DA UNO STUDIO SU NATURE GEOSCIENCE

Il passato della Luna nelle fontane di fuoco

Un team di ricercatori statunitensi ha analizzato il materiale vulcanico lunare utilizzando NanoSIMS, uno strumento in grado di rivelare la presenza di carbonio con una sensibilità di rilevazione del carbonio due ordini di grandezza maggiore del passato. I risultati indicano che sul nostro satellite potrebbero esserci state eruzioni con intensi zampilli, dette "fontane di fuoco". Il commento di Diego Turrini dell'INAF-IAPS

     25/08/2015

I piccoli granelli di vetro vulcanico trovati sulla Luna durante le missioni Apollo mostrano chiari segni del fatto che in passato sulla superficie lunare hanno avuto luogo eruzioni vulcaniche con alti zampilli di lava, anche dette “fontane di fuoco”. Un team di scienziati della Brown University e della Carnegie Institution for Science hanno individuato il gas volatile che ha innescato queste eruzioni.

Le fontane di fuoco sono un tipo di eruzione che si verifica frequentemente, ad esempio nella zona delle Hawaii, e richiedono la presenza di sostanze volatili mescolate alla lava in eruzione. I composti volatili si trasformano in gas mentre la lava risale dagli strati più profondi. L’espansione del gas comporta una spinta molto intensa applicata alla lava in fuoriuscita, un po’ come quando si apre il tappo di una bottiglia che contiene una bibita gassata dopo averla scossa.

«Il dubbio, per molti anni, è stato quale gas avesse prodotto questo tipo di eruzioni sulla Luna», ha dichiarato Alberto Saal, professore associato di Scienze Terrestri, Ambientali e Planetarie presso la Brown University e co-autore dello studio. «Al momento il gas si è esaurito, quindi non è facile rispondere a questa domanda».

La ricerca, pubblicata sulla rivista Nature Geoscience, suggerisce che la lava associata alle fontane di fuoco lunari contenesse notevoli quantità di carbonio. Mentre saliva dalle profondità lunari, il carbonio si è combinato con l’ossigeno generando notevoli quantità di monossido di carbonio (CO, che sarebbe dunque il principale responsabile della formazione di fontane di fuoco sulla superficie lunare.

Per molti anni si è pensato che la Luna fosse priva di sostanze volatili come l’idrogeno e carbonio. Questo è rimasto vero fino a quando, nell’ultimo decennio, sono stati individuati degli elementi volatili nei campioni lunari. Nel 2008 Saal e colleghi hanno rilevato presenza di acqua nei granelli vulcaniche lunari. A questa scoperta è seguita la rilevazione di zolfo, cloro e fluoro. Se da un lato è emerso che la Luna non è stata completamente impoverita di sostanze volatili, come si pensava, dall’altro è anche vero che nessuno dei volatili rilevati era coerente con eruzioni tipo fontana di fuoco. Ad esempio, se l’acqua fosse stata la forza trainante, si sarebbero dovute trovare concentrazioni mineralogiche nei campioni recuperati, che invece non sono state osservate.

Nell'immagine sono visibili le inclusioni vetrose, come piccoli punti di magma congelato all'interno dei cristalli di olivina. I cristalli imprigionano gli elementi volatili che sarebbero altrimenti potuti sfuggire dal magma. I ricercatori hanno dimostrato queste inclusioni, presenti nel materiale vulcanico lunare, contengono carbonio, materiale che potrebbe aver innescato eruzioni con getti violenti, dette anche "fontane di fuoco". Crediti: Saal Lab/ Brown University

Nell’immagine sono visibili le inclusioni vetrose, come piccoli punti di magma congelato all’interno dei cristalli di olivina. I cristalli imprigionano gli elementi volatili che sarebbero altrimenti potuti sfuggire dal magma. I ricercatori hanno dimostrato queste inclusioni, presenti nel materiale vulcanico lunare, contengono carbonio, materiale che potrebbe aver innescato eruzioni con getti violenti, dette anche “fontane di fuoco”. Crediti: Saal Lab/ Brown University

Per questo studio, Saal e i suoi colleghi hanno analizzato accuratamente i grani di vetro riportati sulla Terra dalle missioni Apollo 15 e 17. In particolare, hanno osservato i campioni che contenevano inclusioni vetrose, granelli di magma fuso rimasti intrappolati all’interno di cristalli di olivina. I cristalli sono in grado di intrappolare i gas presenti nel magma prima che questi possano sfuggire.

Sebbene in precedenza fossero stati rilevati altri elementi volatili nei materiali vulcanici lunari, la misurazione del carbonio era difficile, per via dei limiti di rilevazione delle tecniche di analisi disponibili. Erik Hauri della Carnegie Institution for Science ha sviluppato una nuova tecnica di indagine che ha migliorato la sensibilità di rilevazione del carbonio di due ordini di grandezza. Questo ha permesso di effettuare misurazioni di fino a 0.1 parti per milione.

«Questo grande passo in avanti dipende dalle incredibili capacità dello strumento NanoSIMS della Carnegie, in grado di misurare livelli di carbonio estremamente bassi su oggetti del diametro di un capello umano», ha spiegato Hauri. «È davvero un risultato notevole sia sul piano scientifico che tecnico».

I ricercatori hanno analizzato le inclusioni vetrose presenti nel materiale lunare e hanno trovato che i campioni contenevano da 44 a 64 parti per milione di carbonio. Avendo rilevato carbonio, hanno sviluppato un modello teorico per prevedere come sarebbe dovuto fuggire il gas dal magma lunare a varie profondità e pressioni. Il modello era stato utilizzato a lungo per l’analisi di materiali terrestri. Saal e colleghi hanno modificato diversi parametri per adattare il modello al magma lunare.

La teoria ha mostrato che il carbonio, combinato con l’ossigeno a formare monossido di carbonio, sarebbe stato eliminato prima rispetto ad altre sostanze volatili.

«La maggior parte del carbonio avrebbe prodotto l’emissione di gas sotto la superficie», ha detto Saal. «Mentre altri volatili, come l’idrogeno, sarebbero stati dispersi più tardi, quando il magma si trovava molto più vicino alla superficie e dopo che la lava aveva iniziato a rompersi in piccoli globuli. Questo indica che il carbonio deve essere stato dominante nelle fasi iniziali».

Oltre a fornire una risposta alle domande di vecchia data circa le fontane di fuoco lunari, i risultati possono garantire anche un’ulteriore prova del fatto che alcuni bacini di materiali volatili all’interno della Luna hanno origini comuni con quelli terrestri, dicono i ricercatori.

La quantità di carbonio rilevata nelle inclusioni vetrose è risultata molto simile a quella trovata nei basalti emersi dalle dorsali medio-oceaniche della Terra. Saal e i suoi colleghi avevano già dimostrato in precedenza che la Terra e la Luna hanno concentrazioni simili di acqua e di altre sostanze volatili, riportando anche che i rapporti tra gli isotopi di idrogeno dei campioni lunari sono simili a quelli terrestri.

Se le sostanze volatili terrestri e lunari hanno effettivamente una fonte comune, questo comporta vincoli stringenti per le origini del nostro satellite. Gli scienziati ritengono che la Luna si sia formata quando la Terra è stata colpita da un oggetto delle dimensioni di Marte nei suoi primi stadi di vita. I detriti prodotti da tale impatto avrebbero permesso la formazione della Luna come la conosciamo oggi.

«Le prove raccolte sui volatili indicano o che una parte di questi elementi presenti sulla Terra sono sopravvissuti all’impatto e sono rimasti all’interno della Luna, oppure che sono stati portati sia sulla Terra che sulla Luna da una fonte comune, probabilmente un bombardamento di meteoriti», ha detto Saal.

«Negli ultimi anni» ha commentato Diego Turrini dell’INAF – Istituto di Astrofisica e Planetologia Spaziali «le missioni spaziali nel Sistema Solare interno ci hanno rivelato tracce di elementi volatili, talvolta in quantità insospettate, persino nei posti più inattesi come il caldo Mercurio o il piccolo e arido asteroide Vesta. Questi nuovi risultati sul carbonio lunare aggiungono un tassello a questo mosaico e rafforzano l’idea che gli elementi volatili possano essere stati presenti nella regione dei pianeti terrestri fin dagli inizi del Sistema Solare, forse in consequenza di qualche evento su grande scala».