NGC 411 NON È QUELLO CHE SEMBRA

L’apparenza inganna

Un'immagine del telescopio spaziale Hubble mostra l'ammasso NGC 411. A prima vista somiglia molto agli ammasso globulari fatti di stelle vecchie presenti nella nostra galassia. In realtà è un ammasso aperto nella Piccola Nube di Magellano, e comprende stelle più giovani del Sole.

     28/01/2013
NGC 411, un ammasso aperto situato nella Piccola Nube di Magellano. CREDIT: ESA/Hubble & NASA

NGC 411, un ammasso aperto situato nella Piccola Nube di Magellano. CREDIT: ESA/Hubble & NASA

Sembra un ammasso globulare, ma non lo è. Il protagonista di questa immagine ripresa dal telescopio spaziale Hubble, l’oggetto NGC 411, è una prova di come le apparenze possano ingannare. A prima vista ha tutte le caratteristiche di un ammasso globulare, uno di quegli aggregati sferici, fatti di stelle molto vecchie, sparsi intorno alla nostra galassia (ce ne sono oltre 150 conosciuti). In realtà, NGC 411 non è nemmeno nella Via Lattea, e le sue stelle non sono affatto vecchie.

NGC 411 è classificato come un ammasso aperto situato nella Piccola Nube di Magellano, una piccola galassia  vicino alla nostra. Meno strettamente legate che in un ammasso globulare, le stelle che formano questi ammassi aperti tendono ad allontanarsi nel tempo, con l’età, mentre tipicamente gli ammassi globulari sono sopravvissuti per ben oltre 10 miliardi di anni. NGC 411 è relativamente giovane, avendo non più di un decimo di questa età. Lungi dall’essere una reliquia dei primi anni dell’universo, le stelle in NGC 411 sono in realtà ben più giovani del nostro Sole.

Le stelle in NGC 411 sono tutte più o meno della stessa età, ma non della stessa dimensione, anche se sono nate dalla stessa nube di gas e polveri. L’immagine di Hubble mostra una vasta gamma di colori, e la luminosità delle stelle dell’ammasso può dire molto agli astronomi, compresa la loro massa, la temperatura e la fase evolutiva. Stelle blu, per esempio, hanno temperature superficiali più elevate rispetto a quelle rosse.

L’immagine è una composizione prodotta da osservazioni negli ultravioletti, osservazioni del visibile e dell’infrarosso da parte della Wide Field Camera 3 di Hubble. Questo set di filtri permette al telescopio di “vedere” i colori al di là del rosso e del viola che sono le estremità dello spettro visibile.