NUOVE TENDENZE DELL’ABBIGLIAMENTO SPAZIALE

La scarpa giusta per la Luna

Avete presente i poveri astronauti che intabarrati nelle tute spaziali camminano goffamente sul suolo lunare? La loro mobilità con indosso l’attrezzatura è molto limitata e si sono anche verificati dei capitomboli lunari, soprattutto a causa della poca sensibilità che le calzature attualmente in uso consentono. La soluzione è semplice e già in avanzata fase di sperimentazione. D’altra parte si sa, per camminare (ovunque), ci vogliono delle scarpe comode

     28/07/2016

“Un piccolo passo per l’uomo, un grande passo per l’umanità”, le passeggiate degli astronauti fin dalla prima delle missioni Apollo sono leggendarie, così come lo sono i capitomboli in cui i poveri malcapitati sono spesso incorsi camminando sulla superficie del nostro satellite, capitomboli da record di visualizzazioni sul web e spesso ben più conosciuti degli scopi scientifici delle missioni stesse. Nell’aprile del 1972, durante la missione Apollo 16, nonostante la gravità ridottissima, l’astronauta Charles Duke rischiò davvero di farsi male proprio facendo un capitombolo sul nostro satellite.

La causa principale delle difficoltà di movimento degli astronauti risiede nell’equipaggiamento: le tute spaziali rendono i movimenti difficoltosi, impediscono di avere una visuale chiara del terreno circostante, e le calzature non consentono ai piedi di avere sensibilità e di poter così aggiustare il tiro quando se ne dovesse mettere uno in fallo. La ricerca di una soluzione al problema sta impegnando i ricercatori del Dipartimento di Aeronautica e Astronautica (AeroAstro) del MIT e il Charles Stark Draper Laboratory di Cambridge, Massachusetts, che stanno sviluppando un nuovo modello di stivaletto spaziale con sensori integrati e piccoli motori “tattili”, le cui vibrazioni sarebbero grado di guidare l’utilizzatore e permettergli di girare intorno o, comunque, di evitare gli ostacoli. In occasione dell’edizione 2016 della Conferenza Internazionale sull’Interazione Uomo-Computer, che si è tenuta in Canada alla fine di giugno, i ricercatori dell’MIT hanno presentato i risultati di uno studio preliminare volto a determinare quali tipi di stimoli potrebbero fornire i migliori spunti di navigazione, e, soprattutto, in quali parti del piede la loro somministrazione garantisca i risultati migliori.

Sulla base di tale studio, sono in corso di progettazione ulteriori sperimentazioni sul prototipo, anche in ragione delle interessanti ricadute che il prodotto sviluppato potrebbe avere anche “a Terra”, ad esempio nella progettazione di sistemi di navigazione per i non vedenti. Lo sviluppo di tali sistemi è stata fino ad oggi ostacolata dalla mancanza di mezzi efficienti ed affidabili di comunicazione delle informazioni spaziali agli utenti.

Lo studio pilota ha permesso ad Alison Gibson, studentessa del Dipartimento AeroAstro dell’MIT e membro del team che ha realizzato lo studio, di concentrare l’attenzione proprio su come creare un linguaggio che renda le informazioni sullo spazio circostante immediatamente fruibili per gli utenti, trasformandole in stimoli. Gibson ha sviluppato un modello di calzatura nel quale erano integrati sei motori con sensori tattili: tre in corrispondenza di tallone, alluce, collo del piede, e tre lungo il bordo esterno del piede. L’intensità delle vibrazioni prodotte dai motori è modulabile.

La sperimentazione è stata fatta in due differenti tipi di condizione su un certo numero di soggetti: una situazione di quiete e l’altra invece accompagnata dalla somministrazione ai soggetti di un test cognitivo che fungesse da distrazione. Ogni soggetto è stato chiesto di riferire su più di 500 singoli stimoli, divisi tra le due condizioni.

I ricercatori dell'MIT hanno sviluppato un prototipo di calzatura dotata di sensori che riescono a trasformare in stimoli tattili le informazioni sul terreno circostante, il tutto con il fine di evitare gli ostacoli o superarli. Crediti immagine: Jose-Luis Olivares/MIT

I ricercatori del MIT hanno sviluppato un prototipo di calzatura dotata di sensori che riescono a trasformare in stimoli tattili le informazioni sul terreno circostante, il tutto con il fine di evitare gli ostacoli e superarli agevolmente. Crediti immagine: Jose-Luis Olivares/MIT

I ricercatori volevano associare alle variazioni di intensità delle vibrazioni dei motori con la distanza degli ostacoli, ma hanno scoperto che quando erano distratti da test cognitivi, i soggetti avevano difficoltà a identificare un aumento costante di intensità. Anche quando stavano partecipando agli stimoli, i soggetti avevano ancora difficoltà a identificare la variazione di intensità. Tutti inoltre avevano difficoltà a distinguere tra le posizioni di stimoli sul bordo esterno del piede: nel 20 percento dei casi, i soggetti erano del tutto incapaci di discernere stimoli di bassa intensità nella posizione centrale sul bordo esterno del piede destro.

Grazie ai risultati dei test, Gibson sta ora sviluppando uno scarpone con motori localizzati in tre sole posizioni: in corrispondenza della punta, del tallone, e verso la parte anteriore della parte esterna del piede. Lo stimolo inoltre non sarà più variato in continuazione, ma aumenterà di intensità con l’avvicinarsi del rischio di collisione con un ostacolo. Gli stimoli ad alta intensità saranno pulsati, per aiutare chi lo percepisce a distinguerli senza problemi da quelli a bassa intensità.

Insomma, gli studi procedono, e speriamo che presto il rischio di cadute e di inciampo venga ridotto al minimo per gli astronauti. E che tale tecnologia possa aiutare a migliorare la vita anche di tanti che, pur in ambiente non spaziale, hanno le stesse difficoltà sul nostro pianeta. E ditemi se è un caso che a condurre lo studio sulle scarpe, pur se spaziali, sia una donna… Ora la curiosità è vedere cosa ne verrà fuori a livello di stile!