PRODOTTA DAL VENTO SOLARE

Acqua nella polvere interplanetaria

Ricercatori statunitensi hanno scoperto una nuova sorgente d’acqua nel nostro Sistema solare e, plausibilmente, in ogni sistema stellare. L’acqua si genera nelle particelle di polvere interplanetaria sotto l’influsso del vento solare.

     22/01/2014

dust-nasaUn gruppo di ricerca statunitense, guidato da John Bradley del Lawrence Livermore National Laboratory in California, è riuscito per la prima volta a rilevare in modo sicuro la presenze di acqua all’interno di grani di polvere interplanetaria. Il risultato, pubblicato su Proceedings of the National Academy of Sciences, è stato possibile grazie alla VEELS (valence electron energy-loss spectroscopy), una tecnica di microscopia ad altissima risoluzione. Bradley e colleghi hanno esaminato lo strato esterno di particelle raccolte nella stratosfera terrestre, minuscole briciole di polvere interplanetaria con dimensioni tra i 5 e i 25 micrometri. Subito sotto la superficie, in un sottilissimo strato (rim) in cui sono avvenute reazioni chimiche indotte da agenti atmosferici cosmici, i ricercatori hanno individuato l’acqua intrappolata in minuscole “tasche”.

Può sembrare strano, ma l’origine di quell’acqua è dovuta al vento solare, ovvero a un fenomeno di eliolisi provocato dalle particelle cariche emesse ad alta velocità dal Sole. La struttura chimica superficiale dei grani di polvere viene modificata, assieme ad altri agenti, dal continuo bombardamento del vento solare, provocando uno sbilanciamento che indebolisce i legami tra gli atomi di idrogeno e di ossigeno nei silicati. Con l’apporto ulteriore di atomi di idrogeno, presenti in abbondanza nel vento solare sotto forma di ioni ad alta energia, si possono così formare molecole d’acqua.

Un processo conosciuto e già riprodotto in laboratorio, ma che non aveva avuto ancora una chiara conferma sperimentale su vere particelle di polvere spaziale, principalmente a causa delle ridottissime dimensioni a cui questa reazione avviene e dalla conseguente difficoltà strumentale nel distinguere senza ambiguità la presenza d’acqua. “Le implicazioni sono potenzialmente enormi”, commenta Hope Ishii, ricercatrice dell’Università delle Hawaii a Honolulu coinvolta nello studio. “È particolarmente emozionante pensare all’eventualità che l’afflusso di queste polveri sulla superficie dei corpi del Sistema solare possa avere agito come una pioggia continua di micro-laboratori chimici, contenenti sia l’acqua che i composti organici necessari a dare eventualmente origine alla vita.”

Anche se appare abbastanza probabile che la polvere interplanetaria possa avere effettivamente portato acqua sulla Terra, ricadendovi come pioggia in epoche antiche, sembra altresì inverosimile che possa essere l’origine dei milioni di chilometri cubi di acqua che ricoprono oggi il nostro pianeta. “In nessun modo stiamo suggerendo che questo sia stato sufficiente per formare gli oceani”, tiene infatti a precisare Ishii.

Se il contributo di asteroidi “umidi” e/o di comete è l’ipotesi che diviene sempre più plausibile per spiegare il grande volume d’acqua terrestre, i risultati del team di Bradley sono comunque rilevanti per la ricerca di vita su altri pianeti. Allo stato di conoscenze attuali, dicono i ricercatori, non c’è infatti motivo per cui la reazione che produce acqua nei grani di polvere non possa avvenire in qualunque altro posto dell’universo dove sia presente una stella, o magari anche una supernova. In aggiunta, se questa “polvere di stelle” contiene sia acqua che composti del carbonio, ciò significa che gli elementi basilari per la vita potrebbero essere presenti in tutti i sistemi stellari, piovigginando sui loro pianeti.