STANFORD CALDEGGIA UNA MISSIONE SPAZIALE

Gravità newtoniana: un test su scala planetaria

Un gruppo di ricercatori della Stanford University sogna una missione spaziale per verificare lo scarto nella gravità universale su ampia scala, lontano dalle influenze “negative” di polvere interplanetaria e fascia di Kuiper, con strumenti 100 volte più precisi di quelli utilizzati nelle missioni NASA Pioneer

     26/11/2015
Crediti: NASA.

Crediti: NASA.

È grazie a Newton se oggi possiamo affermare con ragionevole certezza che l’attrazione gravitazionale fra due corpi è inversamente proporzionale al quadrato della distanza che li separa. È una legge fisica che funziona bene ed è facilmente verificabile su scala “umana”. Le teorie che tentano di spiegare la materia oscura e l’energia oscura suggeriscono invece che, su ampia scala, si debbano valutare alcuni “emendamenti” alla legge di gravitazione universale.

E allora perché non pensare a una missione spaziale per cancellare definitivamente ogni ombra sulla questione? A suggerire l’azzardo sono i ricercatori della Stanford University che, sull’ultimo numero di APS Physics, propongo l’esperimento “definitivo” per chiarire l’annosa questione della gravità: spedire nello spazio una missione ottimizzata per misurare con grandissima precisione lo scarto della gravità newtoniana su una scala paragonabile alle dimensioni del Sistema Solare. Una sonda, insomma, che segua una traiettoria perpendicolare al piano del nostro sistema planetario, in modo da escludere l’attrazione gravitazionale di polvere interplanetaria e fascia di Kuiper che inquinano i dati e, finalmente, avere una fotografia reale delle possibili deviazioni alla gravità newtoniana facendo affidamento su strumenti 100 volte più precisi da quelli effettuati in precedenza dalla NASA con le missioni Pioneer.

In natura la gravità è la più debole delle quattro forze fondamentali, incredibilmente più debole (1037 volte) della forza elettromagnetica, per non parlare di quella nucleare forte (1039 volte). Nonostante tutto però, complice la sua attrattiva sempre presente e su lungo raggio, la gravità predomina in assoluto nei fenomeni macroscopici di astronomia e cosmologia.

Con il principio di equivalenza, che prevede la perfetta uguaglianza tra massa inerziale e massa gravitazionale dei corpi, Einstein  mise in stretta relazione la gravità con la geometria dello spazio-tempo, superando i limiti della teoria proposta da Newton – di Einstein abbiamo appena scritto su MediaINAF, celebrano il centenario della Teoria della relatività.

La gravità per Einstein è la componente capace di creare una distorsione delle proprietà geometriche dello spazio-tempo, deformando e deviando le traiettorie dei corpi. I calcoli non tenevano conto della materia oscura e dell’energia oscura, e basandosi su galassie molto distanti non poteva che ottenere un numero indicativo, ma non preciso per così dire “al centesimo”. Qualcosa di più interessante lo si è ottenuto grazie alle sonde Pioneer, oggi a circa 10 miliardi di km dalla Terra, che si muovono con un’accelerazione “residua”, non prevista, di 8,510-8 cm/s² e diretta verso il Sole. Sono possibili spiegazioni meccaniche a questo fatto (si può facilmente ipotizzare una fuoriuscita di elio o un fenomeno di dispersione anisotropa di calore dalla sonda stessa) ma c’è anche chi ha ipotizzato l’esistenza di una quinta forza, dalle proprietà simili alla forza gravitazionale.

La missione spaziale suggerita dai ricercatori della Stanford potrebbe dirimere le questioni aperte.