LA PRIMA VOLTA NEI RAGGI GAMMA

Buco nero sotto la lente d’ingrandimento

I telescopi spaziali Integral, Fermi e Swift hanno usato il potere di ingrandimento di una lente cosmica gravitazionale per esplorare le altrimenti inaccessibili regioni interne di un buco nero supermassiccio, dove si originano i getti relativistici. E’ la prima volta che questo metodo viene utilizzato con emissioni in raggi gamma

     08/07/2015
Questa rappresentazione artistica mostra i dintorni di un buco nero supermassiccio, tipico di quelli che si trovano al centro di molte galassie. Il buco nero stesso è circondato da un disco di accrescimento molto brillante di materiale caldissimo in caduta e, più in là, da un toro di polvere. Si vedono spesso anche due getti di materiale ad altissima velocità, eiettati ai poli del buco nero, che si possono estendere per distanze enormi nello spazio. Crediti: ESO/L. Calçada

Questa rappresentazione artistica mostra i dintorni di un buco nero supermassiccio, tipico di quelli che si trovano al centro di molte galassie. Il buco nero stesso è circondato da un disco di accrescimento molto brillante di materiale caldissimo in caduta e, più in là, da un toro di polvere. Si vedono spesso anche due getti di materiale ad altissima velocità, eiettati ai poli del buco nero, che si possono estendere per distanze enormi nello spazio. Crediti: ESO/L. Calçada

I raggi gamma sono radiazioni altamente energetiche emesse in concomitanza con i processi fisici più estremi che avvengono nel nostro Universo. Per esempio, getti di raggi gamma zampillano a velocità relativistiche dalle zone attorno a giganteschi buchi neri, troneggianti al centro delle cosiddette galassie attive. Gli astrofisici ritengono che questi getti siano emessi da materiale che si surriscalda mentre ruota vorticosamente nel gorgo di un buco nero supermassiccio.

Purtroppo i nostri telescopi non saranno mai abbastanza potenti da arrivare a scrutare con sufficiente dettaglio le regioni più interne di un siffatto buco nero, dove si originano i getti, e confermare o meno le ipotesi che gli scienziati hanno elaborato sul loro meccanismo di formazione. A volte, però, come spiega un articolo appena pubblicato su Nature Physics, è la stessa natura che ci viene in aiuto, permettendoci di sbirciare il motore nascosto sotto al cofano di una galassia attiva.

«Poiché non possiamo vedere chiaramente cosa sta succedendo, non siamo in grado di comprendere pienamente questo comportamento», dice Andrii Neronov dell’Università di Ginevra, in Svizzera, autore principale del nuovo studio. «Tuttavia, il nostro metodo ci ha permesso di risolvere questa regione, e ottenere una panoramica della zona di spazio immediatamente circostante un buco nero supermassiccio, conosciuto come PKS 1830-211».

Vista simulata del buco nero supermassiccio (in rosso) al centro di una galassia distante, che risulta ingrandita per l’effetto gravitazionale sulla luce prodotto da una galassia in primo piano (non rappresentata). Questo effetto è chiamato lente gravitazionale, o microlensing quando viene rilevato come piccole chiazze nel cielo. Crediti: per cortesia di A. Neronov, ISDC, University of Geneva, Switzerland

Vista simulata del buco nero supermassiccio (in rosso) al centro di una galassia distante, che risulta ingrandita per l’effetto gravitazionale sulla luce prodotto da una galassia in primo piano (non rappresentata). Questo effetto è chiamato lente gravitazionale, o microlensing quando viene rilevato come piccole chiazze nel cielo. Crediti: per cortesia di A. Neronov, ISDC, University of Geneva, Switzerland

Il nucleo galattico attivo PKS 1830-211 si trova a molti miliardi di anni luce dalla Terra. Vista la distanza, i telescopi spaziali per le alte energie che sono stati utilizzati nella ricerca – Integral, Fermi e Swift – non avrebbero avrebbero potuto di per sé osservare in dettaglio la regione in questione, ma una fortunata coincidenza ha dato una mano agli astrofisici.

«Dalla Terra, i buchi neri risultano veramente piccoli», osserva Neronov. «Per dare un’idea, cercare di osservare PKS 1830-211 è un po’ come sperare di distinguere una formica sulla Luna. Per questo motivo abbiamo avuto bisogno di usare un trucco: un’enorme lente gravitazionale».

Oggetti cosmici di grande massa, a partire da singole stelle fino ad arrivare agli ammassi di galassie, proprio grazie alla loro forte gravità possono piegare e focalizzare il flusso di radiazione che scorre intorno a loro, agendo come gigantesche lenti d’ingrandimento. Per la loro scoperta, Neronov e colleghi hanno utilizzato una galassia massiccia posizionata esattamente tra il loro target – la galassia contenente il buco nero in questione – e la Terra, per “zoomare” sul buco nero e misurare la dimensione della regione dove viene emesso il getto.

«Le nostre osservazioni dimostrano che i raggi gamma provengono dalle immediate vicinanze del buco nero stesso», spiega Neronov. «Questo ci permette di avere un’idea di ciò è implicato nel generare i getti e di ciò che, al contrario, non lo è».

Benché l’effetto lente gravitazionale sia già stato utilizzato sullo stesso oggetto in altre lunghezze d’onda (ad esempio con Alma, vedi qui e qui su Media INAF), secondo i ricercatori è la prima volta in assoluto che questo metodo viene utilizzato per le frequenze ad alta energia dei raggi gamma.

Un gruppo di astronomi ha studiato i dettagli del nucleo galattico attivo PKS 1830-211 utilizzando un’altra galassia, più vicina ma sulla stessa linea di vista, come lente d’ingrandimento. Crediti: ESA/ATG medialab

Un gruppo di astronomi ha studiato i dettagli del nucleo galattico attivo PKS 1830-211 utilizzando un’altra galassia, più vicina ma sulla stessa linea di vista, come lente d’ingrandimento. Crediti: ESA/ATG medialab

Dalle osservazioni sono emersi dettagli di una zona di cielo grande circa 100 volte la distanza Terra-Sole, quindi estremamente piccola in termini astronomici. Dettagli che nel loro complesso permettono ai ricercatori di ricostruire un quadro più completo della radiazione che ne sgorga.

I raggi gamma più energetici, rilevati da Fermi, provengono dalla ristretta base del getto, mentre quelli a più bassa intensità, registrati da Integral, vengono emessi da una regione circostante molto grande. Il team ha anche studiato i raggi X utilizzando Integral e Swift, trovando che questa radiazione viene emanata da una regione che si estende attorno al buco nero per circa 400 miliardi di kilometri.

«Questo buco nero è uno dei più potenti oggetti conosciuti del suo genere. La possibilità di caratterizzare completamente la sua emissione ci fornirà, si spera, una vera comprensione di come si formano questi getti», commenta in conclusione Erik Kuulkers, astronomo dell’ESA. «Fortunatamente, il buco nero si trova nel campo di spazio situato verso il centro della nostra galassia, una posizione che permette a Integral di osservarlo frequentemente».