I neutrini solari veicolano informazioni importanti sulla composizione interna della nostra stella, ma la natura estremamente elusiva di queste particelle rende la loro rilevazione un’impresa ardua e costosa. Ora un gruppo di ricercatori statunitensi ha appena pubblicato su Solar Physics uno studio che, se confermato, può spalancare una via molto più economica allo studio dei neutrini solari, attraverso le variazioni del decadimento radioattivo, apparentemente correlate con le oscillazioni dei neutrini provenienti dal Sole
I neutrini sono particelle subatomiche, senza carica e quasi senza massa, da cui siamo continuamente “trafitti”. Attraverso un’area grande quanto un’unghia passano qualcosa come 65 miliardi di neutrini ogni secondo. Durante un’intera vita, tuttavia, solo una manciata di queste particelle fantasma hanno la probabilità statistica di interagire effettivamente con atomi del nostro corpo.
Rilevare i neutrini risulta dunque un’impresa che richiede molta pazienza e, soprattutto, grandi e costosi rivelatori. Come il Super-Kamiokande, l’osservatorio giapponese da 100 milioni di dollari, costituito da un serbatoio sotterraneo riempito con 50mila tonnellate di acqua ultra-pura. La vasca è sormontata da 13mila fotomoltiplicatori, pronti a recepire ogni minimo scintillio conseguente alla rarissima interazione tra un neutrino e una molecola d’acqua.
«Se abbiamo visto giusto, significa che i neutrini solari sono molto più facili da rilevare di quanto pensavamo», dice Peter Sturrock, professore emerito di fisica applicata alla Stanford. «Senza allestire esperimenti enormi e costosi, potremmo ottenere dati simili, o anche migliori, da un esperimento che coinvolge solo pochi microgrammi di materiale radioattivo».
Le ricerche di Sturrock e colleghi si sono infatti concentrate sulle fluttuazioni nel tasso di decadimento di elementi radioattivi, trovando che tali variazioni seguivano una periodicità mensile identica a quella trovata per le cosiddette oscillazioni dei neutrini rilevate nei dati del Super-Kamiokande e attribuibile alla rotazione solare.
La probabile conclusione è che i neutrini solari influenzino direttamente i decadimenti beta. Questo collegamento è stato già teorizzato da altri ricercatori, ma l’analisi del nuovo studio aggiunge l’evidenza finora più forte alla teoria. Il prossimo passo sarà raccogliere una mole maggiore di dati per arrivare a spiegare come questi processi fisici siano collegati.
Per saperne di più:
- Leggi l’articolo “Comparative Analyses of Brookhaven National Laboratory Nuclear Decay Measurements and Super-Kamiokande Solar Neutrino Measurements: Neutrinos and Neutrino-Induced Beta-Decays as Probes of the Deep Solar Interior” di P. A. Sturrock, E. Fischbach, J. D. Scargle