PER ORA SE NE VEDONO SOLO EVENTUALI EFFETTI

Planet Nine, ci sei o ci fai?

Il team che ne ha per primo suggerito l’esistenza ora fornisce nuove caratteristiche per il potenziale nono pianeta del Sistema solare: più piccolo ma anche più vicino rispetto alle precedenti stime. C’è però chi propone un modello alternativo, stando al quale Pianeta 9 non servirebbe più

     28/02/2019

Rappresentazione delle orbite di Planet Nine e di oggetti distanti della fascia di Kuiper. Le orbite in viola sono controllate principalmente dalla gravità di Planet Nine, e mostrano una notevole compattezza. Le orbite in verde, invece, sono fortemente accoppiate a Nettuno, e mostrano una dispersione orbitale più ampia. I calcoli orbitali aggiornati suggeriscono che Planet Nine èsia un pianeta di circa 5 masse terrestri che percorre un’orbita leggermente eccentrica con un periodo di circa diecimila anni. Crediti: James Tuttle Keane/Caltech

Tutto nasce dall’osservazione di alcune strane orbite. Orbite solcate nella fascia di Kuiper da alcuni oggetti transnettuniani. Orbite talmente anomale da indurre una coppia di astronomi, Konstantin Batygin e Michael Brown del Caltech, a ipotizzare l’esistenza di un “nono pianeta”, là nel Sistema solare più esterno, in grado di rendere conto, con la sua perturbazione gravitazionale, della loro stranezza. Accadeva a inizio 2016. Non era un approccio inedito, anzi: fu proprio la paziente analisi delle perturbazioni dell’orbita di Urano ad aprire la strada alla scoperta di Nettuno. Così come avvenne per un altro “nono pianeta” (ora ex, essendo stato declassato a pianeta nano), Plutone, anch’esso resosi necessario – ben prima di essere avvistato – per giustificare il moto anomalo di Urano e Nettuno.

Ma l’ipotetico Planet Nine ha un problema. Se davvero esiste, vederlo sarà un’impresa ardua: la sua orbita attorno al Sole si troverebbe a circa 400 unità astronomiche, vale a dire a una distanza pari a circa 13 volte quella dell’orbita di Nettuno. Questo dicono le ultime stime di Batygin e Brown, pubblicate questo mese su Physics Reports. Certo, assai più vicino di quanto si temesse due anni fa, quando i calcoli indicavano un semiasse maggiore di circa 100 miliardi di km – quasi il doppio di quanto ipotizzato ora. Dunque anche significativamente più brillante, sebbene anche la stima della massa si sia pressoché dimezzata: non più 10 bensì 5 masse terrestri.

«La caratteristica che più mi piace dell’ipotesi di Planet Nine», ricorda a questo proposito Batygin, «è che la sua esistenza si può verificare con le osservazioni. La prospettiva di vedere un giorno le immagini reali di Planet Nine è assolutamente elettrizzante, e anche se dal punto di vista astronomico Planet Nine rappresenti una grande sfida, sono molto ottimista sul fatto che entro il prossimo decennio avremo la prima immagine».

Sì, se c’è. Già, perché potrebbe anche non esserci. La sua esistenza, come dicevamo, è derivata dall’osservazione di perturbazioni orbitali. E che Planet Nine possa essere una valida spiegazione a quelle perturbazioni è sostenuto anche di recente da un nuovo studio, sempre di Batygin e Brown, pubblicato su The Astronomical Journal lo scorso gennaio. Ma su quello stesso numero della rivista è presentata anche un’ipotesi alternativa. Un modello che spiegherebbe tutte le anomalie orbitali osservate senza necessità di alcun nuovo pianeta. Firmata da Antranik Sefilian della University of Cambridge e da Jihad Touma della American University di Beirut, la nuova ipotesi è che le perturbazioni siano dovute a un disco di piccoli oggetti, oltre l’orbita di Nettuno, la cui massa totale ammonti a una decina di volte quella della Terra.

«Rimuovendo Planet Nine dal modello e inserendo al suo posto una miriade di piccoli oggetti sparsi su una vasta area», spiega Sefilian, «l’attrazione gravitazionale cumulativa da essi esercitata potrebbe rendere conto altrettanto facilmente delle orbite eccentriche che vediamo in alcuni oggetti transnettuniani».

«Osservando altri sistemi, spesso studiamo il disco che circonda la stella ospite per inferire le proprietà di tutti i pianeti in orbita attorno a esso», continua il ricercatore. «Il problema è che, quando invece osservi il disco dall’interno del sistema, diventa quasi impossibile vederne l’interezza in un colpo solo. Al momento non abbiamo osservazioni dirette né del disco né di Planet Nine, ed è per questo che stiamo studiando anche altre possibilità. Tuttavia è interessante notare come le osservazioni sugli analoghi della fascia di Kuiper attorno ad altre stelle, così come i modelli di formazione dei pianeti, mostrino la presenza di enormi quantità di detriti residui».

D’altronde, sempre guardando ad altri sistemi planetari, occorre ricordare anche che si osserva spesso la presenza di super Terre – puntualizza invece Batygin – simili a come potrebbe essere Pianeta Nove, che se scoperto rappresenterebbe dunque una sorta di anello mancante nella storia della formazione del Sistema solare.

Per saperne di più:

Guarda questa intervista del 2017 a Giovanni Valsecchi su Planet Nine: