivata dall’ammoniaca). Circa il 25-30 per cento di tutte le comete del Sistema solare condividono questo tratto.

Quanto a Swift, va sottolienato che era stato sviluppato dalla Nasa (con un importante contributo dell’Asi e dell’Inaf) per studiare i lampi di raggi gamma, le esplosioni più luminose dell’universo. Ma nell’ultimo decennio è stato usato per saperne di più sulle comete mentre attraversano il sistema solare. La maggior parte della luce ultravioletta viene assorbita dall’atmosfera terrestre, quindi gli scienziati devono cercare la “firma” dell’idrossile dallo spazio, e poiché Swift ha una strategia di osservazione flessibile e tempi di reazione rapidi, può eseguire il monitoraggio a lungo termine di nuovi oggetti interessanti.

«Il nostro team, durante la costruzione del satellite, non immaginava che la missione avrebbe contribuito così tanto alla comprensione della scienza planetaria», dice S. Bradley Cenko, ricercatore al Goddard Space Flight Center della Nasa a Greenbelt, nel Maryland. «È un bell’esempio come si possano escogitare modi creativi e potenti per sfruttare possibilità che sono già lì pronte, per fare scienza inattesa ed entusiasmante».

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