RIDURRE LA SPAZZATURA SPAZIALE

Satelliti fuori uso? Eliminiamoli così

Sviluppato da alcuni ricercatori dell'Università di La Rioja in Spagna un nuovo metodo per eliminare satelliti artificiali su orbite altamente ellittiche giunti alla fine della loro vita operativa, riducendo i costi e i rischi delle procedure di deorbitazione

     02/09/2015

space-debris-2Lo spazio è sempre più affollato, purtroppo anche di ferraglia inutile e pericolosa. Anno dopo anno si accumulano infatti attorno alla Terra migliaia e migliaia di detriti, che vanno dalle dimensioni di un bullone o meno fino a satelliti interi, grandi alcuni metri e pesanti varie tonnellate, in orbita sulle nostre teste e privi di controllo. Un serio problema per l’incolumità dei satelliti funzionanti, delle infrastrutture e degli astronauti in orbita, come la Stazione Spaziale internazionale e i suoi inquilini. Gli scontri con queste ‘mine vaganti’ possono provocare seri danni, viste le altissime velocità con cui avvengono di solito questi eventi.

Negli ultimi anni i Governi e le Agenzie spaziali hanno attivato una nutrita serie di iniziative per controllare e minimizzare i rischi derivanti da questa vera a propria spazzatura spaziale anche prevedendo, nelle nuove missioni, adeguate manovre di deorbitazione dei satelliti  a completamento della loro vita operativa. In questo ambito, alcuni membri del Gruppo di Calcolo Scientifico presso l’Università di La Rioja in Spagna (GRUCACI) hanno sviluppato un metodo per eliminare in modo definitivo i satelliti in orbite marcatamente ellittiche (le cosiddette HEO, ovvero High Eccentricity Orbit, in gergo tecnico) una volta concluse le loro missioni. Le HEO hanno traiettorie molto eccentriche, in cui il punto di massimo allontanamento dalla Terra può essere anche maggiore di dieci volte quello di massimo avvicinamento e assai inclinate, fino a 60 gradi rispetto all’equatore terrestre. L’evoluzione di questi percorsi orbitali è pesantemente influenzata dalle perturbazioni gravitazionali dovute al rigonfiamento equatoriale della Terra e da quelle esercitate dalla Luna e dal Sole. Effetti che, nel lungo periodo, possono portare i satelliti su queste orbite ad attraversare delle regioni di spazio ‘protette’, ovvero quelle dove sono collocati i satelliti in orbita bassa (LEO, Low Earth Orbit, tra i 160 e 2000 chilometri dalla Terra) e quelli geostazionari, a circa 36.000 chilometri sopra le nostre teste. Questi passaggi ripetuti nel tempo aumentano ovviamente le probabilità di collisioni, così come i rischi di giungere, per i satelliti non più operativi, a un loro rientro incontrollato in atmosfera.

«Nel nostro studio abbiamo sfruttato gli stessi effetti che perturbano le HEO per ridurre i costi di eliminazione dei satelliti che si trovano su quelle orbite una volta andati ‘in pensione’» spiega Roberto Armellin, primo autore dell’articolo pubblicato sulla rivista Advances in Space Research. «Le manovre necessarie alla deorbitazione consumano una parte del carburante di bordo, e questo riduce la vita operativa di un satellite e ne aumenta il suo costo. Abbiamo così sviluppato una metodologia finalizzata a ridurre la quantità di propellente necessario per effettuare le manovre, e quindi anche il costo finale della missione».

I ricercatori hanno utilizzato un software da loro sviluppato in grado di ricostruire l’evoluzione di cento anni di un’orbita in pochi secondi e trovare così le migliori condizioni e tempistiche degli interventi di correzione orbitale per il rientro dei satelliti nell’atmosfera terrestre, così da farli disintegrare in modo sicuro e con il minimo rischio per gli altri satelliti.

La simulazione è stata testata con successo per definire la procedura di deorbitazione della missione INTEGRAL, un osservatorio spaziale nei raggi gamma dell’Agenzia Spaziale Europea lanciato nel 2002. «I risultati hanno indicato le manovre di correzione dell’orbita che faranno precipitare il satellite nell’atmosfera terrestre, con la sua conseguente distruzione, tra settembre 2028 e luglio 2029. Tutto in modo controllato e con un costo che è ridotto, avendo sfruttato l’amplificazione di effetti gravitazionali naturali», aggiunge Armellin.

La soluzione indicata dalle simulazioni coincide con la vera strategia adottata dall’ESA per la conclusione della missione INTEGRAL, che quest’anno ha acceso i suoi motori quattro volte per rientrare verso la terra in modo sicuro e con un costo ridotto nel febbraio 2029.

Per saperne di più:

  • l’articolo End-of-life disposal of high elliptical orbit missions: The case of INTEGRAL di Roberto Armellin, Juan F. San-Juan e Martín Lara, pubblicato sulla rivista Advances in Space Research