ANALIZZANDO I CRATERI DELLA LUNA

Sulle tracce del killer dei dinosauri

Ricercatori della Universities Space Research Association hanno studiato la geologia della superficie lunare per comprendere la formazione dei crateri d'impatto sulla Terra. Gli autori si sono concentrati sul cratere lunare Schrödinger, la cui origine sarebbe simile a quella che ha prodotto il cratere Chicxulub sulla Terra, legato all'estinzione dei dinosauri. I risultati su Nature Communications

     20/10/2016

L’immagine mostra il cratere lunare Schrödinger, 312 chilometri di diametro. Durante l’impatto, le rocce emersero dalle zone profonde della crosta lunare sollevando per poco tempo una torre di detriti che produsse un picco centrale prima di collassare verso il basso sotto l’influenza della gravità per poi formare la catena montuosa a forma di anello che vediamo oggi. Un processo simile si ritiene sia avvenuto nel caso della formazione del cratere terrestre Chicxulub, legato all’estinzione dei dinosauri avvenuta 66 milioni di anni fa. Crediti: NASA Scientific Visualization Studio (NASA SVS)

Un gruppo di ricercatori guidati da David Kring della Universities Space Research Association ha condotto una serie di osservazioni della superficie lunare per approfondire gli studi sui crateri d’impatto che si sono formati sulla Terra. Nel loro articolo, pubblicato su Nature Communications, gli autori sostengono che durante gli impatti, le rocce emersero dalle zone profonde della crosta lunare sollevando per poco tempo una torre di detriti che formò una protuberanza centrale, prima di collassare verso il basso sotto l’influenza della gravità, per formare infine le catene montuose ad anelli che vediamo oggi. Questi risultati, basati in particolare sulle osservazioni del bacino lunare Schrödinger, forniscono indizi importanti per comprendere la formazione del cratere terrestre Chicxulub, che viene associato all’estinzione dei dinosauri.

Il cratere Chicxulub rappresenta l’esempio migliore, ancora ben conservato, di cratere d’impatto terrestre, anche se si trova ricoperto sotto un chilometro circa di sedimenti. Per confronto, il cratere d’impatto Schrödinger rappresenta l’esempio omologo sulla superficie lunare. Tuttavia, a differenza di Chicxulub, quello lunare si trova ben esposto, e perciò è accessibile allo studio attraverso tecniche remote di esplorazione.

«Le caratteristiche osservate nel cratere Schrödinger ci forniscono un quadro molto affascinante del cratere Chicxulub terrestre», spiega Kring. «Se si vuole immaginare come si è formato il cratere Chicxulub subito dopo l’impatto, basta osservare il suo analogo lunare. Si tratta di un eccellente esempio di come lo studio della superficie del nostro satellite naturale possa aiutarci a comprendere non solo i processi di formazione della Terra, ma anche quei processi d’impatto che hanno dato forma alla superficie. Secondo noi, il cratere Schrödinger rappresenta una priorità per le future missioni spaziali».

Illustrazione relativa alla formazione del cratere d’impatto Schrödinger sulla superficie lunare avvenuta circa 3,9 miliardi di anni fa, verso la fine dell’epoca della formazione dei crateri, quando la Luna si trovava più vicina alla Terra. Questo bacino fu prodotto durante l’ultimo periodo di pesanti bombardamenti che fecero riemergere successivamente la Terra e la Luna. Molto probabilmente, l’impatto fu dovuto a uno dei numerosi asteroidi che dominavano a quell’epoca gli sciami cometari. Crediti: David Kring e Daniel Durda (Fellow, IAAA)

Da una mappatura geologica delle rocce, gli autori ritengono che la formazione di entrambi i crateri sia avvenuta in maniera simile. In particolare, nel caso del cratere Chicxulub, che risale a 66 milioni di anni fa, i processi relativi alla sua formazione avvennero molto più rapidamente, a causa della maggiore gravità terrestre. Il cratere Chicxulub è diventato famoso poiché sarebbe associato all’estinzione dei dinosauri.

Inoltre, dato che il cratere Schroedinger si è formato dallo strato medio-basso della crosta lunare, gli scienziati ritengono che possa essere utilizzato per testare l’ipotesi dell’oceano di magma lunare e, quindi, per capire come la Luna passò da una massa fusa a un corpo celeste roccioso. Questa ipotesi suggerisce che, man mano che il nostro satellite si raffreddava, esso si differenziò in diversi strati caratterizzati da composizioni cristalline uniche. Gli autori hanno già identificato specifiche aree sulla superficie lunare che le prossime missioni robotiche, ed eventualmente la presenza di astronauti, saranno in grado di esplorare per verificare la veridicità, o meno, di questa ipotesi.


Per saperne di più: