LA NASA RIELABORA I DATI DELLA MISSIONE CONCLUSA NEL 2017

Lisa Pathfinder raccoglie le briciole delle comete

Analizzando i dati raccolti – tra il 2015 e il 2017, a un milione e mezzo di km dalla Terra – dal precursore tecnologico dell’Esa per la rilevazione delle onde gravitazionali, un team di ricercatori della Nasa ha individuato 54 impatti da parte di micrometeoroidi. Il risultato, pubblicato su ApJ, aiuta a capire l’origine e la distribuzione della polvere cosmica anche in zone relativamente lontane dalla Terra

     20/11/2019

Il satellite Lisa in una rappresentazione grafica che mostra sia l’impatto di un micrometeoroide sia la reazione del micropropulsore in risposta alla sollecitazione subita. Crediti immagine: Nasa Goddard Space Flight Center

Lisa Pathfinder è il nome del primo, breve ma ambizioso progetto pilota dell’Agenzia spaziale europea (Esa) per la messa a punto di un telescopio satellitare in grado di rilevare le onde gravitazionali provenienti dalla fusione di buchi neri o stelle di neutroni. Trattandosi di un “tester” – è il precursore tecnologico di Lisa – e non di un vero telescopio, la sua operatività è stata piuttosto limitata, ma utile anche per altri scopi. I dati immagazzinati dal 2015 al 2017 sono stati utilizzati dalla Nasa per monitorare la presenza e l’origine dei minuscoli detriti che popolano il vuoto interplanetario.

Per quanto riguarda la captazione di onde gravitazionali, l’esperimento è consistito nella sistemazione, all’interno di una capsula particolarmente protettiva, di due masse cubiche di 4,6 cm di lato composte di una lega di oro e platino pesanti 2 kg ciascuna. Il loro compito era di star ferme nel vuoto creato all’interno dei loro contenitori costantemente monitorate da sensori di movimento. Sulla Terra, o nella cosiddetta “orbita bassa”, questi pesi avrebbero risentito della gravità terrestre, per cui Lisa è stata messa in orbita a un milione e mezzo di km dalla Terra, in un punto di equilibrio gravitazionale tra Sole e Terra chiamato ‘primo punto di Lagrange’ o L1, dove orbitano anche altri telescopi come Ace e Soho.

In questa situazione di paradisiaca tranquillità, solo una cosa poteva scuotere le piccole masse cubiche di Lisa: le onde gravitazionali.  Qualsiasi altra perturbazione sarebbe stata attutita e corretta da appositi micropropulsori. Ma, in una zona così tranquilla, cosa poteva disturbare orbita e posizione di Lisa e far attivare i motori? Solo il vento solare e gli impatti con i micrometeoroidi, minuscoli oggetti grandi come un granello di sabbia che, però, viaggiano fino ad oltre 60 mila km orari di velocità.

È proprio sui micrometeoroidi che si è focalizzata l’analisi postuma dei dati effettuata da un team della Nasa guidato da Ira Thorpe del Goddard Space Flight Center, nel Maryland. Lo studio di ciò che hanno rilevato i sensori ha consentito di individuare 54 impatti di micrometeoroidi sulla navicella.

L’analisi di vari aspetti come direzione, angolazione e velocità di impatto ha permesso ai ricercatori americani di determinare anche quali tipi di oggetti, ben più macroscopici, fossero all’origine di queste minuscole particelle di polvere. I risultati emersi non hanno riservato grandi sorprese, anzi, si sono dimostrati ampiamente in linea con informazioni relative ai micrometeroidi trovati vicino alla Terra. I responsabili sono per lo più comete di breve periodo le cui orbite sono determinate dall’influenza di Giove, ma anche, in misura minore, comete di lungo periodo, come la cometa di Halley. Gli sciami meteorici, o stelle cadenti, cui assistiamo durante tutto l’anno, dopotutto, sono proprio le code lasciate dal passaggio di questi oggetti che bruciano a contatto con l’atmosfera terrestre.

Le nuove misurazioni potrebbero aiutare, in un futuro molto prossimo, a perfezionare i modelli utilizzati dai ricercatori nella comprensione della formazione dei pianeti, sia solari che extrasolari, o a migliorare la stima dei rischi di impatto per i veicoli spaziali attuali e futuri.

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