
I pianeti si stima abbiano una massa tra due e sei volte la massa del nostro pianeta e il più piccolo di loro avrebbe un’orbita compresa nella cosiddetta fascia abitabile. Il team di astronomi, guidato da Mikko Tuomi dell’Università di Hertfordshire, ha messo insieme oltre seimila osservazioni condotte con tre differenti strumenti, applicando modelli intensivi ai dati. Usando nuove tecniche sono riusciti a trovare un metodo capace di rilevare segnali di dimensioni pari alla metà di quelli che fin qui si pensasse possibile trovare. Questa sensibilità ha permesso ai ricercatori di ritenere Tau ceti non più una stella solitaria ma la stella madre di un sistema planetario.
“Siamo i pionieri di una nuova tecnica modellistica – dice Tuomi – che aggiungendo dati artificiali e valutando i segnali ricevuti con diversi approcci, permette una maggiore sensibilità nel trovare pianeti di massa inferiore”.
Tau Ceti è stata scelta per questo studio proprio perché non si avevano segnali di esopianeti da questa stella del nostro immediato vicinato. E in un molto prossimo futuro, quando la tecnologia ce lo permetterà, stelle così vicine e i loro pianeti, saranno particolarmente interessanti dal punto di vista della ricerca astronomica. “Potremmo infatti – aggiunge Butler – guardare direttamente a questi pianeti di stelle così vicine e verificare la loro composizione, se vi sono l’acqua, l’anidride carbonica, il metano e altri segni della possibile presenza di vita”.






