OPERA MONUMENTALE CON DUECENTO CRATERI

Pubblicato l’atlante delle cicatrici della Terra

S’intitola “Encyclopedic Atlas of Terrestrial Impact Craters” e presenta in modo analitico – una generosa scheda informativa per ciascuno, corredata da immagini satellitari e fotografie – i quasi duecento crateri da impatto meteoritico conosciuti. Edito da Springer, il libro è a cura di Enrico Flamini e Alessandro Coletta dell’Asi e dell’astronomo dell’Inaf di Torino Mario Di Martino, che abbiamo intervistato

     30/07/2019

Se mai vi venisse voglia di fare una vacanza a tema. visitando i luoghi in cui il nostro pianeta è stato “bombardato” da rocce extraterrestri, la guida che fa per voi è Encyclopedic Atlas of Terrestrial Impact Craters. Opera monumentale (700 pagine) per veri appassionati (l’ebook costa oltre 140 euro), questo atlante enciclopedico elenca e descrive in dettaglio, uno per uno, i quasi duecento – qui l’elenco completo – crateri da impatto meteoritico conosciuti, illustrandone la genesi e l’evoluzione. Non mancano le immagini: sia quelle radar ottenute dai satelliti del progetto italiano Cosmo-SkyMed, sia – se disponibili – quelle ottiche dei satelliti europei Sentinel e fotografie scattate in loco.

Pubblicato da Springer, l’atlante è a cura di Enrico Flamini e Alessandro Coletta dell’Agenzia spaziale italiana e dell’astronomo dell’Inaf di Torino Mario Di Martino, esperto di meteoriti e di crateri da impatto, che raggiunto da Media Inaf ha anzitutto voluto «ringraziare in modo particolare Maria Virelli, Maria Libera Battagliere, Stelvio Staffieri e Goro Komatsu, che, con il loro fondamentale contributo, hanno reso possibile la realizzazione di quest’opera».

Dottor Di Martino, come sono, questi crateri? Voglio dire, se davvero decidessimo di andarci in vacanza, guardandoci attorno potremmo riuscire a renderci conto di trovarci in un luogo in cui è caduto un meteorite?

«Nella maggioranza dei casi no. Sono non più di una decina le strutture da impatto che denunciano in maniera inequivocabile la loro origine. Alcuni sono stati completamente sepolti da sedimenti, altri, specialmente in Scandinavia e Canada sono occupati da laghi».

Li avete elencati proprio tutti? O siete stati costretti a fare delle scelte?

«Lo scopo principale del nostro lavoro è stato quello di pubblicare le immagini radar ottenute dai satelliti della costellazione Cosmo-SkyMed in banda X (lunghezza d’onda di 3 cm) dei quasi 200 crateri da impatto terrestri conosciuti, associando quando possibile quelle ottiche ottenute dai satelliti dell’Esa Sentinel. Manca all’appello il cratere di Agoudal nella catena montuosa dell’alto Atlante (Marocco), una struttura di un centinaio di metri di diametro, ricoperta quasi completamente da una frana».

Mario Di Martino nei pressi del cratere Kamil, in Egitto. Crediti: Kamil Expedition Team 2010

Quali dettagli fornite, per ogni cratere?

«Per ogni cratere sono riportate le coordinate, il diametro e l’età, oltre a una breve descrizione della loro morfologia e del contesto geologico in cui la struttura da impatto è situata».

Vi siete dovuti recare sul posto, per studiarli?

«No, solamente in pochissimi casi. Per la loro descrizione ci siamo basati sulla bibliografia esistente. Personalmente, ho visitato molti crateri da impatto, in particolare in Australia, Africa ed Europa, ma quelli che ho studiato sono stati il cratere Kamil in Egitto e Sikhote-Alin nell’estremo oriente della Siberia».

Duecento sono tanti… Ce ne elenchi giusto tre: il più grande, il più recente e il suo preferito.

«Con i suoi circa 180 km di diametro, il cratere di maggiori dimensioni conosciuto sulla Terra è quello di Vredefort, in Sud Africa. Ha un’età di circa 2 miliardi di anni e l’unica struttura ancora chiaramente visibile è il picco centrale, molto eroso. Il più recente, anzi i più recenti, sono i mini-crateri di Sikhote-Alin, formati da uno sciame di frammenti metallici caduti il 12 febbraio 1947, che hanno dato origine a oltre un centinaio di piccoli crateri, il più grande dei quali ha un diametro di una trentina di metri. Il mio preferito è il cratere Kamil, in Egitto, che abbiamo scoperto nel 2009. Ha un diametro di 45 metri ed è circondato da una raggiera di ejecta che lo rende molto simile a un cratere da impatto lunare. Geologicamente parlando è giovanissimo: la sua età, misurata con la tecnica della termoluminescenza applicata ai vetri da impatto ritrovati in loco, è infatti compresa tra il 1600 e il 400 a.C.»