UNA SPIEGAZIONE DELL’ORIGINE DEI METEORITI

Il mistero dei condruli

Un gruppo di ricercatori statunitensi propone una spiegazione per la formazione degli inserti vetrosi che si trovano nei meteoriti più comuni. Sarebbero stati i campi magnetici prodotti nel disco protoplanetario a riscaldare i gas anche fino a grandi distanze dal Sole.

     27/03/2013
Simulazione del meccanismo proposto dallo studio Colin McNally/Niels Bohr International Academy)

Simulazione del meccanismo proposto dallo studio Colin McNally/Niels Bohr International Academy)

Come si formano i condruli, sferette vetrose che si trovano incastonate nelle meteoriti e che sono considerate tra le prime rocce solide a essersi formati nel Sistema Solare? Per chi studia le origini del nostro sistema è un vero enigma. I condruli paiono essersi formati lontano dal Sole, troppo lontano perché la luce solare riscaldasse i materiali di cui sono formati: ci vogliono circa 1600 gradi Celsius per spiegare quel tipo di formazione, infatti. Inoltre, la loro struttura fa pensare che si siano raffreddati in circa un’ora o due dopo la formazione, un tempo relativamente lungo rispetto a quello che ci si aspetterebbe nello spazio: cioè che cristallizzassero quasi istantaneamente.

“Era un vero enigma, anche perché questo processo deve avere riguardato grandi quantità di materiale” ha spiegato Mordecai-Mark Mac Low, che dirige il settore di astrofisica dell’ American Museum of Natural History a New York, e coautore di uno studio pubblicato su The Astrophysical Journal Letters.

Infatti i condruli costituiscono circa il 70-80 per cento di meteoriti tra i più diffusi nel sistema solare, le condriti.

La risposta sta, secondo i ricercatori, nei campi magnetici che percorrevano il sistema solare primordiale. I condruli si sarebbero formati pochi milioni di anni dopo la nascita del disco protoplanetario in rotazione attorno al Sole. Questo disco conteneva un’enorme quantità di energia cinetica, con le parti più interne che ruotavano più velocemente di quelle più esterne. In questo disco si produceva un meccanismo, chiamato di instabilità magnetorotazionale, dovuta al fatto che un debole campo magnetico attraversava gas in rotazione a velocità diverse.

Bene, questa turbolenza avrebbe “piegato” i campi magnetici nel disco protoplanetario, creando correnti elettriche che a loro volta attraversavano i gas riscaldandoli. In particolare, responsabile della formazione dei condruli sarebbe una sorta di reazione a catena provocata da queste correnti elettriche: un piccolo iniziale riscaldamento sarebbe bastato ad eccitare gli atomi più facili da ionizzare (potassio e sodio per esempio), aumentando così la corrente elettrica “in circolo” e riscaldando ulteriormente – ed esponenzialmente – i gas.

Resta da spiegare il lento raffreddamento. L’idea dei ricercatori è che, mentre la polvere si scioglieva a causa del calore formano i condruli, le temperature più alte davano luogo a una cavità trasparente, circondata da materiali opachi che trattenevano il calore legato alla radiazione proveniente dai gas più caldi. Insomma un “guscio” che tratteneva il calore attorno al condrulo vetroso appena formato. “Ciò che vale la pena notare è che, con le giuste condizioni nel disco protoplanetario, in queste regioni si possono raggiungere temperature oltre i 2000 gradi kelvin, abbastanza per sciogliere le rocce”.