GRAZIE A OSSERVAZIONI NELL’INFRAROSSO

Echi di luce per misurare dischi protoplanetari

Un team di ricercatori guidato da Huang Meng, post-doc dell’Università dell’Arizona, è riuscito a misurare per via indiretta la distanza tra una giovane stella e il disco di polveri e gas che la circonda, da cui potrebbero formarsi nuovi pianeti. Con il commento di Davide Fedele (INAF)

     28/04/2016
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Rappresentazione artistica di una giovane stella circondata dal suo disco di gas e polveri. Crediti: NASA/JPL-Caltech

Qual è la distanza a cui si trovano i dischi di polveri che circondano le giovani stelle e da cui potrebbero formarsi nuovi pianeti? Una domanda le cui risposte sono importanti per capire la storia e l’evoluzione degli esopianeti, specie quelli più grandi che abbiamo scoperto relativamente vicini alle loro stelle madri, i cosiddetti “gioviani caldi”.

Un nuovo studio pubblicato da Huang Meng, ricercatore post-doc dell’Università dell’Arizona ha fornito la stima della posizione del disco protoplanetario della stella denominata YLW 16B, di massa simile al Sole ma assai più giovane: appena un milione di anni contro i circa 4,6 miliardi della nostra stella.

Per ottenere questo valore, il team ha utilizzato una tecnica indiretta che prende il nome di “foto riverbero”, anche nota come metodo degli “echi di luce”. La tecnica funziona così: la luce irradiata in tutte le direzioni dalla stella al centro di un disco di gas e polveri ci raggiunge sia direttamente che “di rimbalzo”, quando raggiunge il materiale che compone il bordo interno del disco protoplanetario (in gergo chiamato inner wall) che in parte la riflette anche nella nostra direzione. Questa porzione di radiazione ci arriva con un leggero ritardo (da qui il termine eco) perché percorre un cammino più lungo. Conoscendo questo ritardo e moltiplicandolo per la velocità della luce, si può risalire proprio alla distanza che separa la sorgente dal bordo interno del disco.

eco-di-luce-schemaIl problema degli scienziati era però quello di capire dalle osservazioni quale era il flusso della luce diretta e quello riflesso. E proprio YLW 16B, che per la sua giovane età ha una luminosità estremamente variabile, si è rivelata uno tra i migliori candidati per mettere in pratica questa tecnica. Confrontando l’andamento irregolare del flusso della sua luce infrarossa raccolto dal telescopio orbitante Spitzer e da telescopi a Terra gli scienziati sono infatti riusciti a risalire al valore di questo ritardo e calcolare così la distanza stella-disco: 0,08 unità astronomiche, ovvero 12 milioni di chilometri. Un valore leggermente più piccolo rispetto alle precedenti stime ottenute con tecniche indirette ma in linea con le aspettative teoriche.

«Il lavoro di Meng e collaboratori si inserisce in un filone di ricerca, ovvero la misura della distanza dalla stella dell’inner wall nei dischi propoplanetari, già affrontato con tecniche di interferometria infrarossa con, ad esempio, il VLTI» commenta Davide Fedele, ricercatore dell’INAF presso l’Osservatorio Astrofisico di Arcetri. «Quindi in realtà noi sapevamo già da diversi anni che la polvere nei dischi non raggiunge la magnetosfera della stella ma si “ferma” prima, ovvero a distanze maggiori. Il raggio di questo inner wall è dato dalla temperatura di sublimazione della polvere che è di circa 1000 – 1500 K (il valore esatto dipende dalla composizione della polvere stessa). I risultati del nuovo studio sono quindi in linea con quelli già ottenuti in passato».

 

Per saperne di più:

  • leggi l’articolo Photo-reverberation Mapping of a Protoplanetary Accretion Disk around a T Tauri Star di Huan Y. A. Meng et al. pubblicato sulla rivista The Astrophysical Journal