DISTRUTTE DA QUATTRO NANE BIANCHE

Quel che resta d’altre Terre

La composizione chimica dell’atmosfera di quattro nane bianche rivela gli ultimi istanti di vita di pianeti extrasolari rocciosi simili alla Terra. La scoperta, in uscita su Monthly Notices, resa possibile da una survey realizzata con lo Hubble Space Telescope.

     03/05/2012

Crediti: Mark A. Garlick/space-art.co.uk/University of Warwick

Ancora d’esopianeti si parla. O meglio, di quel che ne rimane. Quelli nei quali si sono appena imbattuti gli astrofisici dell’Università di Warwick, infatti, sono gli avanzi di sistemi planetari consumati dalle quattro nane bianche che li ospitavano. Insomma, questa volta siamo arrivati troppo tardi. Peccato, verrebbe da dire, per almeno due ragioni. Primo, li abbiamo mancati davvero per un soffio: gli scienziati ritengono infatti che il processo di “digestione” dei pianeti da parte delle nane bianche – ovvero, il tempo richiesto prima che gli elementi pesanti finiscano nel nucleo delle stelle, diventando invisibili – sia molto rapido, una questione di giorni. Secondo, in base alla composizione chimica dei suddetti avanzi, questa volta doveva trattarsi di pianeti parecchio simili alla Terra. A voler vedere il bicchiere mezzo pieno, però, è stato un colpaccio: ciò che si è srotolato innanzi agli occhi dei ricercatori è infatti il film di quello che potrebbe essere il destino del nostro pianeta.

Ma andiamo con ordine. E diciamo subito che l’osservazione non è avvenuta per caso. Le quattro stelle incriminate, infatti, fanno parte della più grande survey mai condotta sulla composizione chimica dell’atmosfera delle nane bianche, compiuta utilizzando lo Hubble Space Telescope. Ora, poiché le nane bianche rappresentano lo stadio finale dell’evoluzione di stelle come il nostro Sole, trovarvi avanzi di pianeti non sarebbe in sé nulla di sorprendente. Coglierne le tracce, però, non è affatto semplice. O meglio, l’intervallo temporale a disposizione per riuscirci è molto breve: è il tempo impiegato dalla polvere planetaria per attraversare l’atmosfera d’idrogeno ed elio della stella stessa. Una finestra che, a causa dell’intensa forza di gravità esercitata dalle nane bianche, dura appena qualche giorno, con la materia che continua ad affluire a ritmi vertiginosi: fino a mille tonnellate al secondo.

Ed è proprio analizzando la luce emessa dall’atmosfera delle stelle in quel breve arco temporale –  per i pianeti coinvolti, le ultime ore di vita – che gli astrofisici guidati da Boris Gänsicke, primo autore dello studio in uscita su Monthly Notices of the Royal Astronomical Society, hanno rilevato, in quattro di esse, la presenza di quantità relativamente abbondanti d’ossigeno, magnesio, ferro e silicio: i quattro elementi che costituiscono, grosso modo, il 93 percento della Terra. Non solo: le tracce di carbonio, al contrario, sono risultate assai scarse. In proporzione, in quantità paragonabile a quella dello stesso elemento sulla Terra. Ed è in assoluto la prima volta che una percentuale così ridotta di carbonio viene rilevata nell’atmosfera polverosa delle nane bianche.

Ma c’è di più. Una delle quattro stelle – per i più curiosi, il dimenticabile nome è PG0843+516 – ha mostrato pure un’abbondanza anomala di nickel, ferro e zolfo. Gli stessi elementi che ci si attende di trovare nel nucleo di pianeti rocciosi simili alla Terra. Vale a dire, pianeti sufficientemente grandi da aver subito un processo di differenziazione tale da separare, proprio com’è avvenuto per la Terra, il nucleo vero e proprio dal mantello.

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