LO STUDIO SU 46P/WIRTANEN

Acqua di cometa iperattiva, e sai cosa bevi

Una particolare famiglia di comete riapre il dibattito sull’origine dell’acqua terrestre. Analizzando il rapporto fra deuterio e idrogeno, un team del Cnrs francese mostra come quello misurato per alcune comete possa essere compatibile con quello riscontrato nei nostri oceani

     24/05/2019

La cometa 46P Wirtanen ripresa da Jauerling, in Austria. Crediti: Michael Jäger – www.spaceweather.com

Che l’acqua terrestre provenga dai confini del Sistema solare ormai sembra essere assodato (certo, non confermato al cento per cento), ma il dibattito su come ciò sia avvenuto è decisamente ancora aperto. Giusto ieri vi abbiamo raccontato di come la formazione della Luna (dall’impatto tra la Terra e un oggetto chiamato Theia) potrebbe essere responsabile di buona parte dell’H2O di cui godiamo oggi. Ma da qualche anno ormai la comunità scientifica sta tentando in tutti i modi di provare che siano state le comete a portare le preziose molecole dissetanti sul nostro pianeta. Sappiamo già che possiamo escludere la famosa 67P/Churyumov-Gerasimenko, perché il tipo di acqua sembra incompatibile con quella dei nostri oceani. Gli esperti del Cnrs (in Francia) non demordono e su Astronomy & Astrophysics raccontano di come un particolare tipo di comete, le “comete iperattive”, possano essere invece compatibili.

Si dice che una cometa è iperattiva quando l’acqua che rilascia è superiore a quanto il processo di sublimazione del ghiaccio che ne copre l’intera superficie potrebbe giustificare. L’eccesso è prodotto da particelle ricche di ghiaccio presenti nella sua atmosfera.

I dati passati al vaglio nello studio del Cnrs provengono dalla “cometa di Natale“, meglio conosciuta come 46P/Wirtanene sono stati raccolti dal telescopio volante della Nasa Sofia (Stratospheric Observatory for Infrared Astronomy) durante il passaggio ravvicinato con la Terra a dicembre 2018.

Quando i ricercatori cercano indizi di questo genere, si focalizzano sul rapporto D/H (deuterio/idrogeno), ritenuto dai planetologi un indicatore importante per capire l’origine degli elementi alla base della formazione del Sistema solare. Quando una cometa si avvicina al Sole, il suo ghiaccio sublima, formando un’atmosfera di vapore acqueo che può essere analizzata a distanza. Ebbene, i rapporti D/H delle comete misurati finora sono stati generalmente da due a tre volte superiori a quelli dell’acqua oceanica, il che implica che le comete hanno portato al massimo circa il 10 per cento dell’acqua della Terra.

Il telescopio volante Stratospheric Observatory for Infrared Astronomy (Sofia). Crediti: Nasa / Jim Ross

I ricercatori hanno provato a determinare la cosiddetta “frazione attiva” – la frazione dell’area della  superficie del nucleo richiesta per produrre la quantità di acqua presente nell’atmosfera – di tutte le comete con un rapporto D/H noto. Cosa hanno scoperto? È risultata una correlazione inversa tra la frazione attiva e il rapporto D/H del vapore acqueo: più una cometa tende verso l’iperattività (cioè una frazione attiva superiore a 1), più il suo rapporto D/H diminuisce e si avvicina a quello della Terra. Come è accaduto per 46P.

Le comete iperattive, il cui vapore acqueo deriva in parte da granelli di ghiaccio espulsi durante il viaggio vicino al Sole, hanno un rapporto D/H simile a quello dell’acqua terrestre, a differenza delle comete il cui alone di gas è prodotto solo da ghiaccio superficiale. I ricercatori suggeriscono che i rapporti tra deuterio e idrogeno misurati nell’atmosfera di quest’ultimo tipo di comete non sino necessariamente indicativi del ghiaccio presente nel loro nucleo. Se questa ipotesi fosse corretta, l’acqua in tutti i nuclei cometari potrebbe infatti essere molto simile all’acqua terrestre, riaprendo il dibattito sull’origine degli oceani della Terra.

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