NELLE ONDE GRAVITAZIONALI L’IMPRONTA DELLO SPIN

Buchi neri come trottole impazzite

Esce oggi su “Nature” uno studio che rivela come i buchi neri in sistemi binari abbiano assi di rotazione non allineati, un dato da cui è possibile trarre preziose informazioni riguardo alla loro genesi. Media Inaf ha intervistato uno degli autori dell’articolo, il mantovano Alberto Vecchio, oggi astrofisico all’Università di Birmingham

     23/08/2017

Alberto Vecchio, co-autore dello studio uscito su Nature, è professore di astrofisica alla School of Physics and Astronomy e direttore dell’Institute of Gravitational Wave Astronomy della University of Birmingham, nel Regno Unito

La scoperta delle onde gravitazionali ha rappresentato una spettacolare conferma delle teoria della relatività generale di Einstein, capace di rivoluzionare il mondo dell’astronomia. Ma oggi le onde gravitazionali sono più della conferma sperimentale di una teoria, e possono fornirci dati per comprendere meglio gli oggetti che le producono, che sarebbero altrimenti impossibili da osservare: nel caso specifico parliamo di coppie di buchi neri in orbita attorno a un centro di massa comune. Ne parla uno studio uscito oggi su Nature, guidato da Will Farr dell’Università di Birmingham, nel Regno Unito, e firmato, fra gli altri, dall’astrofisico d’origini mantovane Alberto Vecchio, oggi direttore dell’Institute of Gravitational Wave Astronomy dell’Università di Birmingham.

Prima d’approdare nel Regno Unito, Vecchio ha conseguito la laurea in fisica al Collegio Ghislieri e l’Università di Pavia e il dottorato in astronomia al’università’ di Milano nel 1996. È inoltre membro del team Ligo che ha per la prima volta osservato direttamente onde gravitazionali nel settembre del 2015, ed è tuttora coinvolto in vari progetti per l’osservazione di onde gravitazionali, come la Laser Interferometer Space Antenna (Lisa) e i Pulsar-Timing-Arrays. Media Inaf lo ha intervistato.

Il vostro articolo considera due possibili scenari riguardo alla formazione e alla configurazione di sistemi binari di buchi neri: può spiegarci quali sono?

«Vi sono due principali scenari che sono stati proposti per spiegare la formazione di sistemi binari di buchi neri stellari. In uno, la binaria di buchi neri è il prodotto dell’evoluzione di una binaria di stelle massive, ognuna delle quali alla fine della sua vita collassa formando un buco nero. In questo caso ci si attende che gli assi di rotazione dei due buchi neri siano sostanzialmente paralleli tra di loro, e allineati con l’asse di rotazione orbitale della binaria. Un secondo scenario prevede che buchi neri si formino in abbondanza in un ambiente molto ricco di stelle (e in seguito di buchi neri), e che, data l’alta densità di questi corpi, due buchi neri si possano trovare sufficientemente vicini per “catturarsi” e dar vita ad un sistema binario. In questo caso, gli assi di rotazione dei buchi neri non hanno una direzione preferenziale, ma sono distribuiti in modo isotropo. Va anche detto che in seguito alla scoperta di sistemi binari di buchi neri molti altri scenari, più o meno esotici, sono stati proposti».

Stando ai dati da voi osservati, provenienti da Ligo, quale tra questi sembra dunque essere più comune?

«Se si fa l’assunzione che i buchi neri osservati da Ligo abbiano una frequenza di rotazione elevata, come quella osservata in altri buchi neri noti nella nostra galassia, allora possiamo concludere che un processo di formazione di binarie che produce assi di rotazione distribuiti in modo isotropo è favorito rispetto ad un processo che tende a produrre assi di rotazione che sono paralleli. Quindi lo scenario di formazione delle binarie attraverso la “cattura” sarebbe favorito rispetto a quello dell’evoluzione di binarie di stelle massive. Non possiamo però escludere la possibilità che i buchi neri osservati da Ligo abbiano una frequenza di rotazione molto modesta, nel qual caso non possiamo trarre nessuna conclusione in favore dell’uno o dell’altro processo di formazione».

I due possibili casi di rotazione dei buchi neri. Nel primo, gli assi di rotazione dei due buchi neri sono paralleli all’asse orbitale. Nel secondo, l’angolazione degli assi di rotazione è casuale. Crediti: Farr et al., Nature 2017

È possibile escludere altre cause, più recenti della loro formazione, che possano spiegare l’orientamento casuale degli assi di rotazione? L’interazione gravitazionale con altri oggetti, ad esempio?

«Una volta che si è formata la binaria di buchi neri, che arriverà a fondersi per emissione di onde gravitazionali, è estremamente difficile cambiare l’orientamento relativo degli assi di rotazione dei due corpi. I due corpi sono allacciati in una sorta di stretta mortale totalmente regolata dalla gravità, di fatto niente può più alterare il loro destino».

Oltre all’orientamento dell’asse di rotazione, quali altre informazioni riguardo ai buchi neri si possono estrarre dall’osservazione delle onde gravitazionali da loro prodotte?

«Secondo la teoria di Einstein, un sistema binario di buchi neri è interamente descritto da 17 parametri che ne definiscono le proprietà fisiche (la massa e la frequenza di rotazione intrinseca di ogni buco nero) e la geometria (come, per esempio, la distanza e la posizione nel cielo della binaria, e l’orientamento degli assi di rotazione dei buchi neri). Il segnale gravitazionale è molto “pulito” e in linea di principio si posso misurare tutto queste proprietà. In realtà, data la debolezza della radiazione che abbiamo osservato sino a ora, le informazioni principali che abbiamo ottenuto riguardano le masse – abbiamo una nuova popolazione di buchi neri tra circa 10 e 60 masse solari – e la loro distanza da noi, circa un miliardo di anni luce».

Più in generale, quali ripercussioni ha avuto la scoperta delle onde gravitazionali sull’astronomia osservativa?

«Credo che non sia un’esagerazione dire che la rivelazione delle onde gravitazionali abbia aperto una nuova era in astronomia. Il cielo era “buio” per quanto riguarda i buchi neri, ed ora è diventato molto “luminoso”. Già con la rivelazione della prima onda gravitazionale, Gw150914, abbiamo scoperto la prima binaria di buchi neri, per di più composta da buchi neri stellari assai più massivi di quelli conosciuti sino ad ora. Il fatto che nel giro di alcuni mesi di presa dati abbiamo osservato altre due binarie di buchi neri (ed una terza che è molto probabile sia anch’essa una sorgente di questo tipo, anche se il segnale è troppo debole per esserne assolutamente sicuri), ha dimostrato che questa è una popolazione molto ricca: possiamo stimare che ogni 15 minuti una binaria di questo tipo muoia da qualche parte nell’universo, anche se con gli strumenti attuali siamo in grado di cogliere solo la radiazione emessa dai sistemi più vicini a noi. Se due anni fa avessi descritto uno scenario del genere, la maggior parte dei miei colleghi astronomi mi avrebbero dato del matto».

Quale è la sua previsione per il futuro? Tra quanti anni avremo sistemi per osservare le onde gravitazionali di risoluzione tale da offrire dati di qualità comparabile a quella degli osservatori ottici o radio?

«Sarei uno scriteriato se avessi l’ambizione di predire cosa l’universo abbia in serbo per noi. Ma credo che sia ragionevole attendersi molte altre sorprese. Nei prossimi due o tre anni, con l’aumentare della sensibilità degli interferometri, ed ora con l’entrata in funzione di Virgo che si è unito a Ligo, dovremmo essere in grado di osservare una nuova binaria di buchi neri ogni giorno, e sistemi binari contenenti stelle di neutroni. E si spera di rivelare altri eventi violenti che coinvolgono oggetti compatti. Ma quello che mi auguro veramente è che questi nuovi strumenti ci permettano di osservare fenomeni completamente nuovi, dei quali non siamo assolutamente a conoscenza al momento.

L’interferometro Virgo, nella campagna pisana. Crediti: Virgo collaboration

È impossibile fare un paragone tra strumenti ottici o radio e gravitazionali: osservano oggetti diversi, o proprietà molto diverse degli stessi corpi. E questo è la bellezza di condurre osservazioni ad amplio spettro: ci permettono di costruire un’immagine completa (per quanto ci sia possibile) dell’universo in cui viviamo. È straordinario che, dal nostro piccolo e insignificante (ma alquanto prezioso per noi!) angolo dell’universo nel quale ci troviamo, possiamo ottenere così tante informazioni riguardo al cosmo. Ma è certo che l’astronomia gravitazionale è ancora nella sua infanzia, e i prossimi anni e decenni porteranno enormi sviluppi. Infatti stiamo già lavorando a migliorie degli strumenti attuali che, nel giro di un paio di anni, ci permetteranno di osservare un volume dell’universo dieci volte superiore a quello che possiamo coprire ora; oltre che a futuri progetti molto ambiziosi di nuove generazioni di interferometri terrestri, e di messa in orbita di un interferometro laser nello spazio (Lisa). Inoltre usiamo i segnali radio delle pulsar per formare uno rivelatore di scala galattica di onde gravitazionale. Ognuno di questi strumenti ci darà informazioni riguardo a sorgenti e fenomeni diversi, e le sorprese non mancheranno di certo».


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