PASSATI AL SETACCIO M44 E M67

A caccia di esopianeti negli ammassi stellari

Due lavori condotti da un team tutto italiano, composto da ricercatori dell'INAF e dell'Università di Padova dimostrano che, con il giusto metodo, cercare pianeti anche in zone molto affollate di stelle, come negli ammassi aperti, non solo è possibile, ma può restituire risultati scientifici rilevanti

     23/09/2016
L'ammasso aperto M67 ripreso dal telescopio Schmidt della sede osservativa di Asiago dell'INAF. Crediti: INAF-L. R. Bedin

L’ammasso aperto M67 ripreso dal telescopio Schmidt della sede osservativa di Asiago dell’INAF. Crediti: INAF-L. R. Bedin

Come fare a scoprire più facilmente nuovi esopianeti? Magari cercando in quelle zone dove ci sono tante stelle, come per esempio negli ammassi stellari. Questa risposta potrebbe suonare banale, ma banale proprio non lo è. L’affollamento di astri in un piccolo campo di vista può disturbare e influenzare pesantemente le misure della loro stessa luminosità. Senza un elevato livello di affidabilità di queste misure, è impossibile individuare con sicurezza le variazioni periodiche di questo parametro, che sono gli indizi del transito di un esopianeta davanti alla sua stella madre. E allora, addio scoperte di nuovi mondi.

Un team tutto italiano, composto da ricercatori dell’INAF e dell’Università di Padova, non si è però dato per vinto e ha avviato un programma incentrato sulla ricerca di pianeti extrasolari in ammassi stellari osservati dalla missione spaziale NASA Kepler/K2, che mette in campo una accurata tecnica ideata proprio per superare gli effetti negativi dell’affollamento di stelle negli ammassi.

«La nostra tecnica ci permette di isolare con grande precisione la stella di cui vogliamo studiare la luminosità, sottraendo nelle immagini digitali che vogliamo studiare le stelle vicine ad essa, le quali potrebbero influenzare la successiva analisi” dice Mattia Libralato, assegnista di ricerca presso l’Università di Padova e associato INAF, che fa parte del gruppo di ricerca.

«L’ingrediente fondamentale  in questa tecnica e` fornito dai cataloghi stellari ottenuti dalle riprese con il grande telescopio Schmidt della stazione osservativa di Asiago dell’INAF di Padova» aggiunge Luigi Bedin, astronomo INAF che coordina il programma di ricerca. «Questo telescopio, pur attrezzato con una camera amatoriale, permette riprese che coprono un ampio campo di vista e mantengono una alta risoluzione angolare; quest’ultima molto maggiore rispetto a quella fornita dalle immagini della missione NASA Kepler. Caratteristiche fondamentali per permettere di individuare e misurare tutte le sorgenti che ci sono nel campo, anche le più deboli. I risultati innovativi del nostro lavoro sono ottenuti proprio dalla combinazione di questi dati con quelli raccolti dall’estensione della missione spaziale NASA Kepler, denominata K2».

Rappresentazione artistica di un esopianeta del tipo gioviano caldo nell'ammasso stellare M67. Crediti: ESO/L. Calçada

Rappresentazione artistica di un esopianeta del tipo gioviano caldo nell’ammasso stellare M67. Crediti: ESO/L. Calçada

I primi risultati di queste indagini che hanno sfruttato l’originale metodo su diversi ammassi aperti, sono stati resi noti in due distinti lavori, su altrettanti distiniti ammassi aperti:  M44 (anche noto come “Presepe”) e M67 (un ammasso con la stessa età e composizione chimica del nostro Sole), e appena pubblicati a distanza di pochi giorni sulla rivista Monthly Notices of the Royal Astronomical Society.

«Con la nostra tecnica abbiamo individuato sette candidati esopianeti, che dovranno sucessivamente essere confermati da osservazioni spettroscopiche. Uno di questi è di taglia gioviana e sei significativamente più piccoli. Fra questi, due sono probabili membri di M44, e uno è particolarmente promettente. Orbita attorno ad una stella di sequenza di M44 con un periodo orbitale di circa 15 giorni e una taglia di circa 2 raggi terrestri. La sua vera natura, ovvero la sua massa, verrà presto confermata da osservazioni spettroscopiche già approvate.  Sono state scoperte in un sol colpo anche mille tra stelle variabili e binarie a eclisse, triplicando il numero di variabili note in un campo stellare ben studiato da oltre 50 anni come quello di M44» commenta Libralato, primo autore dell’articolo incentrato sulle indagini relative a quell’ammasso.

«Anche per M67, un ammasso completamente diverso dall’altro, molto più antico e massiccio, abbiamo individuato tre potenziali esopianeti peculiari, e aumentato di oltre il 50% il numero di stelle variabili note» aggiunge Domenico Nardiello, assegnista di ricerca presso l’Università di Padova e associato INAF, primo autore dell’articolo su M67.

Il lavoro dei ricercatori non si ferma qui. Per confermare che questi candidati siano effettivamente degli esopianeti, c’è bisogno di ulteriori indagini. Serve infatti una controprova, che potrà arrivare grazie alle osservazioni dello spettrografo HARPS-N installato al Telescopio Nazionale Galileo sulle Isole Canarie, che è già stato “prenotato” per studiare questi primi target. «Il progetto APHN , acronimo di Asiago Pathfinder for HARPS-N, potrà portare numerose altre conferme di potenziali esopianeti in altri ammassi stellari» aggiunge Bedin, ideatore di questo programma di ricerca. «Scoprire esopianeti in ammassi stellari è importante per diverse ragioni. Così come gli ammassi stellari sono stati fondamentali laboratori per testare i modelli di evoluzione stellare, essendo costituiti da stelle – in prima approssimazione – tutte di eguale composizione chimica ed età e situate ad una stessa distanza, ma di diversa massa, così le stelle di uno stesso ammasso possono rivelarci anzittutto qualsi siano le differenze fra stelle con pianeti e quelle che non li posseggono.  Secondo, come le diverse condizioni dinamiche presenti in un ammasso rispetto a stelle nel campo galattico possano influenzare la formazione, evoluzione e la architettura dei sistemi planetari. In aggiunta a ciò, i parametri stellari come massa, età, composizione chimica, distanza, etc…  sono determinati significativamente meglio in stelle di ammasso che in stelle che vagabondano per la Galassia, e questo si traduce immediatamente in una migliore conoscenza degli esopianeti scoperti».

Per saperne di più:

  • leggi l’articolo A PSF-based approach to Kepler/K2 data. II. Exoplanet candidates in Praesepe (M 44), di M. Libralato et al. pubblicato su Monthly Notices of the Royal Astronomical Society
  • leggi l’articolo A PSF-based approach to Kepler/K2 data – III. Search for exoplanets and variable stars within the open cluster M 67 (NGC 2682), di D. Nardiello et al. pubblicato su Monthly Notices of the Royal Astronomical Society