Si fa presto a dire vento solare. È un viaggio lungo 150 milioni di chilometri quello che devono compiere particelle, radiazioni e campi magnetici strappati al Sole e in viaggio nello spazio. Flussi di plasma seguiti con grande attenzione dagli scienziati che si occupano di meteorologia spaziale. Attenzione che si trasforma in timore quando l’emissione è particolarmente intensa e la Terra di trova in traiettoria. L’alterazione dell’attività geomagnetica non si limita a dar luogo allo spettacolo affascinante dell’aurora polare ma può creare problemi ai satelliti in orbita, interrompere le comunicazioni radio o provocare un black-out sulle linee elettriche della penisola scandinava.
In un recente studio pubblicato sulle colonne del Journal of Geophysical Research, un gruppo di studiosi mostra come quelle che in gergo tecnico vengono definite substorm possano essere ’guidate’ da processi completamente diversi da quelli finora ipotizzati.
Servendosi dei dati raccolti dal satellite NASA/ESA Cluster e da una rete di magnetometri a terra, i ricercatori sono riusciti a registrare il passaggio di una perturbazione solare che ha investito la magnetosfera terrestre, monitorando il comportamento della tempesta magnetica nel suo sviluppo iniziale. Registrati due sbalzi del flusso di corrente sulla superficie del plasma denso che si trova nella magnetosfera in corrispondenza del piano equatoriale del nostro pianeta, a distanza di 5 minuti l’uno dall’altro. Curioso il comportamento del campo magnetico che prima si è propagato in direzione dello spazio profondo e successivamente, al contrario, ha mostrato una rapida propagazione verso la Terra.
La peculiarità dell’evento suggerisce che la perturbazione della magnetosfera si sia mossa verso la coda magnetica della Terra (quella che si estende oltre il nostro pianeta in direzione opposta al Sole per più di un milione e mezzo di chilometri), favorendo la riconnessione magnetica e creando condizioni ideali per lo scatenarsi della substorm.