VIA LIBERA ALLA COSTRUZIONE DELL’X-IFU

Luce verde per il misura-fotoni di Athena

Si chiama “X-ray Integral Field Unit” e sarà posto sul piano focale del telescopio spaziale Athena dell’Esa. Luigi Piro (Inaf): «Permetterà di misurare accuratamente l’energia dei fotoni osservati, grazie a un sensore innovativo basato sui microcalorimetri»

     21/05/2019

Immagine artistica della missione Athena. Crediti: Esa

Con l’approvazione dei requisiti dello strumento X-Ifu si è appena compiuto un passo fondamentale verso la realizzazione del grande osservatorio spaziale Athena dell’Esa (European Space Agency), dedicato allo studio dell’universo nei raggi X. Lo X-Ifu (X-ray Integral Field Unit) è uno strumento innovativo che permette per la prima volta di misurare l’energia dei raggi X analizzando ogni singolo fotone e registrando allo stesso tempo immagini delle sorgenti. Strumento ambizioso e complesso, X-Ifu è realizzato da un consorzio internazionale di istituti di 11 paesi europei, oltre a Stati Uniti e Giappone. Il consorzio è guidato da dall’istituto Irap di Tolosa, dal Cnes francese, con un ruolo di primo piano dell’Istituto nazionale di astrofisica e il supporto dell’Agenzia spaziale italiana. Ora, per questo strumento d’avanguardia, che permetterà di investigare con una accuratezza mai raggiunta prima gli enigmi dell’universo violento, si apre la fase di progettazione vera e propria.

Lo X-Ifu sarà posto sul piano focale del telescopio spaziale Athena (Advanced Telescope for High Energy Astrophysics) dell’Esa. Athena è la seconda missione “large” dell’Esa, il cui  lancio è previsto per il 2030, dedicata all’osservazione dell’universo nei raggi X. Questo è il mondo popolato da sorgenti di plasma caldo, come gli ammassi di galassie, buchi neri ed esplosioni stellari, il cui studio è fondamentale per la comprensione della formazione ed evoluzione dell’universo.

«Lo X-Ifu permetterà di misurare accuratamente l’energia dei fotoni osservati, grazie ad un sensore innovativo basato sui microcalorimetri: questi sono sensori microscopici in grado di misurare l’energia dei fotoni X registrando la minuscola quantità di calore rilasciato quando la radiazione viene assorbita», spiega Luigi Piro, ricercatore dell’Istituto nazionale di astrofisica a Roma, co-principal investigator di X-Ifu. «Migliaia di questi sensori sono assemblati insieme, permettendoci di catturare anche le immagini delle sorgenti di raggi X. Per funzionare con la precisione richiesta, questi sensori sono raffreddati da un sistema criogenico complesso a temperature bassissime, appena 50 millesimi di grado sopra lo zero assoluto. Grazie a queste nuove capacità riusciremo a misurare le abbondanze chimiche, temperature e velocità dei plasmi che risiedono negli ammassi di galassie alle epoche in cui queste strutture si sono formate, miliardi di anni fa. O di capire come i buchi neri giganteschi che risiedono al centro delle galassie catturano la materia che li alimenta e come influenzano la vita delle galassie in cui risiedono, inclusa la nostra».

Il consorzio X-Ifu è formato da oltre 200 tra ricercatori e tecnici da 50 istituti da 11 paesi europei e parte di Esa, insieme a Giappone e Stati Uniti. Il consorzio è guidato dal principal investigator Didier Barret a Tolosa (Irap-Omp, Cnrs e Cnes), e dai co-principal investigator Luigi Piro (Inaf-Iaps Roma) e Jan-Willem den Herder (Sron, Olanda). Il Cnes gestisce il managing del progetto. In Italia, oltre all’Inaf, sono coinvolti il Consiglio nazionale delle ricerche e alcune università.

Il contributo italiano è focalizzato su alcuni aspetti fondamentali dello strumento e sull’utilizzo dei dati che produrrà. In particolare gli scienziati e i tecnici del nostro paese hanno la responsabilità della realizzazione di un sensore accoppiato per la riduzione del segnale X di fondo basato su microcalorimetri criogenici. Questa configurazione migliorerà la sensibilità rispetto ai dispositivi tradizionali di 50 volte, permettendo di osservare sorgenti molto deboli o distanti. Il team italiano si occuperà anche dei filtri criogenici, necessari per mantenere le basse temperature dei sensori, della Instrument Control Unit, ovvero il computer che gestisce tutti i sottosistemi dello strumento e che colloquia con il satellite, ma anche dell’Innovation Center, che sviluppa il software avanzato ed innovativo necessario  per l’analisi dei dati dello strumento.

Il team italiano include istituti e osservatori dell’Inaf a Milano, Torino, Trieste, Bologna, Roma, Palermo, l’Istituto di fotonica e nanotecnologie del Cnr, le università di Genova, Palermo, Roma e vede il supporto dell’Asi.

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