OSSERVATO IL PLASMA NEGLI ECHI DI RIVERBERO DEI RAGGI X

Sonar spaziale per studiare i buchi neri

Le osservazioni delle regioni circostanti un buco nero supermassiccio realizzate dal telescopio spaziale Xmm-Newton dell’Esa hanno permesso di mappare il comportamento dinamico del plasma intorno al buco nero stesso. Del gruppo che ha condotto lo studio, pubblicato sulla rivista Nature Astronomy, fa parte anche Ciro Pinto dell’Istituto nazionale di astrofisica.

     20/01/2020

Per la prima volta, le osservazioni del telescopio spaziale Xmm-Newton dell’Esa hanno permesso a un team di ricercatori di utilizzare gli echi di riverbero dei raggi X  prodotti dalla materia che cade in un buco nero per mappare il comportamento dinamico del plasma intorno al buco nero stesso. Nel gruppo che ha condotto lo studio, pubblicato sulla rivista Nature Astronomy, anche Ciro Pinto dell’Istituto nazionale di Astrofisica.

Quando la materia spiraleggia verso un buco nero essa viene surriscaldata fino ad emettere raggi X che producono un vero e proprio eco e riverberano mentre interagiscono col gas circostante. Queste regioni dello spazio sono fortemente distorte e curvate dalla straordinaria forza di gravità prodotta dal buco nero. Per la prima volta, i ricercatori hanno utilizzato Xmm-Newton per tracciare questi echi di luce e mappare i dintorni del buco nero in una galassia attiva. Noto col nome di Iras 13224–3809, il nucleo galattico attivo è alimentato da un buco nero supermassiccio che produce una delle sorgenti a raggi X più variabili del cielo.

«Tutti conoscono come la voce echeggia in maniera differente in una classe e una cattedrale – questo è semplicemente dovuto alla geometria ed i materiali delle stanze, i quali causano un comportamento ed un rimbalzo diverso delle onde sonore», spiega William Alston dell’Università di Cambridge, e primo autore del nuovo studio. «In una maniera simile, possiamo osservare come gli echi delle radiazioni X si propaghino nelle vicinanze di un buco nero allo scopo di mappare la geometria della regione e dello stato fisico di una nuvoletta di materia prima che essa scompaia nella singolarità. È una sorta di eco-localizzazione cosmica».

Poiché il moto del gas in caduta verso il buco nero è fortemente legato alle proprietà del buco nero stesso, Alston e i suoi colleghi sono stati anche in grado di determinare la massa e la velocità di rotazione (o spin) del buco nero centrale della galassia tramite l’osservazione delle caratteristiche della materia mentre spiraleggia verso l’interno sotto forma di un disco di accrescimento. Al di sopra di tale disco di materia si trova una regione con elettroni molto caldi – con temperature di circa un miliardo di gradi – nota come corona. Nel caso di Iras 13224–3809, gli scienziati hanno scoperto che la sua corona variava le sue dimensioni in maniera sorprendentemente rapida, nell’arco di pochi giorni.

«Al variare della dimensione della corona, così variano gli echi di luce – proprio come se il tetto della cattedrale si muovesse su e giù, cambiando il modo in cui la voce echeggia», aggiunge Alston. «Tracciando gli echi di luce, siamo stati in grado di seguire i cambiamenti della corona, e – cosa ancora più eccitante – abbiamo ottenuto misure molto più precise della massa e dello spin del buco nero di quanto avremmo avuto se la corona non stesse cambiando in dimensione. Sappiamo che la massa del buco nero non può fluttuare, quindi qualunque variazione nell’eco deve avere origine nell’ambiente gassoso».

Lo studio ha utilizzato l’osservazione più lunga di un buco nero in accrescimento mai eseguita prima da Xmm-Newton, collezionando oltre 16 orbite complete del satellite nel 2011 e nel 2016, che ammontano a 2 milioni di secondi – poco più di 23 giorni. Questa enorme mole di dati, combinata alla forte variabilità a breve termine del buco nero stesso, ha permesso i ricercatori di ricostruire in modo completo gli echi su periodi con durata di appena un giorno.

La regione esplorata da questo studio non è accessibile a osservatori come l’Event Horizon Telescope, il progetto grazie al quale è stato possibile ottenere la prima foto del gas nelle immediate vicinanze del buco nero al centro della galassia M87.

«L’immagine dell’Event Horizon Telescope fu ottenuta usando un metodo noto come interferometria – una tecnica meravigliosa che tuttavia può solo funzionare per i pochi buchi neri vicinissimi alla Terra come quelli in M87 e quello nella nostra galassia, la Via Lattea, poiché la loro dimensione apparente in cielo è grande abbastanza affinché questo metodo funzioni», osserva il coautore Michael Parker, research fellow Esa allo European Space Astronomy Centre vicino a Madrid, in Spagna. «Il nostro approccio invece permette di esplorare centinaia buchi neri supermassicci che hanno elevata variabilità e stanno attivamente divorando materia – e questo numero aumenterà vertiginosamente con il lancio del satellite dell’Esa Athena».

«Infine questo studio differisce sostanzialmente da quelli precedenti», nota Ciro Pinto, coautore del lavoro e ricercatore all’Inaf di Palermo, «in quanto non fornisce una semplice rappresentazione statica, o foto, ma piuttosto una visione dinamica, o film, di un buco nero che accresce materia. La variazione dei ritardi temporali o echi dei raggi X evidenzia e risolve spazialmente l’evoluzione del gas caldo in una regione grande quanto la distanza Terra-Sole nell’arco di pochi giorni».

Per saperne di più:

  • Leggi su Nature Astronomy l’articolo “A dynamic black hole corona in an active galaxy through X-ray reverberation mapping”, di William N. Alston , Andrew C. Fabian, Erin Kara, Michael L. Parker, Michal Dovciak, Ciro Pinto, Jiachen Jiang, Matthew J. Middleton, Giovanni Miniutti, Dominic J. Walton, Dan R. Wilkins, Douglas J. K. Buisson, Maria D. Caballero-Garcia, Edward M. Cackett, Barbara De Marco, Luigi C. Gallo, Anne M. Lohfink, Chris S. Reynolds, Phil Uttley, Andrew J. Young e Abderahmen Zogbhi

Guarda su MediaInaf Tv l’intervista a Ciro Pinto: