LO STRUMENTO LOW FREQUENCY DI SKA

A caccia di esopianeti con MWA

I ricercatori australiani hanno incentrato lo studio su 13 sistemi planetari che non sono stati precedentemente studiati tramite le osservazioni radio, anche se dai risultati si evince che non sono state ancora rilevate emissioni. La soluzione a questo problema potrà arrivare con i diversi strumenti dello Square Kilometre Array

     12/11/2014
La prima tile del Murchinson Widefield Array (MWA) in Australia. Crediti: INAF

SK La prima tile del Murchinson Widefield Array (MWA) in Australia. Crediti: INAF

Lo Square Kilometre Array (SKA), la rete di radiotelescopi che sarà la più grande nel mondo quando verrà completata nel 2020, non conterà soltanto centinaia e centinaia di antenne a parabola, ma anche antenne di diversa conformazione, come il Murchinson Widefield Array (MWA), che sarà costituito da 128 tiles (una delle quali è ritratta nella foto qui accanto) per un totale di 2048 antenne a dipolo a doppia polarizzazione che porteranno a termine i diversi obiettivi scientifici dell’ambizioso progetto. Uno di questi obiettivi è la ricerca di nuovi pianeti al di fuori del nostro Sistema solare tramite la rilevazione di emissioni radio a bassa frequenza.

Di recente, un gruppo di ricercatori guidati da Tara Murphy (Sydney Institute for Astronomy) ha pubblicato su arXiv uno studio dal titoloLimits on low frequency radio emission from southern exoplanets with the Murchison Widefield Array, in cui vengono presentati i risultati di una survey effettuata con MWA sulle emissioni radio a bassa frequenza in 17 sistemi di pianeti extrasolari conosciuti. Il campione comprende 13 sistemi che non sono stati precedentemente studiati tramite osservazioni radio, anche se dai risultati si evince che non sono state ancora rilevate emissioni radio.

Si tratta dei primi dati di un programma più ampio per la ricerca sistematica di pianeti extrasolari con MWA. I pianeti extrasolari dotati di un campo magnetico emettono radiazioni proprio come quelli del nostro Sistema solare dove è presente una magnetosfera (Mercurio, Terra, Giove, Saturno, Urano e Nettuno). Cosa cercano i radioastronomi? Osservando in direzione di questa tipologia di oggetti gli esperti sperano di rilevare l’emissione dovuta al Meccanismo maser del ciclotrone, che ha origine in prossimità delle regioni polari del pianeta quando la magnetosfera ha un campo magnetico molto forte e quindi i flussi  di plasma magnetizzato che si sviluppano sono velocissimi. Queste correnti generano aurore perenni e intensa emissione radio caratterizzata da polarizzazione circolare, cioè radiazione elettromagnetica in cui il campo elettrico ha intensità fissa, ma ruota in direzione.

Si tratta di un tipo di emissione sporadica, dicono i ricercatori, con tempi che possono variare da secondi a giorni. A differenza delle osservazioni ottiche, con cui si è notato che la radiazione dei pianeti è molto più debole di quella della loro stella madre, nel campo della radioastronomia si riescono ad effettuare osservazioni più precise: basti pensare che l’emissione radio del pianeta Giove nella banda decametrica è intensa quasi quanto quella rilevata durante le esplosioni solari. È probabile che una radiazione così potente al di fuori del Sistema solare provenga da esopianeti più grandi di Giove, in orbita attorno alla loro stella madre a brevi distanze orbitali.

mwa

La maggior parte dei pianeti extrasolari oggi conosciuta è stata scoperta indirettamente osservando la velocità radiale e il transito davanti alla loro stella madre, mentre un numero minore di oggetti è stato scoperto anche attraverso osservazioni dirette, in luce visibile o tramite le onde radio. Sono proprio quest’ultime che ci permetteranno in futuro di confermare se un pianeta possegga o meno un campo magnetico.

Rilevare la polarizzazione circolare, spiegano gli autori dello studio, darebbe chiare indicazioni sull’emisfero del campo magnetico da proviene la radiazione e fornirebbe un dato sulla densità del plasma nella magnetosfera. L’emissione maser di ciclotrone ha una frequenza massima determinata dalla girofrequenza degli elettroni ed è proporzionale alla forza di campo magnetico. Le emissioni radio dei pianeti extrasolari dovrebbero raggiungere il loro picco a frequenze inferiori a 10-100 MHz e, quindi, è stato finora inaccessibile per la maggior parte dei telescopi.

In questo studio i ricercatori australiani si sono focalizzati su una zona di cielo che rientra nella MWA Transients Survey (MWATS) e hanno osservato gli oggetti sia in intensità totale che in polarizzazione circolare, ma di nessuno dei 13 esopianeti è stato possibile rilevare le emissioni radio a 154 MHz. Nello studio vengono riportati nel dettaglio i dati delle osservazioni effettuate dal 9 settembre 2013 al 13 giugno 2014 proprio nell’ambito della MWATS. Gli autori hanno scritto: «Diversi motivi possono spiegare perché non abbiamo rilevato alcun oggetto. Il più ovvio è che abbiamo bisogno di osservazioni più sensibili. Il secondo problema è che la nostra frequenza di osservazione, anche se inferiore rispetto a molte precedenti ricerche di sistemi extrasolari, è ancora troppa elevata rispetto alla frequenza di emissione massima stimata per molti pianeti nel nostro campione».

E sembra proprio che la soluzione a questo problema potrà arrivare con i diversi strumenti di SKA, soprattutto MWA e Square Kilometre Array low frequency. In futuro MWA verrà calibrato su frequenze inferiori (90 MHZ) e coprirà il periodo orbitale completo di molti sistemi planetari conosciuti. Gli autori dello studio hanno anche accennato a progetti che riguardano LOFAR (Low Frequency Array) per rilevare emissioni radio dagli esopianeti. Lo sviluppo  delle antenne Low Frequency Aperture Array (LFAA) (SKA1-Low), a cui lavora anche un gruppo di ingegneri e radioastronomi dell’INAF, sarà l’occasione per rilevare pianeti extrasolari a basse frequenze attraverso la loro emissione radio.

«Lo studio dei pianeti extrasolari è di fondamentale importanza ed è uno degli argomenti di indagine più attuali», ha affermato Luigina Feretti, direttore dell’INAF-Istituto di Radioastronomia (IRA). «Anche se finora non è stato rivelato alcuno degli oggetti osservati, è cruciale che queste osservazioni siano state intraprese e vengano portate avanti, sia per il contenuto scientifico, sia per l’utilizzo di tecnologia innovativa che verrà utilizzata per SKA».

Che cos’è MWA? Ciascuna tile dello strumento SKA conterrà 16 dipoli incrociati disposti in un quadrato 4×4: la maggior parte delle tile verrà costruita in un’area centrale di 1,5 chilometri, mentre le altre verranno posizionate in un’area più grande (circa 3 chilometri). Operanti nella gamma di frequenza 80-300 MHz, le piccole antenne MWA a forma di ragno cercheranno di rilevare le emissioni di idrogeno atomico neutro dall’Epoca della reionizzazione, studieranno il Sole, l’eliosfera, la ionosfera della Terra, e il costo totale del progetto è previsto attorno ai 51 milioni dollari australiani (circa 35 milioni di euro).

Per saperne di più:

Leggi QUI lo studio “Limits on low frequency radio emission from southern exoplanets with the Murchison Widefield Array”, di Tara Murphy et al.